33 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE Ma ci sono altri due elementi: oggi ci sono 630mila colonnine di ricarica elettrica in Europa, mentre ce ne vorrebbero da 3 milioni e 300mila a 8 milioni. Siamo partiti dalla coda: facciamo le macchine elettriche poi, in qualche modo, le dovremo caricare, ma se la rete non c’è non le carichiamo. E c’è un errore ancora più grave: quanto inquinerà un’auto elettrica nel 2035? Quando cammina non inquina, ma è alimentata da energia elettrica e l’energia elettrica nel 2035 sarà ancora prodotta, per la maggior parte, da combustibili fossili. Allora facciamo prima un’energia elettrica che sia al più basso contenuto di carbonio, facciamo la rete di ricarica e poi potremo introdurre l’auto elettrica. L’Europa sull’energia, fino a poco tempo fa, non considerava la cattura della CO2 o il nucleare come tecnologie che favoriscano la transizione ambientale perché, in quel momento era considerata solo la tecnologia delle rinnovabili. Parlando poi di difesa, siamo guidati da un’ideologia che pensa ai carri armati, ai proiettili, a strumenti più di attacco che di difesa. Se riteniamo veramente di doverci difendere, possiamo cogliere da questo un’opportunità. Che sistemi di difesa dobbiamo utilizzare? Dobbiamo utilizzare droni, satelliti, software cybersecurity cioè dobbiamo investire in questo. Ma queste cose qui, scusate, ci servono tutti i giorni e non soltanto per difenderci dalla Russia, ma per far crescere le nostre aziende. Cerchiamo di capire che migliorare i sistemi di difesa vuol dire migliorare le nostre economie, la nostra competitività e la nostra capacità di lavoro. SUBACCHI: “Favorire la domanda interna” Un altro esempio virtuoso è l’Europa della cittadinanza europea e dei giovani che hanno beneficiato dell’iniziativa straordinaria, ormai trentennale, di Erasmus, che ha creato una mobilità di giovani che si muovono in Europa, studiano nelle università europee, lavorano in altre città europee e tutto questo grazie alla cittadinanza europea. Il rapporto Draghi parla di competitività e della necessità dell’Europa di essere più competitiva, però sottolinea anche l’importanza di mantenere il modello sociale europeo e ci mette in guardia contro una discesa verso il basso, che minerebbe il modello europeo e che sarebbe una competitività in cui ci ritroviamo uno contro gli altri. Dobbiamo in primo luogo alzare il tasso di produttività e dunque di crescita, da conciliare con la sostenibilità ambientale e sociale. In particolare, c’è una direttiva Ue del 2022 sui salari minimi adeguati. La produttività si deve quindi ottenere con lavori di qualità, con la formazione continua e con un’attenzione agli skills necessari all’impresa. Qual è il problema dell’Europa? È il modello di crescita troppo legato alle esportazioni, poco alla domanda interna. Dobbiamo stimolare la domanda interna perché oggi la situazione geopolitica, i dazi, il fatto che stiamo allontanandoci da un modello di commercio estero non vincolato da dazi e barriere, ci impone di guardare al mercato interno. Un modo di stimolare la domanda interna è assicurarsi che i salari reali siano adeguati. Questo è un problema che ha anche la Cina. Tutto ciò impone una governance a livello europeo, quindi una politica economica europea più ampia. Ci sono però anche degli impegni che gli Stati nazionali possono prendere: per esempio ridurre le divergenze a livello di mercato del lavoro. L’Italia è un fanalino di coda in termini di impiego femminile quindi noi ci perdiamo una fetta di lavoro importante che farebbe alzare la nostra produttività. Insieme all’Europa del Sud, siamo il Paese con la percentuale più bassa di donne nel mercato del lavoro formale, perché questo non significa che le donne non lavorino. Aumentare la presenza di donne nel mercato del lavoro, ridurre la disoccupazione giovanile, ridurre la disoccupazione strutturale, continuare le politiche di formazione, alcune di queste sono presenti nel Pnrr ma bisogna attuare queste politiche di continua formazione. Negli Stati dell’Europa del Nord il 40% dei lavoratori sono in corsi di formazione permanente. Questo noi non l’abbiamo. Già ridurre questi gap sarebbe molto importante per aumentare la produttività e per ottenere quella prosperità sostenibile di cui parla anche l’Agenda 20242029 della Commissione. (P.M.) La produttività si ottiene con lavori di qualità, formazione continua e attenzione agli skill necessari. Dobbiamo stimolare la domanda interna e sostenere i salari reali
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