43 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE politici, cambiano le composizioni del Parlamento, ma non cambiano le strutture della Commissione. Commissioni nelle quali abbiamo una quantità infinita di scorie ideologiche anti-industriali, soprattutto in alcune Commissioni, segnatamente la Envi che negli ultimi cinque o sei anni è diventata il centro e il motore reale della politica industriale europea, che continua a perseguire in maniera assolutamente tenace una visione di deindustrializzazione (…). Non sono interpretazioni o sensazioni, sono fatti. Tutto questo, però, che cosa sta determinando? Sta determinando la crisi anche della politica in Europa. Perché nel momento in cui noi rendiamo disoccupati i nostri cittadini, nel momento in cui indeboliamo la capacità di difesa e di tenuta del ceto medio, corriamo i rischi che abbiamo imparato dalla lezione della storia del Novecento. Quando il ceto medio soffre e le classi lavoratrici non hanno più lavoro, scoppiano le guerre. Vediamo la polarizzazione tra l’estrema sinistra e l’estrema destra, in un’Europa che sempre di più litiga ed è sempre più incapace di essere equa. EBNER: “La mia speranza? l’unione cresce con le crisi” L’Ue è nata nel ‘57, fondata da governi. La storia dell’Ue è sempre stata improntata dai presidenti del consiglio e dai presidenti della repubblica, quella francese. Per cui l’Ue, il Parlamento europeo non sono paragonabili con un governo o con la combinazione delle istituzioni in uno Stato normale democratico (…). Abbiamo un parlamento che è eletto a suffragio universale, abbiamo una Commissione di burocrati, non di politici, anche se sono politici che occupano queste posizioni, e abbiamo un consiglio che è il plenipotenziario che, alla fine, fa il bello o il brutto tempo. Questo in totale contrasto con quello che è stato citato oggi del Presidente Einaudi, che già nel ‘45 aveva capito che le cose dovevano andare in altro modo. E condivido completamente la posizione del collega Amato, quando dice che oggi la parte stabile nell’Ue è la burocrazia della Commissione perché quelli sono lì fissi (…). Noi abbiamo fatto un altro grandissimo errore. Quando c’è stato l’allargamento, da 15 a 25, non abbiamo affatto prima l’approfondimento. Il Parlamento in tante sedute, in tanti documenti aveva chiesto, aveva cercato di imporre che prima bisognava fare l’approfondimento, perché chi vuole aderire a un club deve accettare le regole e non entrare e poi fare le regole. E con chi oggi abbiamo i maggiori problemi? Con alcuni paesi di quei dieci, non di quelli storici, non parliamo dei sei, ma neanche dei dodici, neanche dei quindici, li abbiamo adesso. Proprio per questo credo che il Parlamento si sforzi a portare più partecipazione diretta, però ha anche un altro limite, che non ha l’iniziativa legislativa perché ce l’ha solo la Commissione. Questo è un vulnus che dovrebbe essere riparato velocemente, non ci siamo ancora riusciti anche se la cosa è stata portata avanti non so quante volte, per cui il Parlamento può dare impulsi, può portare la Commissione e il Consiglio sul tavolo attraverso il trilogo. È l’unica forza vera che il Parlamento ha, però non è l’arma vincente per cui una modifica delle regole sarebbe importantissima. Non vedo, al momento, una situazione politica tale per fare un’altra convention come è stata fatta nel 2001-2003 in era vice presidente il nostro Giuliano Amato. Anche in quell’occasione era il Consiglio che aveva dettato le linee attraverso il presidente francese. Io ho una speranza: questa Unione è cresciuta nei periodi di difficoltà, quando c’erano le crisi e noi attraversiamo adesso la crisi più grande dopo la fine della guerra del ‘45. Sono molto speranzoso e fiducioso che questo Abbiamo un Parlamento eletto a suffragio universale, ma senza iniziativa legislativa. È un vulnus che va sanato L’Europa ha dimenticato che manifattura e ricerca camminano di pari passo. Abbiamo favorito la deindustrializzazione in nome di un Green Deal ideologico
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