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SINTESI IN PRIMO PIANO – 28 settembre 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Coronavirus: stadi, cinema e teatri aumentano la capienza
– Agitazione nella Lega: caso Morisi
– Elezioni in Germania: vince Sholz, dubbi sulla formazione del Governo
– Caso Assange: coinvolta la Cia?

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Politica 2.0 – La bufera su Salvini e le profezie di Giorgetti
Tema: Agitazione nella Lega

A meno di una settimana dalle amministrative, scoppiano due “bombe” nel campo della Lega e di Salvini, in particolare. I due casi hanno due nomi diversi e sono vicende che non si incrociano tuttavia è la contestualità che li unisce. Ieri, infatti, da un lato c’è stata la notizia di un’indagine per droga a carico di Luca Morisi, ideatore della propaganda social leghista, dall’altro un’intervista di Giorgetti che ha scatenato una bufera nel centro-destra. Quella dello spin doctor tocca molto da vicino la leadership salviniana tant’è che dopo le «scuse» di Morisi per i suoi «errori» (ma negando qualsiasi reato), il capo del Carroccio gli ha offerto aiuto «da amico» dimenticando quando predicava “tolleranza zero” sugli stupefacenti. In effetti, scaricarlo sarebbe stato ipocrita vista la contiguità tra i due ma la lealtà di Salvini non basta ad allontanare le ombre. Altra questione pone invece l’intervista di Giorgetti a “La Stampa” in cui mette sul tavolo i nodi politici che prima o poi il capo della Lega e tutto il centro-destra dovranno sciogliere. Il suo primo attacco è stato sulle candidature, a cominciare da Roma e Milano. In pratica, il ministro del Mise mette sotto la lente la selezione della classe dirigente e la linea politica che c’è dietro. Non è un caso che Michetti sia stato scelto dalla Meloni e che Giorgetti nell’intervista citi invece Calenda come rappresentante di un elettorato moderato.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: Il retroscena – La rabbia del leader sempre più solo nella Lega E Giorgetti detta la linea
Tema: Agitazione nella Lega

Declina il simbolo della Lega social, urticante e populista, e s’avanza quello del partito di Palazzo, draghiano ed europeista. La notte senese di Matteo Salvini è popolata da incubi, agitata dalla consapevolezza che i principali quotidiani stanno per pubblicare la notizia che Luca Morisi è indagato per droga, e tormentata per la sconfessione pubblica contenuta nell’intervista di Giancarlo Giorgetti a La Stampa, che il segretario legge in rassegna. Un doppio uppercut da ko, anche per un combattente come il leader del Carroccio, finito all’angolo all’inizio dell’ultima settimana di campagna elettorale. E ora le amministrative diventano, a tutti gli effetti, una resa dei conti. Nulla sarà più uguale, dopo questo lunedì da tregenda, in cui il Capitano finisce travolto dalla retromarcia della macchina social che lui e Morisi avevano lanciato. «Luca era indagato per droga? Io non sapevo nulla», dice Salvini davanti ai collaboratori che avevano rilanciato nei giorni scorsi «i motivi familiari» addotti ufficialmente dal responsabile della comunicazione per giustificare il suo disimpegno. Va detto che non tutti, anche dentro la Lega, credono che il segretario fosse all’oscuro dei guai del suo strettissimo collaboratore. Ma tant’è. La soluzione (concordata?) è quella lettera di scuse in cui Morisi parla della sua “fragilità esistenziale” e annuncia a sorpresa, forse troppo tardi per essere credibile, di essersi dimesso “a partire dal primo settembre” da tutti gli incarichi, ivi incluso quel posto nella ristretta segreteria del partito che Salvini gli aveva assegnato fra i malumori dei big.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Logroscino Adriana 
Titolo: Stadi e teatri, più spettatori – Cinema e teatri all’80 per cento Terza dose per anziani e sanitari
Tema: Coronavirus: stadi, cinema e teatri aumentano la capienza
L’allentamento, graduale, delle misure tocca anche i luoghi dello spettacolo, della cultura, dell’intrattenimento e dello sport. Il Comitato tecnico scientifico ieri, al termine di una lunga riunione, ha dato parere favorevole ad aumentare la capienza di cinema, teatri e sale da concerto, all’80% al chiuso, e al 100% all’aperto. Si potranno vendere più biglietti anche negli stadi, dove la capienza sale al 75% a patto però che si utilizzino tutti i settori, e nei palazzetti dello sport (50%). Infine per i musei cade ogni limitazione purché i flussi siano organizzati per garantire il distanziamento. Naturalmente sempre con obbligo di green pass. Nessuna data per la riapertura delle discoteche. Il mandato al Cts era arrivato in modo formale con l’ultimo decreto di estensione del green pass: prevedeva che i tecnici dell’organismo istituito dal ministero della Salute, licenziassero un parere «sulle misure di distanziamento, capienza e protezione nei luoghi nei quali si svolgono attività culturali, sportive, sociali e ricreative» in vista dei prossimi provvedimenti. L’aumento della capienza potrebbe essere disposta già domani dal Consiglio dei ministri. Una risposta alle sollecitazioni sempre più pressanti del mondo degli artisti, dello sport e fatte proprie dal ministro per la Cultura: «Se i treni sono pieni non capisco perché cinema e teatri ancora non possano tomare alla normalità», aveva dichiarato Dario Franceschini poco più di una settimana fa.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele 
Titolo: Cinema pieni all’80%, stadi al 75% sì del Cts all’aumento di pubblico
Tema: Coronavirus: stadi, cinema e teatri aumentano la capienza

Aumenta la capienza di cinema, teatri e sale da concerto ma anche degli stadi. Il Cts ieri sera si è riunito tardi, come da tradizione, per sciogliere uno dei nodi più attesi da molte categorie di lavoratori, primi tra tutti quelli dello spettacolo, e da molti cittadini. Gli esperti del comitato dovevano rispondere a un quesito del ministro alla Cultura Dario Franceschini ma hanno anche affrontato il tema degli stadi, su cui hanno ricevuto una richiesta di intervento dalla sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali. Ebbene: in zona bianca cade l’obbligo di riempire al massimo al 50% le sale dove si proiettano film e si fanno spettacoli. La soglia viene portata all’80% al chiuso e al 100% all’aperto. Franceschini aveva chiesto la riapertura completa, ma evidentemente i tecnici coordinati da Franco Locatelli non se la sono sentita di aprire all’occupazione del 100% anche al chiuso. Quell’80% potrà essere rivisto nel prossimo mese, in base tra l’altro a come andranno i contagi. Per quanto riguarda gli stadi e più in generale gli impianti sportivi, dove oggi c’è il limite del 50%, sempre in zona bianca si potrà salire al 75% del totale. In queste strutture, complice il fatto che molti spettatori stanno in piedi, in particolare nelle curve, già si vedevano assembramenti di tifosi, ma si è comunque deciso, viste le pressioni arrivate anche dal mondo del calcio, di aumentare la capienza.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Folli Stefano 
Titolo: Il punto – Draghi e l’insidia di fine legislatura – Draghi e l’insidia di fine legislatura
Tema: Governo Draghi

Qualcosa sta cambiando nel rapporto tra la lega e il governo Draghi. Finora Salvini era il “movimentista”, impegnato a intercettare i sussulti sociali. Viceversa Giorgetti, uno dei ministri più vicini al presidente del Consiglio, interpretava il realismo di chi si fa carico del dovere di governare risposndendo alle esigenze di un elettorato radicato nel tessuto economico. Nel tempo questo doppio registro ha permesso al Carroccio di ottenere consensi- veri o virtuali- mai immaginati in passato; alla lunga tuttavia ha mostrato la corda. Non è alle viste un “Papeete 2”, un colpo di testa che Salvini non avrebbe nè la forza nè l’interesse di realizzare, bensì qualcosa di più serio. Per averne un’idea, basta leggere la significativa intervista di Giorgetti alla Stampa. Il ministro non rinfocola le polemiche nel campo del centrodestra, alvo una critica ai candidati sindaci di Roma e Milano, Michetti e Bernardo, avviati a una disfatta annunciata. Però la sua analisi è intrisa di scetticismo circa le prospettive dell’esecutivo.[…] Ora lascia capire che la tela politica su cui si regge Draghi è prossima a lacerarsi. L’anno venturo, via via che ci si avvicinerà alla fine della legislatura (primavera 2023), i partiti entreranno in concorrenza tra loro. Sarebbe necessario il massimo di concordia per le scademze del piano di ripresa, ma il rischio invece è un rissoso immobilismo.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Magri Ugo 
Titolo: Chi candida Supermario – La partita del Quirinale
Tema: Quirinale

Finalmente un punto fermo, il primo concreto indizio dopo mille tiritere che ascoltiamo da mesi tipo: «È presto per discutere di Quirinale, finché Mattarella è lì bisogna portargli rispetto». Invece se ne può parlare, eccome. Senza sgarbi a nessuno e soprattutto senza peli sulla lingua, come dimostra l’intervista di Giancarlo Giorgetti ieri a La Stampa. Il ministro dello Sviluppo candida Mario Draghi alla presidenza della Repubblica facendone nome e cognome, spiegando che incoronare il premier sarebbe «nell’interesse del Paese» e con la precisazione (per nulla superflua) che subito dopo torneremmo a votare, con tanti saluti al governo delle larghe intese. Fosse un’opinione qualunque, lascerebbe indifferenti; ma Giorgetti non è lì per caso; coordina i ministri della Lega; è figura pesante dentro il partito; è il terminale di mille contatti; ha tutti gli elementi in mano per formulare previsioni. Per lui Draghi è in campo. La corsa al Colle avrà in Super Mario il grande favorito.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fiano Fulvio 
Titolo: Consip, Tiziano Renzi a giudizio per traffico di influenze
Tema: Indagine su Tiziano Renzi

Cade la concussione, resta il traffico di influenze e per alcune posizioni la turbativa d’asta e la tentata estorsione e corruzione. È il verdetto dell’udienza preliminare in uno dei filoni principali della maxi inchiesta sul caso Consip con il quale il gup Annalisa Marzano, accogliendo la richiesta del pm Mario Palazzi, rinvia a giudizio Tiziano Renzi, Italo Bocchino, Alfredo Romeo e Carlo Russo e condanna a un anno in abbreviato (pena sospesa) l’ex coordinato del Pdl Denis Verdini (turbativa d’asta), l’ex parlamentare del suo stesso gruppo Ignazio Abrignani e l’imprenditore Ezio Bigotti. Sono gli esponenti dei due gruppi che si sarebbero contesi con mezzi illeciti due mega appalti banditi da Consip, coinvolgendo, la citazione è da un atto dell’inchiesta, «i più alti livelli politici».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bertini Carlo 
Titolo: Ballottaggio Gualtieri-Calenda ecco la grande paura dei dem
Tema: Elezioni a Roma

Ora la paura dei dem è uno scenario inedito, fantascientifico per alcuni, meno per altri: ovvero che Roberto Gualtieri arrivi al ballottaggio con Carlo Calenda. Uno scenario da incubo per i dem, che spaccherebbe il partito: esorcizzato da chi dice che «Calenda non può farcela senza il traino dei consiglieri comunali delle liste di centrodestra». Uno scenario che ha cominciato a materializzarsi «da quando Calenda ha capito che Michetti non seduce la destra», nota un dirigente dem dalla centrale operativa di Gualtieri. Dove vengono monitorate le mosse dell’ex ministro, «il fatto che abbia proposto Bertolaso come suo vice, che si sia fatto quel tatuaggio S.P.Q.R. che richiama simboli fascisti…». Nonché l’endorsement di Giorgetti incassato dalle colonne di questo giornale, «la quadratura del cerchio» notano i dirigenti dem. «A noi fa comodo, perché ci aiuta a rastrellare i voti a sinistra nell’ultima settimana di campagna elettorale, polarizzando la sfida». Mentre altri la vedono diversamente. Calenda ammette di inseguire i voti di destra, certo che finirà «con un ballottaggio tra me e Roberto Gualtieri. Basta che faccio girare i video di Michetti per convincere gli indecisi…». I dem più ansiosi vedono il fantasma del «voto disgiunto»: ovvero quella doppia preferenza che si può dare a un candidato sindaco di sinistra e a un consigliere comunale dell’altra sponda. E che potrebbe far lievitare i consensi per Calenda.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pogliotti Giorgio 
Titolo: Il dialogo Draghi-sindacati parte da sicurezza del lavoro e Pnrr
Tema: Dialogo Draghi-sindacati

Il dialogo tra Governo e sindacati parte dalla sicurezza nei luoghi di lavoro, con una serie di misure da mettere in campo per prevenire gli incidenti: il potenziamento del sistema di formazione di dipendenti e imprenditori, con la revisione e il rafforzamento delle norme sanzionatorie perle violazioni. È un primo tassello – il prossimo appuntamento servirà per costruire un Protocollo sull’attuazione del Pnrr – in direzione di quel Patto con le forze produttive che il premier Mario Draghi e il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, hanno proposto all’assemblea degli industriali. «È stato un incontro molto utile per fissare un metodo di lavoro» ha commentato il premier Draghi «c’è intesa su questi temi». Ieri sera a palazzo Chigi insieme al capo del Governo hanno partecipato al vertice i ministri del Lavoro, Andrea Orlando, e della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, coni segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Plerpaolo Bombardieri. Una delle prime azioni consiste nel rendere interoperabili le banche dati di diverse amministrazioni per favorire il passaggio di informazioni sulle sanzioni irrogate tra i soggetti che si occupano della sicurezza nei luoghi di lavoro (Ispettorato nazionale del lavoro, Inail, Inps, Regioni e Asl). In prospettiva si punta alla creazione di un’unica banca dati centrale.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fiammeri Barbara 
Titolo: Il premier accelera, pronto a istituire il tavolo con le parti sociali per le riforme del Recovery
Tema: Dialogo Draghi-sindacati

Il tema centrale è stato la sicurezza del lavoro. Mario Draghi lo ha precisato all’inizio dell’incontro tenendo fuori capitoli caldi come la fine del blocco dei licenziamenti, le delocalizzazioni o il salario minimo. Ma il faccia a faccia tra il premier e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil – Landini, Sbarra, Bombardieri – è servito anche ad aprire la strada a quel “patto” con le parti sociali rilanciato giovedì scorso dall’Assemblea di Confindustria e che avrà un primo decisivo tassello nell’istituzione a breve del tavolo sulle riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non si tratterà però di un impegno generico ma operativo, per stabilire le cose da fare. Draghi ha fretta. Per il premier a dettare la tabella di marcia non sono gli appuntamenti politici ma il Recovery e i conseguenti impegni assunti con Bruxelles. Di qui la decisione di velocizzare l’istituzione del tavolo. Un confronto che nelle intenzioni dovrebbe portare alla definizione di un vero e proprio «protocollo». A Draghi non piace parlare di «concertazione» mala «coesione sociale» non è un obiettivo solo del ministro Brunetta (presente ieri all’incontro assieme a quello del Lavoro Andrea Orlando e al sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli) ma anche dello stesso premier. L’incontro di ieri è servito a superare il primo step. Non solo perché sulla sicurezza si è riscontrata una «intesa», sottolineano da Palazzo Chigi. Ma perchè, come ha detto lo stesso premier, è stata una riunione «molto utile per fissare un metodo di lavoro» dove non si parla di tutto per non arrivare a niente ma si mettono di volta in volta al centro i vari capitoli e le cose da fare. Un metodo , dunque, come tale riproponibile su vari fronti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco 
Titolo: Pensioni, partiti in ordine sparso: la Camera parte da nove proposte
Tema: Pensioni

Una partita in due tempi. È quella che si profila sull’insidioso terreno delle pensioni. Con il governo che inserirà un pacchetto di misure sul “dopo Quota 100” nella legge di bilancio in arrivo a metà ottobre. E con le Camere che, quasi fuori tempo massimo, proveranno a dire la loro durante il passaggio parlamentare della manovra. A Montecitorio, un po’ sottotraccia anche per il silenzio calato sul dossier previdenziale con l’avvicinarsi delle amministrative di ottobre, stanno provando ad attrezzarsi, su iniziativa della presidente della commissione Lavoro, Romina Mura (Pd), e a recuperare almeno in parte il tempo perduto. L’obiettivo non troppo nascosto è, come è emerso mercoledì scorso dai lavori della Commissione, quello di alimentare velocemente un dibattito, partendo dalle nove proposte di legge sulle soglie d’accesso alla pensione presentate da inizio legislatura da quasi tutti i partiti, i cui punti di caduta vengano poi assorbiti nella legge di bilancio. Il tentativo, in altre parole, è giungere a un testo il più possibile condiviso per spianare la strada a forme di flessibilità in uscita (e, comunque, evitare un ritorno integrale alla legge Fornero) facendo leva su eventuali modifiche alle nuove misure pensionistiche, che per altro il governo deve ancora scrivere.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bellomo Sissi 
Titolo: Sprint del petrolio verso 80 dollari – Energia, anche il petrolio torna a correre: Brent vicino a 80 dollari
Tema: Caro energia

Nell’autunno caldo dell’energia anche il prezzo del petrolio ha ripreso a correre, fino a sfiorare 80 dollari al barile nel caso del Brent e portandosi ben oltre la soglia psicologica dei 75 dollari nel caso del Wti: valori che non raggiungevano da tre anni e che molti analisti temono di vedere ben presto superati. Per Goldman Sachs – che ha appena rivisto al rialzo le previsioni – il riferimento europeo arriverà facilmente a scambiare a 90 dollari al barile nel giro di un paio di mesi, altri hanno già segnalato il rischio di un ritomo a quotazioni a tripla cifra. Fiammate oltre 100 dollari al barile, avverte Bank of America, non sono da escludere il prossimo anno soprattutto se avremo un inverno molto freddo che ci costringerà a un alto consumo di combustibili per il riscaldamento. Ovunque nel mondo il gas oggi costa molto più caro del petrolio e stiamo già assistendo a un effetto sostituzione nelle centrali elettriche e negli impianti petrolchimici. Persino nel Nord Europa, riferisce S&P Global Platts Analytics, «almeno tre raffinerie» hanno iniziato a usare elettricità generata da Lpg (gas liquidi derivati dal petrolio come il butano o il propano). Sempre più cari sono anche i diritti europei per l’emissione di CO2, che ieri hanno aggiornato un’altra volta il record storico, spingendosi sopra 65 euro per tonnellata, mentre l’elettricità segue a ruota, con nuovi massimi quasi quotidiani sui mercati all’ingrosso: in Italia c’è stata una breve fiammata a vicino a 250 €/MWh per il Pun, il prezzo unico nazionale. A risvegliare il petrolio, dopo un periodo direlativatregua,è stataanchela competizione con gli altri combustibili (le forniture di Gnl peraltro sono ancora in gran parte indidzzate a prodotti petroliferi).
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tabarelli Davide 
Titolo: L’analisi – La crisi elettrica spinge i record del barile – La crisi elettrica e i record del barile
Tema: Caro energia

Mentre per le altre commodity energetiche è in corso un cataclisma, per il petrolio si assiste a un trend di recupero molto tranquillo. Vengono i brividi, però, a pensare che quanto accade per il gas possa contagiare anche il barile. Il Brent è risalito, per ora, verso la soglia degli 80 dollari, non toccata dall’ottobre 2018, livello quasi doppio rispetto alla media del 2020 di 42 dollari e 4 volte i minimi di 20 dollari del maggio 2020, in piena pandemia. Siamo però ancora lontani dai loo dollari, che dal 2009 al 2014 furono la soglia di resistenza. Molto della ripresa degli ultimi giorni risiede proprio nei timori circa la scarsità che ha investito gli altri mercati, con la Cina e l’Europa in piena crisi: la prima più sul carbone, il cui prezzo è quadruplicato a quasi 200 dollari per tonnellata, la seconda sul gas, le cui quotazioni sono salite di 7 volte in un anno a 75 € per Megawattora. Ci fossero ancora le centrali che consumano derivati del petrolio o lo stesso greggio per fare elettricità, allora l’impatto sarebbe stato già violento, ma oggi sono pochi i Paesi che hanno questo tipo di capacità: quelli del Medio Oriente, il Pakistan, la Corea del Sud, un po’ il Giappone. Tuttavia la crisi elettrica, sulla spinta del gas e del carbone, sta diventando talmente seria da spingere molti consumatori in Cina a fare quello che avevano già fatto nel luglio del 2008, in pieno boom di domanda elettrica per le Olimpiadi, ovvero staccarsi dalla rete elettrica per avviare generatori a gasolio, soluzione diffusa nei Paesi poveri dove non arrivano le reti elettriche moderne. Questa domanda addizionale sta assorbendo volumi di distillati dalle scorte che erano rimaste alte in quanto la richiesta di cherosene, il prodotto destinato agli aerei, accusa ancora livelli di consumo inferiori di quasi un terzo rispetto al normale.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Zilli Anna 
Titolo: L’Unione prova a cambiare passo sulla parità retributiva di genere
Tema: Parità di genere

Nel lavoro “sapere è potere” e per comparare i trattamenti è necessario utilizzare uno strumento efficace nella lotta alle disuguaglianze: la trasparenza salariale, cioè la conoscibilità dei trattamenti retributivi effettivamente corrisposti nel contesto di lavoro, rappresenta un’interessante chiave per accedere alle informazioni necessarie. Che l’abbattimento delle asimmetrie informative costituisca uno snodo fondamentale per le pari opportunità nei rapporti di lavoro, non è una novità: la trasparenza salariale, a qualunque livello ci si posizioni, rappresenta dunque una condizione necessaria per combattere le disuguaglianze. Nella consapevolezza che difficilmente i Paesi europei avrebbero intrapreso percorsi ulteriori rispetto a quelli accolti con la Risoluzione del 26 febbraio 2014 (Risoluzione su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere), la promozione della trasparenza salariale a livello Ue è stata affidata alla Proposta di direttiva 2021/93 del Parlamento e del Consiglio «per rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: Bonomi: se facciamo le scelte giuste, crescita per 30 anni
Tema: Bonomi sulla crescita

«Se facciamo le scelte giuste creeremo un boom economico e per altri 30 anni il paese tornerà a crescere. Se sbagliamo perché abbiamo voluto piantare le bandierine, condanniamo l’Italia al declino». È la preoccupazione di Carlo Bonomi, in un momento in cui c’è l’«occasione storica» di poter fare le riforme. «L’alibi della mancanza di risorse, con il Pnrr, è venuto meno». Solo che di 53 ne sono state fatte 14: «Sono tutte a rischio di implementazione perché ogni partito ha messo la sua bandierina. Per esempio sul fisco non c’è un partito che dica la stessa cosa, così come sulle altre riforme. Se non troviamo un comune denominatore diventa difficile». È questo per il presidente di Confindustria l’obiettivo del Patto che ha rilanciato all’assemblea della scorsa settimana, strada che anche Mario Draghi, come ha detto davanti a Bonomi all’assemblea, vuol seguire per tracciare la rotta del paese. «Ne ha condiviso lo spirito, ha messo il cuore oltre l’ostacolo e ha richiamato tutti alla responsabilità nazionale», ha sottolineato Bonomi parlando agli industriali di Varese, poche ore prima della convocazione a Palazzo Chigi dei tre sindacati, Cgil, Cisl e Uil. «Mi aspetto il meglio possibile», ha risposto Bonomi ad una domanda, riferendosi all’incontro.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Ca.Mar. 
Titolo: Ignazio Visco: migliorare i pagamenti transfrontalieri
Tema: Pagamenti transfrontalieri

Alcuni fenomeni – a parte i rallentamenti imposti dalla pandemia da Covid-19 – sono esplosi: l’e-commerce e il turismo internazionale, cui si aggiungono le rimesse degli emigranti. Alla luce di questa dinamica «oggi sono più che mai necessari progressi sui pagamenti transfrontalieri». Il Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco affronta il tema dei pagamenti, uno dei punti dell’agenda del G20 questo anno a presidenza italiana, in un webinar dal titolo «Enhancing Digital and Global Infrastructures in Cross-border Payments» cui hanno partecipato il direttore generale del Fondo Monetario, Kristalina Georgieva, e il membro del board Bce, Fabio Panetta. «Anche se negli ultimi anni sono diventati sempre più importanti, i pagamenti transfrontalieri restano meno trasparenti e più costosi di quelli nazionali» ha osservato Visco: «Anzi, nonostante molte iniziative adottate, la loro efficienza in realtà è peggiorata. Solo i pagamenti che avvengono all’interno di sistemi integrati sembrano trarre benefici dai progressi tecnologici». Inoltre per Visco «per migliorare il sistema è essenziale che il settore pubblico e il settore privato collaborino strettamente». La questione dei pagamenti cross-border ha conseguenze importanti nella vita quotidiana di miliardi di persone.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Tebano Elena 
Titolo: Germania, via alle manovre Scholz «chiama» verdi e Fdp
Tema: Elezioni in Germania: vince Sholz, dubbi sulla formazione del Governo

Ieri il leader dei liberali Christian Lindner ha annunciato «colloqui preliminari» con i verdi, spiegando che nonostante le differenze i due partiti sono entrambi per il cambiamento: «Né la Cdu/ Csu né la Spd rappresentano una rottura» ha puntualizzato. Il giorno dopo le elezioni il terremoto nel panorama politico tedesco si vede da qui: le trattative ufficiali, ostentatamente, iniziano dalle forze minori. «Gli elettori hanno parlato molto chiaramente. Hanno rafforzato tre partiti, i socialdemocratici, i verdi e i liberali, questi tre partiti dovrebbero guidare il prossimo governo» aveva detto ore prima il leader socialdemocratico Olaf Scholz. Ma in questa equazione per una volta sono i piccoli che hanno il coltello dalla parte del manico. La conta dei voti in Germania ha confermato le proiezioni: il vincitore è lui, che ha fatto guadagnare alla Spd oltre 5 punti rispetto alle elezioni del 2017 e molti di più rispetto ai sondaggi abissali di un anno fa, portandola al 25,7%. E lo sconfitto è il leader conservatore Armin Laschet, precipitato insieme alla federazione Cdu/Csu al 24,1%. Quasi 9 punti in meno che nel 2017, il risultato peggiore di sempre. Ma di fatto nei numeri tra vincitori e vinti la differenza è minima: 1,6 punti percentuali. E questo permette a entrambi, in base alla pura aritmetica, di avere una maggioranza. E, esclusa (per ora) qualsiasi riedizione della Grande coalizione, con gli stessi due partiti: verdi e Fdp, visto che la sinistra radicale Linke è rimasta sotto la soglia di sbarramento del 5% ed è stata «ripescata» solo grazie al fatto di essere riuscita a far eleggere direttamente almeno tre parlamentari.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cazzullo Aldo 
Titolo: Germania, segnali di buona politica
Tema: Elezioni in Germania: vince Sholz

E così l’Spd è tornata il primo partito tedesco non su una linea di sinistra radicale, alla Jeremy Corbyn o alla Jean-Luc Mélenchon — per tacere dei massimalisti di casa nostra —, ma su una linea centrista, rivendicando l’eredità di Angela Merkel; che in questi anni non ha guidato una Grande Coalizione (in Germania ormai i due grandi partiti valgono appena metà dell’elettorato) ma un centro-sinistra, saldamente ancorato al centro. Non era scontato. Anzi, pareva impossibile. I socialdemocratici sembravano destinati a seguire la sorte del Pasok greco, scalzato dai populisti di Syriza (destinati comunque a venire a più miti consigli: via Varoufakis, sì al rigore imposto da Berlino), o quella del Ps francese, messo fuori gioco da un altro centrista: Emmanuel Macron. Invece un partito che nonostante la sua storia gloriosa pareva morto si riaffaccia ora sulla soglia della Cancelleria; grazie anche al grande «richiamo all’ordine» segnato dalla crisi postCovid, con il ritorno del ruolo dello Stato e la ripresa di credibilità delle istituzioni europee.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Intervista a David Sassoli – Sassoli: «Questo risultato cambia anche l’Europa, ora alleanze più allargate»
Tema: Rapporti Germania-Europa

«Le cose vanno meglio, ci sarà un periodo di riposo dove continuerò a seguire le mie attività dall’Italia. La polmonite è una brutta bestia la cosa importante è evitare ricadute e la convalescenza deve essere adeguata». Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, il 15 settembre è stato ricoverato all’ospedale di Strasburgo per una polmonite non legata al Covid. Ora sta meglio e dall’Italia ha seguito gli sviluppi delle elezioni tedesche. Un risultato aspettato? «Era annunciato dai sondaggi, ma personalmente mi aspettavo una vittoria dell’Spd e un buon risultato dei Verdi peri temi posti al centro della loro campagna elettorale. Sono le questioni della vita delle persone: il lavoro di qualità, il salario minimo, la sostenibilità sociale e ambientale. Sono i temi con cui tutti devono fare i conti, in famiglia, in fabbri cambiamento Già dopo il voto europeo era chiaro che la vecchia maggioranza non era più possibile ca, nel mondo dei servizi. Spd e Verdi in campagna elettorale sono sembrati più coinvolti con i problemi reali delle persone. E sono stati premiati per questo». Che messaggio arriva all’Unione Europea? «Il voto conferma la solidità della democrazia tedesca e la chiara visione europeista. Nel pieno di trasformazioni politiche e geopolitiche epocali, il voto manda all’Europa un messaggio progressista, ma anche di stabilizzazione. L’estrema destra esce pesantemente sconfitta. E evidente che dalla crisi si esce mettendo al centro le persone, la coesione, la solidarietà. Questa è la strada che l’Europa ha intrapreso durante il Covid e non dobbiamo smarrirla».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pelosi Gerardo 
Titolo: L’analisi – L’Italia spera nel governo più europeista possibile – L’Italia spera nel governo il più possibile europeista
Tema: Rapporti Germania-Europa

Da Berlino a Roma tutti gli osservatori concordano su un punto: il nuovo Governo tedesco, qualunque coalizione uscirà dai negoziati, sarà comunque fortemente europeista e giocherà un ruolo decisivo per la stabilità e il futuro dell’Unione. Difficile immaginare oggi le possibili ripercussioni della nuova coalizione tedesca sulla politica italiana ma è un fatto che l’interim della Merkel per tutta la durata dei negoziati potrà rappresentare un’occasione per l’Italia che assumerebbe così, nei prossimi mesi, con il premier Mario Draghi, un ruolo più marcato di leadership nell’Unione rafforzato dalla presidenza del Gzo insieme alla Francia con la quale il Governo italiano si accinge a firmare entro l’anno il nuovo Trattato del Quirinale. Per l’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling nulla cambierà nei rapporti con l’Italia perché «Roma è un partner strategico e Berlino ha interesse ad avere un’Italia forte, resiliente che voglia continuare con Germania e Francia il cammino intrapreso dell’integrazione europea». Un attento studioso delle vicende tedesche come Angelo Bolaffi ritiene che il voto consegni il profilo di una Germania «confusa e incerta» ma in ogni caso, qualunque sia il Governo che verrà, «sarà sicuramente un Governo europeista».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Quando la Cia pensò di uccidere Julian Assange
Tema: Caso Assange: coinvolta la Cia?

Rapire Julian Assange, o anche ucciderlo, per punirlo di aver rivelato “Vault 7”, cioè gli strumenti usati dalla Cia nelle attività di hackeraggio. Sono i piani considerati nel 2017 da Langley, che si era spinta a valutare l’ipotesi di una sparatoria nelle strade di Londra, pur di impedire la sua fuga in Russia. A rivelarli è un’inchiesta di Yahoo News, condotta da Zach Dorfman, Sean Naylor e Michael Isikoff, giornalista che aveva scoperto il caso Lewinsky. L’operazione non era mai scattata perché illegale. La sua premessa, che il fondatore di WikiLeaks fosse un agente al servizio dell’intelligence di una potenza ostile, resta la questione centrale. Assange aveva attirato l’attenzione nel 2010, quando aveva pubblicato gli oltre 250.000 dispacci diplomatici sottratti dall’ex soldato Chelsea Manning. L’amministrazione Obama era stata colpita, ma aveva deciso di riconoscere a WikiLeaks il diritto alla libera espressione garantito dal Primo Emendamento della Costituzione. La situazione si era complicata nel 2013, quando i collaboratori di Assange avevano aiutato Edward Snowden a fuggire in Russia, dopo che aveva rivelato le tecniche di spionaggio più sofisticate della National Security Agency.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Muglia Alessandra 
Titolo: E la principessa Mako rinuncia a titolo e buonuscita per il suo amore borghese
Tema: Giappone: la principessa Mako rinuncia alla carica per amore

Dopo tre anni di intoppi e due rinvii, ormai è questione di giorni per le nozze tra la principessa e il suo fidanzato borghese. Mako, primogenita 29enne di Aldshino, il fratello dell’imperatore giapponese e suo erede al trono, convolerà ad ottobre con Kei Komuro, l’ex compagno di università suo coetaneo che la colpì per il suo «sorriso come il sole». Lui le chiese la mano nel 2013, attratto da come «lei si prende cura di me, con calma, come la Luna». Ad avallare la notizia del matrimonio imminente, divulgata dai media nipponici, il fatto che il giovane sia appena rimpatriato da New York: non rientrava in Giappone dall’agosto 2018, quando si era trasferito negli Usa per una specializzazione in legge. Komuro è stato fotografato ieri al suo arrivo all’aeroporto di Tokyo con i capelli raccolti in una coda. E sono piovute critiche per quell’aria troppo sbarazzina che poco si confà, secondo gli standard giapponesi, a chi si sta unendo a una rampolla della famiglia imperiale. Vero è che Mako, per amore, perderà il titolo reale. Non solo. La principessa ha deciso di rinunciare pure all’indennizzo —valutato intorno ai 152 milioni di yen (1,17 milioni di euro) — previsto per le donne della casa imperiale per garantire «il mantenimento di una vita dignitosa» dopo l’allontanamento dalla famiglia. Si tratterebbe della prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale che il compenso non viene corrisposto. Mako, a quanto pare, non vuole prendere soldi pubblici per un’unione che ha spaccato la società giapponese, soprattutto per la serie di annunci e smentite che l’ha preceduta.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: Gran Bretagna, code e panico per i distributori senza benzina
Tema: Gran Bretagna, crisi carburante

La Gran Bretagna è a secco: e gli inglesi sono finiti — insolitamente — nel panico più totale. Ai distributori non c’è più carburante, dopo un weekend di assalto alle pompe: il risultato sono code di veicoli per centinaia di metri, scazzottate fra automobilisti, gente che se le inventa tutte per saltare la fila (in maniera molto poco british). Il governo prova a minimizzare, ma intanto pensa a mettere in camno l’esercito. È il risultato della fuga dei camionisti dalla Gran Bretagna, per colpa del Covid e della Brexit: migliaia di autotrasportatori europei se ne sono tornati a casa a motivo della pandemia e adesso, scoraggiati dalle nuove regole sull’immigrazione, si tengono alla larga dalle strade britanniche. Si stima che ne manchino centomila all’appello: e per questo già la settimana scorsa le aziende petrolifere, dalla Bp alla Esso, non riuscivano più a far arrivare le autocisterne nei distributori. Nel weekend è scoppiato il panico e le stazioni di servizio sono state prese d’assalto: ben presto almeno la metà degli 8 mila distributori britannici è rimasta senza carburante.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bongiorni Roberto 
Titolo: La Tunisia torna in piazza contro il «golpe mascherato»
Tema: Tunisia

«Ash-Shab yurid isqät an-Nizam», il popolo vuole la caduta del regime. Tunisia, io anni dopo. Lo slogan è sempre lo stesso: Anche il luogo, l’Avenue Habib Bourguiba, cuore pulsante di Tunisi. Perfino la rabbia con cui i manifestanti chiedono ora le dimissioni dell’attuale presidente sembra la stessa con cui chiedevano, a cavallo del 2010 e del 2011, quelle dell’allora dittatore Zine El Abidine Ben Ali, fuggito il 14 gennaio dei 2011. Gli oppositori di Kaïs Saied non hanno dubbi: l’operazione di centralizzazione del potere da parte del controverso presidente della Repubblica non sarebbe altro che un colpo di Stato mascherato da riforme urgenti dettate da una crisi irrimandabile. Insomma, contro quello che considerano un “golpe silenzioso”, migliaia di tunisini sono scesi in piazza negli ulimi giorni. Manifestazioni che non lasciano presagire nulla di buono. Gli oppositori, tra cui figurano i sostenitori del partito islamico Ennahda, hanno dalla loro parte dei fatti preoccupanti. Sáied ha infatti congelato il Parlamento, ha licenziato il Governo, per poi esautorare la Corte Costituzionale, che peraltro non era stata ancora nominata, dando a se stesso il potere di governare a colpi di decreto. Proprio con un decreto intenderebbe trasformare la Tunisia dall’attuale sistema semi-presidenziale in una vera Repubblica presidenziale. In cui il presidente vedrà i suoi poteri accrescersi in modo deciso. In un Paese ormai polarizzato, la maggior paura di chi si oppone al nuovo presidente è rivedere uno scenario che nessuno,o quasi, si augurava potesse ripetersi.
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***chita/

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