29 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE somma zero non esistono. O si entra in una dinamica positiva in cui guadagniamo tutti da relazioni internazionali costruttive o entreremo in una spirale di giochi a somma negativa. Quindi dobbiamo ricostruire il multilateralismo dal basso. L’Europa ha cominciato a farlo: Mercosur, Svizzera, Messico, abbiamo adesso un calendario per l’India. L’85% del commercio è senza gli Stati Uniti, quindi, se gli Stati Uniti si tirano fuori, bisogna organizzare l’85% che resta e l’Europa è l’unica che può farlo. Ultimo scenario: dobbiamo renderci conto che abbiamo un business model europeo che non è sostenibile nel medio-lungo termine. Ci stiamo allontanando dalla frontiera tecnologica, abbiamo una crescita che dipende troppo dalla domanda esterna e non possiamo sottrarre domanda all’economia mondiale ogni anno attraverso surplus persistenti della nostra bilancia delle partite correnti. Cambiare il business model significa, in primo luogo, Europa della difesa. Non capisco le esitazioni che abbiamo a procedere chiaramente nella direzione indicata: mercato unico, Unione dei mercati e dei capitali, quindi risparmio e investimenti, Agenda Draghi e Letta. E poi il 16 luglio la Commissione presenterà le proposte per il nuovo bilancio pluriennale e questo sarà il momento della verità. Vogliamo restare con un bilancio dell’1% del Pil, che corrisponde sostanzialmente al bilancio della Danimarca, oppure guardiamo la realtà in faccia e diciamo che, in termini di flessibilità, taglia e composizione, il bilancio europeo attuale non è adeguato? DE ROMANIS: “Gli Eurobond richiedono responsabilità” Vorrei partire dal titolo, “L’Europa che vogliamo”. Comincerei a dire “L’Europa che raccontiamo”, anzi “L’Europa che ci raccontiamo” perché il vero problema è un racconto, a mio avviso, completamente sganciato dalla realtà. L’Europa è sempre colpevole. Quando succede qualcosa, è l’Europa che ci impone o è l’’Europa che ci chiede. Ma l’Europa non è un’entità astratta esogena, che scende dal cielo, ma è la somma delle scelte nostre e di chi noi abbiamo mandato in Europa. Quindi è fondamentale scegliere bene. Siamo in una fase di grande complessità e noi, invece, facciamo un racconto molto semplicistico: l’Europa sì, ma non così, che non vuol dire nulla. Io invece sono ottimista: penso che l’Europa abbia fatto tantissimi passi avanti, il primo gennaio 2026, la Bulgaria entrerà nell’aBUTI: “Ricostruire il multilateralismo” Per chi ha studiato statistica, l’Europa fa errori di tipo due e gli Stati Uniti fanno errori di tipo uno. Che cosa significa? Significa che gli Usa fanno, e lo vediamo in questi giorni, cose che non dovrebbero fare, mentre l’Europa non fa cose che dovrebbe fare. Significa che abbiamo davanti una prateria di opportunità in questo momento, ma difficilmente riusciamo a sfruttarle come potremmo. Se chiudiamo la porta e stiamo fino alla fine della mattina come faremo? Penso che troveremo alla fine un accordo generale su che cosa fare. Le prime cose sono quelle da non fare. Ho vissuto a Bruxelles per oltre tre decenni, quindi so che in Europa tendiamo a costruire le nostre strategie sulla base di scenari favorevoli. Questa è una cosa che non si deve fare adesso. Magari Trump perde le elezioni di medio termine o magari tra quattro anni c’è un altro presidente più amichevole nei nostri confronti. Non sono questi gli scenari su cui basare la nostra strategia. La seconda cosa è non fare concessioni sulla sostanza sulla base di concessioni sulla procedura. Tre dimensioni sulle cose da fare. La prima è la risposta a Trump. Su questo bisogna essere molto chiari. La presidente Ursula von der Leyen ha detto che negoziamo in buona fede, però bisogna essere pronti anche all’evenienza di un fallimento delle trattative. La seconda dimensione è che nel nostro Dna abbiamo il multilateralismo, l’apertura. Siamo un continente che naturalmente conta su giochi a somma positiva, mentre Trump ha un’idea di giochi a somma zero. Una cosa che ho imparato in questi anni è che giochi a Nel nostro Dna abbiamo il multilateralismo, l’apertura. Siamo un continente che naturalmente conta su giochi a somma positiva, mentre Trump ha un’idea di giochi a somma zero
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