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Intervista a Guido Barilla e Gianluca Di Tondo: Barilla investe 1 miliardo per sfidare i colossi mondiali dell’alimentare

08.06.2023

Il futuro della Barilla? «Giocare nella Champions League delle grandi aziende alimentari mondiali». Gli investimenti? «Abbiamo approvato un piano importante, quinquennale, da i miliardo di euro, per metà saranno investiti in Italia, che è e rimarrà il cuore del gruppo». Così Guido Barilla, presidente del gruppo, presenta i programmi aziendali per i prossimi cinque anni insieme a Gianluca Di Tondo, che da poco ha sostituito Claudio Colzani nel ruolo di amministratore delegato. All’appuntamento con il futuro la Barilla, che occupa oltre importante piano d’investimenti da i 8.700 dipendenti in 29 stabilimenti nel mondo si presenta avendo superato i 4,6 miliardi di ricavi (+18% rispetto all’anno precedente) e quasi 490 milioni di ebitda nel 2022 (passando dal 13% sui ricavi al 10%) Risultati lusinghieri, ma la volontà è di crescere ancora come spiegano l ostesso Guido Barilla e Di Tondo.

Qual è l’obiettivo?

Guido Barilla. Barilla è un grande gruppo italiano, ma vuole fare di più. La sfida è con le grandi aziende alimentari mondiali, vogliamo andare a giocare in Champions League. Quello che vogliamo diventare è un’azienda globale del food, facendo leva sull’italianità e utilizzando al meglio la potenzialità del nostro assetto produttivo italiano. Questo è il caposaldo della nostra strategia e, soprattutto, è l’elemento che ci distingue dai competitor internazionali.

Come intendete riuscirci?

GB. Abbiamo presentato un nuovo importante piano d’investimenti da 1 miliardo di euro. Ma dobbiamo anche cambiare mentalità e dotarci di nuovi strumenti che siano focalizzati sullo sviluppo internazionale e che ci permettano di comprendere i consumatori globali.

Con quali programmi d’investimento nei prossimi cinque anni?

Gianluca Di Tondo. Innanzitutto, con investimenti in Italia, che è il cuore del gruppo. Metà del miliardo di investimenti previsto nei prossimi cinque anni sarà infatti destinato al nostro Paese. Poi vogliamo continuare a investire negli asset per noi fondamentali:
penso alla qualità e alla sicurezza dei nostri prodotti e processi produttivi, all’innovazione nei nostri stabilimenti. Le faccio solo un esempio: se lei entrasse nel nostro pastificio di Parma, il più grande e sostenibile al mondo, vedrebbe un livello tecnologico che 10 anni fa non era immaginabile. I nostri operatori di linea oggi lavorano avendo in mano un tablet. Vogliamo continuare questo percorso tenendo ben presente le nostre priorità, che sono la qualità e il gusto dei prodotti, l’attenzione all’ambiente e al lavoro delle nostre persone e di quelli che collaborano con noi.

Per quanto riguarda i programmi di sviluppo come procederete nei tre comparti principali: pasta, prodotti da forno, sughi?

Oltre metà dei nostri investimenti sarà dedicata ai prodotti da forno. Questo perché è sui prodotti da forno che vogliamo lavorare per accelerare la crescita nel mondo. Quindi partiremo da lì, senza dimenticarci ovviamente della pasta e dei sughi. Sulla pasta abbiamo lanciato lo scorso anno la gamma Barilla Al Bronzo, prodotta con un grano duro italiano di altissima qualità e con un metodo di trafilazione innovativo. Sui sughi abbiamo fatto degli investimenti importanti negli ultimi anni: oltre 80 milioni per le nuove linee di pesti e sughi rossi a Rubbiano (frazione del Comune di Solignano, in Provincia di Parma, ndr).

Un discreto numero di gruppi del capitalismo familiare italiano ha cambiato casacca spostando le holding all’estero. Per voi l’italianità resta un valore?

GB. Abbiamo un valore chiave che ci permette di competere nel mondo e a cui non vogliamo rinunciare: l’italianità. La holding del Gruppo
Barilla rimane in Italia.

In che modo continuerete a valorizzare l’italianità?

GDT. Occorre partire da un concetto: il Made in Italy non può essere un valore statico nel tempo, deve avere la capacità di evolversi. Mi piace infatti usare un concetto leggermente diverso, che combina la nostra storia e le nostre competenze con la capacità italiana di essere degli innovatori: il Made by Italy. Guardiamo con gli occhi degli italiani qualunque tipo di prodotto.
Un esempio è Back To Nature, una recente acquisizione negli Stati Uniti dove abbiamo rivisto tutte le ricette per riformularle con pochi ingredienti di altissima qualità.

La ricerca e sviluppo è l’origine di ogni attività d’impresa. Dove investirete per rafforzarla?

GB. Il cuore e la testa di Barilla sono in Italia, anzi sono a Parma, la mia città e la città dove siamo nati oltre 145 anni fa. Per questo investiremo proprio a Parma 16 milioni di euro per un nuovo grande centro globale di ricerca e sviluppo, dove lavoreranno oltre 200 persone per guidare la nostra innovazione. A queste persone chiederemo di studiare prodotti e ricette per portare nel mondo la gastronomia italiana.

Confermate la presenza a Londra nonostante le difficoltà del Paese e la drammatica crisi economica seguita all’uscita dall’area euro?

GDT. Siamo andati a Londra perché è una città capace di attrarre persone esperte in due settori: l’e-commerce e i canali digitali. Sono capacità che li si trovano ancora e che vogliamo mantenere. Anzi, che vogliamo far crescere.

In quali zone del mondo intendete crescere di più?

GDT. Le priorità sono Nordamerica, Europa e Medio Oriente. Questo sviluppo sarà guidato da un polo dedicato che avrà sede ad
Amsterdam. In questo polo lavoreranno delle persone dedicate solo a questo: accelerare la crescita internazionale.

E in Estremo Oriente?

GDT. La Cina e l’Asia sono mercati più complicati, per questo abbiamo costruito un hub a Singapore con l’obiettivo di sviluppare nuove parthership strategiche, che ci aiuteranno ad aprire progressivamente questi mercati.

Davvero non puntate sulla sede di Amsterdam per ragioni fiscali o societarie?

GB. Assolutamente no. Non ci sono vantaggi del genere perché continueremo a pagare le tasse in Italia e ovunque nel mondo dove abbiamo società operative. L’apertura di Amsterdam è un centro per accelerare lo sviluppo del business internazionale.

Che fine hanno fatto le vostre attività in Russia?

GDT. Abbiamo bloccato tutti i nuovi investimenti mantenendo solo la produzione di beni essenziali, perché è parte della nostra missione come azienda.

L’Africa per voi può diventare un mercato importante?

GDT. Soprattutto il Nordafrica. Ma si tratta di un mercato difficile, dove soffriamo la concorrenza dei produttori low cost di alcuni paesi mediorientali. Anche il resto del continente è sicuramente ricco di potenziale, ma al momento non è una priorità.

Il Made in Italy rischia di essere uno slogan. Come lo riempite di contenuti?

GB. Il primo ingrediente è la nostra storia. Facciamo un prodotto, la pasta, che è simbolo del Made in Italy. Lo facciamo grazie ai 15 stabilimenti cheabbiamo in Italia e, quando possiamo, utilizziamo materie prime italiane. Le faccio un esempio: tutta la pasta Barilla e Voiello che oggi può trovare sugli scaffali dei supermercati italianiè prodotta con grano italiano. I nostri sughi sono fatti con pomodori che vengono dalla nostra regione, l’Emilia Romagna, e il basilico lo prendiamo a pochi chilometri dallo stabilimento di Rubbiano, in provincia di Parma.

L’inflazione vi preoccupa?

GDT. L’inflazione è stato il pensiero numero uno negli ultimi due anni. Le posso dare un solo dato: i costi delle materie prime e dell’energia sono ancora oggi oltre il 50% più alti del periodo pre pandemia. È evidente che questo non può non avere impatto su un’azienda come la Barilla, che vive trasformando materie prime.

Che cosa ha significato nelle politiche dei prezzi e nei rapporti con la grande distribuzione?

GDT. Non potevamo farci carico dell’inflazione da soli. Abbiamo dovuto riflettere almeno in parte l’aumento dei costi nei nostri listini, spiegando ai clienti le ragioni di questa scelta.

Dopo la pandemia l’Italia ha ottenuto risultati migliori di altri Paesi, perfino di Francia e Germania. Come lo spiega?

GB. L’Italia ha un grande talento: la capacità di reagire e di innovare. Lo abbiamo dimostrato più volte negli ultimi anni. Sicuramente alcuni elementi chiave per fare questo sono statile competenze diffuse e la velocità nel prendere decisioni e renderle opérative. È un tratto che vediamo in tutti gli italiani e che abbiamo sicuramente visto nello straordinario impegno di tutte le persone Barilla.

In che modo si può fare di più?

GB. Investendo in competenze internazionali e tecnologie.

Perché nella vostra quotidianità la sostenibilità è un valore?

Io e i miei fratelli andiamo ogni giorno in azienda e pensiamo che la lasceremo ai nostri figli, una nuova generazione verso cui sentiamo la stessa responsabilità che nostro padre sentiva per noi. Voglio dire la responsabilità di lasciare un’azienda sana e forte, ma anche un ambiente sano in cui lavorare. Per questo la sostenibilità per noi è tanto importante e per questo ci abbiamo investito per molti anni.

Il rapporto con le filiere di produzione sono decisivi. Come vi state muovendo?

GDT. La parola chiave per il nostro modo di lavorare con le filiere è insieme. Vogliamo fare progetti con gli agricoltori e crescere con loro. Seguendo due direzioni. Prima di tutto la qualità della materia prima, da cui non possiamo prescindere per avere dei prodotti buoni. E poila riduzione dell’impatto ambientale. In coiale lavoriamo con oltre lomila agricoltori in tutto il mondo.

Un vostro obiettivo era la parità salariale di genere. Lo avete raggiunto?

GDT. Sì, nel 2020. Non solo era giusto farlo, è stato un passo importante della strategia di crescita, una scelta definita e sostenuta da tutto il management. Un impegno che è stato premiato dal Catalyst Award ricevuto nel 2021.

L’intelligenza artificiale cognitiva apre nuove frontiere. Per voi cosa può significare?

GDT. Questo per noi è un tema fondamentale e una delle ragioni per cui investire nel nostro team digitale a Londra.

Barilla è un prototipo di azienda familiare. Lo resterà?

GB. Questa è una domanda a cui mi viene da rispondere con una sola parola, molto semplice: sì. l’essere un’azienda familiare è una delle chiavi della nostra competitività.

C’è un patto di famiglia per governare il gruppo?

GB. Anche in questo caso la risposta è sì, sono quasi 40 anni che i rapporti di famiglia sono regolamentati.

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Articolo pubblicato l’8 giugno 2023 da “Il Sole 24Ore”

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