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SINTESI IN PRIMO PIANO – 4 febbraio 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Mandato a Draghi, maggioranza ancora incerta
– Nuovo governo, apertura della lega
– Nuovo piano vaccinale: al via anche per insegnanti e forze dell’ordine, sì anche ai monoclonali

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Repubblica 
Autore:  Tito Claudio 
Titolo: L’ex governatore e il Colle nel solco di Ciampi Governo tecnico-politico per Recovery e vaccini
Tema: Mandato a Draghi, maggioranza ancora incerta

Il modello è Carlo Azeglio Ciampi. Il governo del 1993. Un esecutivo “tecnico-politico”. E nessuna supremazia della tecnostruttura sui partiti. Ecco, la prima mossa di Mario Draghi è proprio questa. Una mano tesa ai partiti e ai gruppi parlamentari concordata già l’altro ieri sera con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La tela, infatti, che che l’ex presidente della Bce vuole stendere sulle consultazioni, è realizzata con un ordito cucito insieme al capo dello Stato. E ha al suo interno un obiettivo ben preciso: chiarire che la politica non verrà commissariata. Anzi, il connubio tra essa e la componente “tecnica” dovrà essere virtuosa. Come lo fu, appunto, 28 anni fa con l’approdo a Palazzo Chigi dell’allora Governatore della Banca d’Italia. […]Il paradigma di Ciampi, allora, sta diventando il riferimento per coinvolgere le forze politiche e disinnescare le mine che sono state piazzate nel cammino che porta alla fiducia. Tra ppole stese anche a Palazzo Chigi. L’epicentro del terremoto attivato dalla nomina di Draghi, infatti, è nel Movimento 5Stelle. Ormai balcanizzato dalle correnti non resisterebbe a un gabinetto esclusivamente tecnico. Quella parola, a prescindere dal suo significato contingente, è una sorta di tabù. E un esecutivo senza il sostegno dei grillini in questo Parlamento sarebbe almeno incauto.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barbera Alessandro 
Titolo: Draghi c’è, la maggioranza è un rebus – Trattative e veti L’era di Draghi comincia al buio
Tema: Mandato a Draghi, maggioranza ancora incerta

Fedele alla ricerca maniacale della privacy — alla quale dovrà rinunciare in fretta— il primo atto di Mario Draghi premier è farsi beffa di un gruppo di giornalisti e filmmaker. Roma, ieri, ore sette. Sicuri di vederlo uscire di casa, una ventina di persone è sulla strada al quartiere Panoli. L’addetta alla portineria, impietosita dall’attesa in ore antelucane, esce dallo stabile e avverte tutti: «Tanto nun ce sta, se ne è andato ieri sera». Per far perdere le tracce l’ex presidente della Bce ha passato la notte in albergo. Da quella stanza, di prima mattina, Draghi fa una lunga telefonata al commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni. Nella peggiore delle ipotesi (ovvero di un ritorno alle urne in estate) il suo governo dovrà chiudere la trattativa con Bruxelles sul Recovery Plan. Alle 12 il cerimoniale lo attende al Quirinale per incontrare Sergio Mattarella. Fa il controllo della temperatura, entra nell’ufficio priva to del Presidente della Repubblica. Ne esce un’ora più tardi per una breve dichiarazione. Dice che «il momento è difficile», promette «il confronto con le forze sociali».[…]«Faccio un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento», «auspico che emerga unità». Non sa ancora se dovrà formare un governo tecnico, politico, o, come i partiti impongono come condizione al sostegno- ibrido, con i leader e qualche esperto indipendente.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Trocino Alessandro 
Titolo: I no pesanti dentro i 5 Stelle, è caos Di Maio: il governo sia politico
Tema: Mandato a Draghi, maggioranza ancora incerta

Martedì sera, una riunione improvvisata su Zoom dei senatori 5 Stelle finisce in lite, con il capogruppo Ettore Licheri in lacrime che implora: «Non ci dividiamo, vi scongiuro». Ieri mattina alla Camera, drappelli sparuti di deputati oscillano: «Non sappiamo ancora. Ma quando parla Di Maio?». L’ex ministro degli Esteri interviene nel pomeriggio, all’assemblea congiunta: per chi si aspettava un’apertura a Draghi è una mezza doccia fredda. Gli aruspici si mettono al lavoro e il risultato dell’esegesi è sorprendente: «Pare che speri ancora che Mattarella ci ripensi e dia un incarico politico a qualcun altro». Così pare. Per cominciare a trattare il Movimento vuole che ci siano anche ministri politici, sul modello del governo Ciampi. Ma non basta. Ci sono altri due ostacoli: Renzi, visto come l’aglio dal vampiro, e Forza Italia, che resta indigeribile. Il caos, nel frattempo, regna sovrano nel Movimento. II collant e artificiale che Il teneva insieme, Giuseppe Conte, è stato spazzato via dalla ruspa di Matteo Renzi. I 5 Stelle si trovano soli, con le mille anime, il movimentismo scapigliato, il governismo senza goverro, la leadership decapitata, il terrore delle elezioni, poche idee e nessuna chiara.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cremonesi Marco 
Titolo: Salvini: daremo un aiuto se si andrà presto al voto Meloni si smarca e dice no
Tema: Nuovo governo, apertura della lega

«Se sarà Draghi a portare stabilità, noi daremo il nostro contributo. Con l’idea che la parola debba tornare prima possibile agii italiani» Matteo Salvini, di certo, non sbatte la porta in faccia Mario Draghi, lo dice a Lilli Gruber su La7. Eppure, si complica il fronte interno al centrodestra. Soprattutto riguardo alla possibilità che si confermi come una coalizione compatta. E dunque, una sfida difficile per lo stesso Salvini, se vorrà presentarsi come il leader dell’alleanza. I capi dei partiti si incontrano poco dopo mezzogiorno. Al termine della riunione, un paio d’ore più tardi, non c’è lo spazio nemmeno per una nota comune. Se l’arrivo sulla scena di Mario Draghi non era imprevedibile, gli alleati al momento non sono pronti per una risposta a una sola voce. La novità è la posizione di Giorgia Meloni: «Non sapete quanto mi costi — avrebbe detto — ma per spirito di unità noi saremmo disp osti ad astenerci sulla fiducia al governo Draghi. Ma solo e soltanto se tutti i presenti facessero lo stesso». Senza una risposta compatta del centro destra, liberi tutti: e FdI voterà no alla fiducia. Però, in pochi sono d’accordo. Lo schema di fare come con le consultazioni da Mattarella, con delegazione unica e posizione preconcordata, di fatto non viene accolta.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salvia Lorenzo 
Titolo: Vaccini, il piano per accelerare: entro marzo 13,5 milioni di dosi
Tema: Nuovo piano vaccinale: al via anche per insegnanti e forze dell’ordine

L’obiettivo è somministrare 13,5 milioni di dosi del vaccino anti Covid entro la fine di marzo. Sembra impossibile, visto che ad oggi abbiamo superato di poco i 2 milioni. Ma le forniture in crescendo nei prossimi mesi — 4 milioni a febbraio e 8 a marzo, salvo sorprese — lo potrebbero consentire. II piano vaccini viene rimodulato come previsto, ed è stato presentato alle regioni dai ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza, insieme al commissario all’emergenza, Domenico Arcuri. Pfizer e Moderna restano per ora riservati alle persone con più di 80 anni e al fragili. E tra una settimana il metodo di distribuzione cambierà: non più in base alla popolazione delle singole regioni ma alle rispettive quote di over 80, come chiesto da diversi governatori. AstraZeneca, invece, andrà a insegnanti e personale di scuola e università, militari, forze dell’ordine, vigili del fuoco, carceri. E a tutti i servizi essenziali, come i lavo ratori dei trasporti e delle poste.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M.D.B. 
Titolo: Sì agli anticorpi monoclonali: c’è il via libera per curare il Covid – Anticorpi monoclonali, sì alla cura
Tema: Vaccini: sì anche ai monoclonali

Ha avuto un’accelerazione il via libera agli anticorpi monoclonali, farmaci che possono bloccare il virus Sars-CoV-2 nella fase iniziale dell’infezione, prima che abbia effetti devastanti e colpisca organi vitali. Diversi personaggi della comunità scientifica spingevano affinché l’Italia seguisse la scelta di Paesi come Usa e Canada che hanno «adottato» questi antivirali già a novembre 2020 in via emergenziale. Tra loro Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza. E ieri l’agenzia Aifa diretta da Nicola Magrini e, successivamente, il consiglio di amministrazione presieduto dal virologo Giorgio Palù, hanno rilasciato l’autorizzazione. Sì a due monoclonali (delle aziende Regeneron ed Eli Lilly), quelli che si trovano già in uso clinico e sono corroborati da maggiori evidenze scientifiche dl efficacia. Sono state poste delle condizioni, però. Solo a pazienti ad alto rischio di sviluppare forme grav i di malattia che li porterebbero in ospedale col pericolo dl esiti mortali. Dunque non sarà un farmaco ospedaliero ma domiciliare e bisognerà organizzare un sistema per poterlo portare a casa dei malati, da parte di personale medico. La condizione fondamentale è che vengano somministrati precocemente, nelle fase iniziali dell’infezione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mastrobuoni Tonia – Manacorda Francesco 
Titolo: L’agenda in due minuti “Sconfiggere il virus e favorire la crescita”
Tema: Mandato a Draghi: i punti in ballo

Meno di due minuti, ringraziamenti e saluti compresi, per un programma di governo. Appena congedato dal Capo dello Stato, il premier incaricato illustra quella che di fatto è l’Agenda Draghi. Intanto una constatazione: «È un momento difficile» per la «drammatica crisi sanitaria coni suoi gravi effetti sulla vita delle persone, sull’economia e sulla società». Poi quattro priorità per l’azione di governo: «Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte al problemi quotidiani dei cittadini, rilanciare il Paese». Con il vantaggio di avere «a disposizione le risorse straordinarie della Ue», cioè i 209 miliardi del Recovery Fund. Infine gli obiettivi di lungo periodo: «il futuro delle giovani generazioni e il rafforzamento della coesione sociale». Pochi secondi e poche parole, in un periodare semplice ma proprio per questo incisivo, tipico dei banchieri centrali. Una cate goria che parla di rado e malvolentieri e quando lo fa maneggia le parole come armi: sa che qualsiasi eccesso potrebbe avere effetti indesiderati, perfino pericolosi. Ma anche il silenzio di Draghi, che finora è stato una risorsa, un’espressione di tacito – per l’appunto – potere, mentre tutto attorno il mondo della politica si affannava a parlare, puntualizzare, polemizzare, dovrà in qualche modo modificarsi.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Il retroscena – L’amarezza di Conte “Non faccio il ministro” – M5S, terremoto Conte I tormenti di Grillo: rischiamo l’irrilevanza
Tema: Mandato a Draghi: Conte dice no a un ministero
Conte e Draghi, il premier uscente e il premier incaricato, sono già da mezz’ora chiusi a parlare a palazzo Chigi, quando a Monte Citorio Marco Rizzone incontra l’ex ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà.[…] Il “no” ufficiale dei vertici a Draghi ora dopo ora diventa più pallido. I contatti con il Pd sono frenetici e a fine serata si fa strada una formula che i grillini ripeteranno come un mantra: modello Ciampi 1993. Un governo misto tecnico- politico, di alto profilo, dove pochi ministeri ma soprattutto le seconde fila, sottosegretari e viceministri, siano espressioni dei partiti. Si attende una parola di Conte, che non arriva. Sente più volte  il segretario del Pd Zingaretti e Franceschini: «Solo lui può convinvere i 5 Stelle» dicono, sperando in un endorsement, che non arriva: «Non voglio interferire, sto un passo indietro e osservo».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Cellino Maximilian 
Titolo: La sfida di Draghi, mercati in festa – Borse, arriva l’effetto Draghi Lo spread cade a 105 punti
Tema: Mandato a Draghi, Piazza Affari in rialzo

Piazza Affari in rialzo del 2% e maglia rosa in Europa, lo spread BTp-Bund che punta dritto verso la fatidica «quota 100». Nella prima reazione del mercato al conferimento dell’incarico per la formazione del Governo italiano a Mario Draghi lascia in fondo poco spazio allo stupore, poiché l’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex presidente Bce sarebbe di gran lunga la soluzione più gradita alla comunità finanziaria. Fin dove possa spingersi il credito degli investitori verso gli asset tricolori, finora poco valutati e in parte volutamente ignorati anche per il rischio politico che da tempo ormai aleggia sul nostro Paese, è però altra questione. Tutto dipenderà dalle effettive possibilità di Draghi di formare prima un esecutivo che ottenga l’appoggio incondizionato del Parlamento e di condurre poi in porto íl programma Next Generation Eu al quale ci si affida per risollevare l’Italia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ducci Andrea 
Titolo: La Borsa apprezza, spread vicino a 100
Tema: Mandato a Draghi, Piazza Affari in rialzo

Piazza Affari chiude in rialzo dei 2,09% e lo spread tra titoli di stato Italiani e tedeschi si riduce attestandosi a quota 103. I mercati finanziari apprezzano la scelta del mandato conferito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Mario Draghi per formare un nuovo governo, una mossa che a Milano contrassegna l’andamento di borsa fin dai primi scambi. L’indice Ftse Mib all’avvio delle contrattazioni registra un rialzo del 2,95%, a beneficiare del clima di fiducia sono soprattutto i titoli bancari come Unicredit, Poste e Intesa Sanpaolo, ossia alcuni dei grandi possessori di titoli di stato italiano. La prospettiva di un governo guidato dall’ex presidente della Bce suggerisce uno scenario di stabilità e di credibilità, stemperando i timori sul fronte del debito pubblico. Un effetto che si fa sentire già in apertura dei mercati, con il ribasso del differenziale tra Btp e Bund tedeschi a quota 105 punti, contro la chiusura a 112 punti di due sere fa. Ma l’evoluzione del quadro politico e la decisione di giocare la carta Draghi raffredda lo spread riportandolo fino a quota 102, salvo archiviare la seduta su livelli lievemente più elevati (103) e con il rendimento del tasso decennale italiano allo 0,58%.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Recovery plan da rifare a partire dal buco nero delle riforme inattuate – Recovery Plan da riscrivere, si parte da riforme e procedure
Tema: Recovey plan

Riscrivere e rimettere in piedi il Recovery Plan è per Mario Draghi al tempo stesso una priorità e un’urgenza. Insieme al piano vaccini, è al primo posto della lista di impegni che gli ha affidato il presidente della Repubblica Mattarella ricordando la scadenza di aprile. II presidente incaricato non si è sottratto: ieri ha fatto riferimento alle «risorse straordinarie dell’Unione europea», da pianificare per rilanciare il Paese, con «sguardo attento alle giovani generazioni» e con l’obiettivo del «rafforzamento della coesione sociale». Draghi ha anche parlato di «dialogo con le parti sociali» che a più riprese avevano chiesto di poter giocare un ruolo attivo nella formazione del Piano. Riscrivere il Recovery Plan significa per Draghi impostare rapidamente il confronto con il Parlamento (che già lo sta discutendo e farà raccomandazioni al governo) e soprattutto entrare in sintonia con la commissione UE su almento due punti che lo stesso commissario Paolo Gentiloni ha evidenziato come critici: 1) indicare «obiettivi misurabili» degli investimenti finanziati, che non è solo un tecnicismo o un allegato, ma un metodo per selezionare i progetti in base alla capacità di raggiungere gli obiettivi indicati; 2) indicare e spiegare le riforme che Bruxelles considera parte integrante del piano e la bozza del governo liquida invece con poche e generiche parole. Draghi dovrà far capire che i fondi del Recovery non sono un regalo, ma un impegno concordato per rafforzare il potenziale di crescita (con le chiavi green e digitale) in un quadro di stabilità finanziaria.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Sette scostamenti di bilancio e il deficit supera i fondi Ue – Crisi e manovre, 427 miliardi di deficit extra fino al 2026
Tema: Recovey plan

La vulgata vuole che il governo Draghi in costruzione abbia un compito opposto a quello che nella penultima crisi di sistema della politica italiana fu affidato a Mario Monti: allora, si dice, si trattava di tagliare, oggi invece il compito dell’ex presidente della Bce sarà quello di spendere le risorse comunitarie. In questa contrapposizione c’è del vero. Ma il passaggio ha bisogno di essere inquadrato in un contesto più ampio: un contesto nel quale la crisi economica più dura del dopoguerra e le manovre hanno portato il governo Conte 2 a mettere a bilancio una spesa sideralmente superiore a quella attesa dal Recovery Plan. Nei 16 mesi che separano la Nadef alla base della manovra 2020, la prima del Conte 2, dall’ultimo scostamento approvato per finanziare l’ipotetico decreto Ristori 5, il governo uscente e il Parlamento hanno approvato in sette occasioni (due per le leggi di bilancio) deficit aggiuntivo per 426,8 miliardi di euro a valere sugli anni dal 2020 al 2026. Se Si vuole considerare invece il periodo “coperto” dal Recovery Plan, cioè il 2021-2026, i miliardi di indebitamento netto aggiuntivo rispetto al programma originale sono 302,6. La cifra, si diceva, supera di slancio i 209 miliardi che compongono la quota italiana della Recovery and Resilience Facility. Molti dei quali, va però aggiunto, secondo i programmi elaborati fin qui sostituirebbero il debito nazionale per finanziare interventi già previsti nei programmi di finanza pubblica. La quota aggiuntiva portata dal Recovery è rappresentata invece dai 65,4 miliardi di sussidi (grants) e dai 40,7 miliardi di prestiti (loans) destinati a nuovi investimenti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Dalla Merkel alla Yellen il network internazionale dei numeri uno nel mondo – Salto di qualità nei rapporti internazionali
Tema: Rapporti internazionali

Ancora una volta la litigiosa lasse politica italiana, volente o nolente, è stata costretta a chiamare in soccorso un tecnico, come viene chiamato il politico nominato, a differenza del politico eletto. Mario Draghi deve formare un difficile governo tra partiti in competizione. Più facile sarà il suo compito sul piano internazionale. Trent’anni di frequentazioni gli saranno utili quando si tratterà di negoziare il prossimo piano di rilancio nazionale o gestire la presidenza italiana del G20. La carriera di Mario Draghi, 73 anni, è ormai nota. Dopo aver studiato economia in Italia e negli Stati Uniti, è stato professore universitario, direttore generale del Tesoro, banchiere d’affari, governatore della Banca d’Italia e presidente della Banca centraie europea. Negli anni ha accumulato una straordinaria esperienza nel mondo politico, sui mercati finanziari e nell’ambiente monetario. Può contare su solide relazioni a Bruxelles, Berlino e W ashington.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  C. Vol. 
Titolo: Milleproroghe, più di 900 emendamenti
Tema: Milleproroghe

Più di 900 emedaenti bocciati. Un terzo delle proposte di modifica al decreto Milleproroghe su circa 2500 di quelle presentate dai gruppi parlamentari non è stato ammesso dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera che in seduta congiunta stanno esaminando il provvedimento. Il termine per la presentazione dei ricorsi è slittato da ieri sera ad oggi e sempre entro oggi andranno indicati gli emendamenti cosiddetti «segnalati» che dovrebbero essere circa 800. Tra le varie proposte bocciate perché giudicate inammissibili, quelle sulla proroga al 2024 alla fine del mercato tutelato dell’energia (voluta dai Cinque Stelle) alla rimodulazione della tassazione sulle scommesse ippiche e sportive. Sì invece ai vari emendamenti (a firma Italia viva, Lega, Forza Italia) che bloccano per tutto il 2021 la riforma sulla prescrizione voluta dall’ormai ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Sì anche alla proroga del termine di assunzione al 31 marzo 2021 (dal primo gennaio) per il personale scolastico non docente.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Di Donfrancesco Gianluca 
Titolo: Golpe in Myanmar, Pechino blocca la condanna dell’Onu
Tema: Golpe in Myanmar

La Cina stoppa la bozza di risoluzione Onu che condanna il golpe in Myanmar. Il Consiglio di sicurezza si è riunito martedì, con l’obiettivo di arrivare a una posizione netta a favore del ripristino della democrazia nel Paese, del rispetto dei diritti umani e del rilascio dei prigionieri politici, a cominciare da Aung San Suu Kyi, presa in custodia lunedì all’alba dall’esercito. Ma le resistenze di Pechino hanno condotto allo stallo. In Myanmar, Suu Kyi resterà agli arresti fino al febbraio. Un tribunale ne ha ordinato la detenzione provvisoria con l’accusa di aver violato una legge sull’importexport di walkie-talkie, trovati nella sua abitazione di Naypyidaw. Rischia fino a tre anni di carcere. Una farsa. Peggio: «Un’accusa che aggrava la violazione dello Stato di diritto», secondo la portavoce Onu, Stephane Dujarric. L’ex presidente Win Myint, a sua volta agli arresti, è accusato di aver violato la legge sulla gestione delle catas trofi naturali, per aver tenuto un comizio nonostante i divieti in vigore per contenere il Covid19. Anche lui rischia fino a tre anni di prigione. Suu Kyi ha trascorso 15 anni in detenzione domiciliare tra il 1989 e il 2010. A tanti oppositori dei generali andò ancora peggio: carcere e trattamenti disumani. Ferite fresche nella memoria della popolazione, che comincia a dare segni di resistenza e disobbedienza civile.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bultrini Raimondo 
Titolo: Cina e generali birmani Così dopo il golpe si rinnova l’alleanza
Tema: Golpe in Myanmar

«Condanno fermamente i recenti passi compiuti dai militari e sollecito tutti voi a inviare collettivamente un chiaro segnale a sostegno della democrazia in Myanmar». E’ stata Schraner Burgener, inviata speciale nel Paese tornato in mano ai generali, a lanciare questo appello ai governi membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ma, come prevedibile, il proposto comunicato congiunto con la richiesta dl restaurare il processo democratico e liberare Aung San Suu Kyi, accusata d’importazione illegale di una decina di walkie-talkie e condannata in via cautelare ai domiciliari fino al 15 febbraio, non ha visto la luce nonostante la disponibilità Usa e Ue. Cina e Russia, due Paesi che non hanno mai deviato dalla loro politica di “non interferenza”, chiedono tempo per pensarci. «Speriamo che tutte le parti gestiscano adeguatamente le loro differenze» e «mantengano la stabilità politica e sociale», ha detto laconico il ministero de gli Esteri cinese, mentre la stampa di partito ha definito il golpe un semplice «rimpasto di governo». Pechino, principale partner commerciale e alleato politico delllJnione, in questi 5 anni di convivenza di governo tra Suu Kyi e i generali, ha lavorato su un doppio, e spesso triplo, binario trattando con le minoranze lungo i confini.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Verdelli Carlo 
Titolo: Zaki, un atto di coraggio – Zaki il Bolognese è uno di noi. L’Italia trovi il coraggio di mettere fine alla sua tortura
Tema: Caso Patrick Zaki

Ma in fondo chi se ne frega di un ragazzo egiziano che da un anno se ne sta in un carcere del Cairo senza processo e senza colpe, che si è appena preso altri 45 giorni di tortura, soffre d’asma ed è più che indifeso dal rischio Covid. Dispiace, certo, ma abbiamo altre cose molto più importanti di cui occuparci e preoccuparci. La prima: se Mario Draghi riuscirà a farci uscire dalla più stralunata crisi di governo, e della politica, nella storia repubblicana. La seconda: che futuro si prospetta per il mezzo milione di persone che hanno perso il lavoro nel 2020, e più di due terzi sono donne, e per l’altro mezzo milione che lo perderà quando finirà il blocco ufficiale dei licenziamenti (ufficiosamente è già finito da un pezzo). La terza: se la coda lunga del Coronavirus si arrotolerà buona buona, stordita dal mare di giallo che ha rivestito l’Italia liberata dalle precauzioni, o tornerà a imbizzar rirsi travolgendo le fragili speranze del vaccino libera tutti. La sorte infame di Patrick Zald è l’ultimo del problemi: non è bello dirlo ma è ipocrita fingere di negarlo. In realtà, la violenza reiterata su quello straniero un po’ ci riguarderebbe, visto che proprio straniero, il ventottenne Zaki, non è.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Biden, mano tesa alla Russia Rinnovato l’accordo sui missili
Tema: Usa-Russia

Da una parte il rinnovo del trattato sulle testate nucleari New Start, e dall’altra la minaccia di sanzioni per la condanna di Navalny. E’ il doppio binario su cui si muove la politica verso la Russia dell’amministrazione Biden, che punta a tenere aperto il dialogo e tentare la collaborazione dove possibile, ma nello stesso tempo a marcare la differenza rispetto a Trump sulle questioni contese. Una strategia che impone anche agli alleati europei di rivedere il loro atteggiamento, così come rispetto alla Cina. Il New Strategic Arms Reduction Treaty era stato negoziato da Obama e Medvedev. Stabiliva che i due Paesi non potevano schierare più di 700 missili intercontinentali, sottomarini e bombardieri capaci di lanciare bombe atomiche; 1.550 testate nucleari montate su queste piattaforme; e 800 sistemi di lancio. L’accordo scade domani, e quindi bisognava decidere se rinnovarlo per cinque anni o no. Trump aveva tentato di condizionare l’estensione al coinvolgimento della C ina, ma Pechino si era rifiutata. Quindi aveva ipotizzato il rinnovo di un anno, per negoziare misure più severe di controllo. Già da candidato, però, Biden aveva annunciato l’intenzione di estendere il New Start per cinque anni, e quindi Mosca ha aspettato di vedere come andavano le elezioni prima di muoversi. Ieri il segretario di Stato Blinken ha formalizzato la decisione con questo comunicato: «Estendere il New Start rende gli Usa, i nostri alleati e il mondo più sicuri». La Farnesina ha concordato, pubblicando un comunicato di apprezzamento.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  f.dr. 
Titolo: Navalny, Putin e la teoria di un complotto del Cremlino
Tema: Navalny- Putin

Decine di migliaia di russi scendono in piazza per Aleksej Navalny, chiedendone la scarcerazione e venendo a loro volta arrestati. L’intero Occidente protesta per quella che ritiene una condanna ingiusta, eppure il Cremlino continua a diffondere la sua versione «alternativa» dei fatti. II principale oppositore di Vladimir Putin ha fatto la sua fortuna politica combattendo contro la corruzione che si annida nello Stato e ha messo alla berlina la compagine di governo, definendola ü partito «dei ladri e dei truffatori». Per il potere, però, il vero ladro è lui, che assieme al fratello Oleg imbrogliò l’azienda di cosmetici Yves Rocher e per questo è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere, a cui vanno sottratti i 10 mesi già passati ai domiciliari. Anche l’avvelenamento, per Mosca, è soltanto una montatura organizzata dallo stesso blogger assieme ai servizi segreti occidentali, di cui Putin lo accusa di fare part e
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Testata:  Giorno – Carlino – Nazione 
Autore:  Giardina Roberto 
Titolo: Putin fa lo zar Ma Navalny non è Sacharov
Tema: Navalny- Putin

Chi è Alexsej Navalny? Per Putin è «quel blogger», o il «paziente di Berlino». Lo disprezza, non è un avversario al suo livello. Difficile rispondere chi sia, ci si dovrebbe chiedere piuttosto che cosa vediamo in lui, noi all’ovest o in Russia. Un eroe o un personaggio dalla biografia non sempre chiara. «Non è un Sacharov», dichiara Nina Krusciova, la nipote di Kruscev, professoressa di relazioni nazionali a New York. «Con la condanna lo hanno trasformato in un martire, paragonato anche a Solgenitsin». Anche Navalnj ha ridotto il confronto, democrazia contro dittatura, a un duello personale, lui, il combattente solitario contro il male, lo Zar, «un vecchio nascosto in un bunker», per usare le sue parole. Un errore politico, ma è l’unica arma per sopravvivere: diventare un simbolo che è controproducente eliminare. Putin avrebbe dovuto ignorarlo, lasciarlo andare indisturbato al suo ri torno a Mosca. Ma il presidente ha ceduto al suo carattere, vuole una vendetta. Un dissidente candidato al Nobel per la Pace, che ebbe Sacharov, morto un mese dopo la caduta del «muro», o un nazionalista con simpatie per l’estrema destra, in cui ha militato da giovane? Ma i russi, a destra o a sinistra, sono tutti più o meno nostalgici del grande Impero dello Zar, anche I’istrionico poeta Evtuschenko.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: Intervista a Thierry Breton – “In 2 anni saremo auto sufficienti e l’Ue avrà la sua produzione”
Tema: Vaccini

«Nel giro di 18-24 mesi» l’Unione europea vuole essere totalmente autosufficiente per quanto riguarda la produzione di vaccini. Ma prima ancora, da qui alla fine di marzo vuole intervenire sul fronte industriale per rimediare ai ritardi nelle consegne. Per questo è stato predisposto un piano per aiutare le aziende ad aumentare la loro capacità produttiva, potenziando i loro impianti oppure utilizzandone di nuovi grazie all’investimento di fondi Ue. Ne hanno parlato nei giorni scorsi Angela Merkel, Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen: martedì la presidente della Commissione ha scritto una lettera a tutti i leader Ue per invitarli a partecipare al progetto. Se ne sta occupando Thierry Breton, commissario europeo con delega all’Industria, che ha istituito una task force che lavorerà in stretto contatto con l’industria e con i governi per individuare i potenziali siti produttivi. Al momento Francia e Germania sono in prima linea, ma l’ex ministr o francese assicura che il piano è aperto a tutti. Come vi state muovendo? «Lavoriamo su più fronti. Innanzitutto siamo a disposizione delle aziende 24 ore su 24 per aiutarle in caso di problemi industriali. Abbiamo un team di esperti che possono essere dispiegati. Inoltre, nessuna di queste aziende aveva esperienze di produzione su larga scala di vaccini con la tecnologia mRna, che richiede più di 400 componenti: alcune case stanno affrontando problemi legati alle catene di approvvigionamento che vanno risolti. C’è poi una questione legata agli intoppi che si possono creare nella fase di finitura dei vaccini, quella dell’imbottigliamento».
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PRIME PAGINE

IL SOLE 24 ORE
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CORRIERE DELLA SERA
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