Civiltà del Lavoro, n. 3/2025

30 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE rea dell’euro come 21° Stato. Ricordiamoci che solo 15 anni fa c’era chi scommetteva sul fallimento dell’euro. Adesso parliamo di eurobond per un motivo molto semplice, perché ci siamo resi conto che il debito nazionale è un problema. Noi italiani non possiamo, per esempio, aumentare il debito pubblico senza che questo abbia impatti negativi sui mercati finanziari. Quindi che facciamo? Cerchiamo risorse altrove. Per darvi gli ultimi dati, il nostro debito passerà dal 135% del 2024 al 138% del Pil. Poi piano piano scenderà, ma siamo ancora in una fase di salita e questo ovviamente non va bene. Ho l’impressione che il debito europeo sia diventato un nuovo modo per dire che pagano gli altri, paga l’Europa. Ma, attenzione, il debito europeo si somma ai debiti nazionali e questo spiega anche la cautela del nostro governo, soprattutto per quanto riguarda per le spese di riarmo. Che cosa è il debito europeo? È un debito che abbiamo già conosciuto con il NextGenerationEU, questo enorme piano pandemico che è stato messo a disposizione 15 giorni dopo lo scoppio del Covid. Anche qui, certo che non è facile mettere insieme 27 paesi, certo che non è facile mettere insieme una quantità enorme di debiti e di sussidi con paesi che possono spendere tranquillamente, non hanno bisogno dell’Europa, e paesi come il nostro che invece avevano e hanno ancora un enorme bisogno di risorse. Però ci siamo riusciti. Ecco perché io sono positiva, ci siamo riusciti, è uno strumento che sta lì, è temporaneo, ma si può replicare. Anche lo stesso Friedrich Merz ha detto: l’importante è che sia temporaneo ma siamo pronti a replicarlo. Il debito europeo ci piace molto, però, non diciamo mai che per fare un debito europeo ci vuole un fisco europeo, cioè dobbiamo essere pronti a cedere un altro pezzettino di sovranità. Il NextGenerationEU è il primo esperimento perché noi abbiamo preso i soldi, circa 200 miliardi, e ci abbiamo fatto più o meno quello che volevamo, ci abbiamo anche finanziato 15 miliardi di bonus 110%. L’eurobond di cui si parla in questi giorni è qualcosa di diverso: lì non sono gli Stati che decidono cosa fare, ma è l’Europa, è un ministro dell’economia europeo che decide come finanziare, non più misure nazionali ma beni pubblici europei: la difesa, il welfare, cioè beni che servono a tutti gli Stati e non unicamente agli Stati-Nazione. Il racconto deve essere completo perché, se ci limitiamo a dire che pagano gli altri, non raccontiamo che poi gli altri sono anche quelli che decidono e noi dobbiamo contribuire. Allora fare gli eurobond vuol dire andare davvero verso un’unione di bilancio che, tra l’altro, sarebbe anche una grande risposta da dare all’America di Trump, al ruolo del dollaro. Sarebbe anche un modo per evitare che oltre 300 miliardi di risparmi lascino ogni anno l’Europa. E qui ci sono varie ipotesi su chi potrebbe comprare i debiti nazionali. C’è chi pensa a istituzioni da creare, chi al Meccanismo europeo di stabilità, il famoso Mes, che è a mio avviso una delle istituzioni più utili che ci siamo inventati. Ed è un mistero perché noi soli non l’abbiamo ratificato dopo averlo negoziato molto bene. In futuro, per esempio, il Mes potrebbe essere trasformato in Istituto Monetario Europeo, un po’ come il Fondo Monetario Internazionale: un Fondo Monetario Europeo che in caso di crisi possa aiutare paesi membri. Qui, l’Italia ha un doppio ruolo, sia nel ridurre l’enorme massa del nostro debito pubblico, ma anche e soprattutto capire che l’Europa è fatta non solo di solidarietà, ma anche di responsabilità e il Mes è un grande banco di prova. PATUELLI: “Più regole per l’integrazione” Quando si dice che l’Europa non c’è, bisogna porsi un interrogativo: c’è un trattato che autorizzi l’Ue a fare quello che viene richiesto in quel settore dove viene detto che l’Europa non c’è? Quasi sempre la competenza non c’è. Quando si dice che l’Europa dovrebbe votare a maggioranza togliendo il liberum vetum, il diritto di veto, bisognerebbe aggiungere che ci vuole un trattato costituzionale per decidere che si vota a maggioranza, quando e come. Allora il problema dell’Ue è che è un’unione solo economica, parziale, ed è un’unione economica perché non è stato possibile, dagli anni Cinquanta in poi, realizzare una maggiore Europa politico-istituzionale. L’Europa non è un’entità astratta esogena. È la somma delle scelte nostre e di chi abbiamo mandato in Europa. Quindi è fondamentale scegliere bene

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=