Civiltà del Lavoro, n. 3/2025

27 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE ci che, troppo spesso, oggi trovano realizzazione fuori dall’Europa, negli Stati Uniti o in Asia. Persistono profonde disarmonie fiscali, non abbiamo un’Unione energetica, mancano vere politiche industriali. L’Unione si distingue invece per un’iper-regolamentazione che, pur ispirata al principio dell’eguaglianza, finisce per ostacolare la competitività. Eppure, siamo chiamati ad affrontare una triplice sfida – tecnologica, digitale ed ecologica – come sottolineato da figure autorevoli come Mario Draghi ed Enrico Letta, oltre che da numerosi osservatori internazionali. Su queste sfide, l’Europa sembra spesso muoversi in modo ideologico e dogmatico, come nel caso della transizione nel settore automotive. Decisioni affrettate e rigide hanno finito per mettere a rischio il vantaggio competitivo dell’industria europea, a tutto vantaggio della concorrenza cinese o, al massimo, americana. Dobbiamo adottare politiche forti, capaci di restituire all’Europa una posizione paritaria nel confronto globale. Oggi siamo un vaso di coccio, sotto pressione da tutte le direzioni. L’Europa è ancora un progetto incompiuto. Manca – pur essendo prevista dai trattati – una politica comune di difesa. L’ultima proposta in tal senso, presentata con lo slogan infelice “Riarmiamo l’Europa”, ha finito per svilire un tema cruciale. Allo stesso modo, non esiste una vera politica estera comune: prevalgono ancora oggi posizioni divergenti, se non apertamente contrapposte, tra gli Stati membri. Il nodo principale resta la governance. L’Unione è ancora imprigionata nel meccanismo dell’unanimità e del diritto di veto, due macigni che rallentano, se non bloccano, il processo decisionale e impediscono l’affermazione di una leadership politica comune. Le soluzioni non sono semplici. Una delle poche percorribili potrebbe essere quella di un’integrazione differenziata, di un’Unione a più velocità, o per cerchi concentrici, come già avvenuto per l’euro e per l’area Schengen. Serve uno sforzo collettivo. Tutti devono fare la propria parte. L’Europa che vogliamo è un’Europa efficiente, trasparente e democratica. Un’Europa, per riprendere le parole di Alcide De Gasperi, “visibile, solida e viva”. Le soluzioni all’unanimità non sono semplici. Una delle poche percorribili potrebbe essere quella di un’integrazione differenziata, di un’Unione a più velocità ltra via d’uscita non v’è, fuor di quella di mettere accanto agli stati attuali un altro stato. Il quale abbia compiti suoi propri ed abbia un popolo “suo”. Invece di una società di stati sovrani, dobbiamo mirare all’ideale di una vera federazione di popoli, costituita come gli Stati Uniti d’America o la Confederazione elvetica. Gli organi supremi, parlamento e governo, della confederazione non possono essere scelti dai singoli stati sovrani ma debbono essere eletti dai cittadini della confederazione. Esercito unico e confine doganale unico sono le caratteristiche fondamentali del sistema. Gli stati restano sovrani per tutte le materie che non siano delegate espressamente alla federazione; ma questa sola dispone delle forze armate, ed entro i suoi confini vi è una cittadinanza unica ed il commercio è pienamente libero. Nel corso del Convegno È stato letto il seguente testo di Luigi Einaudi, tratto da “Il mito dello Stato sovrano”, pubblicato sulla rivista Risorgimento liberale, 3 dicembre 1945 IL MITO DELLO STATO SOVRANO A

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