13 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 el recente Convegno di Venezia uno dei temi di maggiore attualità è stato quello della difesa europea ed è opportuno riprenderlo da queste colonne per sviluppare ulteriori spunti e riflessioni. In effetti, nei primi anni di vita della Comunità europea, su impulso di visionari uomini di Stato del calibro di Adenauer, Spaak e De Gasperi, era stato concepito il progetto della Comunità europea di difesa (Ced). Purtroppo, nel 1954 quel progetto venne affossato dal Parlamento francese, fortemente influenzato dal generale De Gaulle, in base al sogno antistorico di una nuova “grandeur” della Francia. Da allora i paesi europei hanno beneficiato in gran parte delle strutture della Nato, limitandosi a collaborare in una posizione sostanzialmente subalterna con la grande potenza militare degli Stati Uniti, e i tentativi di riprendere il tema di una difesa europea hanno prodotto risultati concreti assai modesti. Negli ultimi anni il quadro geopolitico è decisamente mutato: la guerra di aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, il drammatico riacutizzarsi del conflitto mediorientale dopo la strage terroristica del 7 ottobre 2023 e, per ultimo, l’elezione alla presidenza Usa di Donald Trump, sostenitore di un progressivo disimpegno dal teatro europeo, hanno convinto la Ue a varare molto opportunamente il Programma “Readiness 2030” da 800 miliardi di euro e la Nato a decidere la crescita degli investimenti e il riequilibrio delle spese militari tra gli Stati Uniti e gli altri paesi. Tutto ciò ha riacceso decisamente il dibattito sulla difesa europea, cioè su come realizzare una politica di deterrenza dei paesi dell’Unione in una certa misura autonoma rispetto agli Stati Uniti. Quante risorse1 sono state destinate nel 2024 alla difesa dai maggiori paesi del mondo? La spesa dei 27 paesi dell’Ue è stata di 326 miliardi di euro, cioè l’1,9% del Pil; gli Stati Uniti hanno speso 842 miliardi di euro, pari al 3,5%; la Cina (dato stimato) ha speso 216 miliardi di euro, pari al 1,7%, e la Russia (dato stimato) oltre 220 miliardi di euro, pari al 7% del Pil. Non si può pertanto affermare che l’Unione spenda poco in termini assoluti, pur se lontanissima dalla spesa degli Usa. Il problema maggiore è che queste risorse vengono spese a livello nazionale, quindi con notevoli sprechi, duplicazioni e inefficienze. Basti pensare che nell’Unione sono presenti circa 180 differenti sistemi d’arma (aerei, navi, carri armati, etc.) a fronte di una trentina degli Usa. Ciò genera inevitabilmente maggiori costi, scarsa compatibilità e molto spesso rende più agevole acquistare da paesi terzi, specialmente dagli Usa, limitando l’autonomia strategica dell’Unione. Problemi analoghi si riscontrano nelle forze armate europee riguardo agli standard tecnici, alle procedure operative, ai sistemi logistici e di manutenzione, ai programmi di addestramento e, aspetto più importante di tutti, alle catene di comando. Tutto ciò è ancora realizzato soltanto su base nazionale, quindi con divari notevoli tra i paesi europei, e rende assai problematica qualsiasi azione comune. Infine, occorre precisare che dei 326 miliardi spesi dai 27 paesi Ue solo 102 sono per investimenti e appena 13 per ricerca e sviluppo; ciò limita fortemente la capacità di innovazione e la competitività delle imprese europee del settore. Come affrontare la sfida epocale di creare una difesa europea? Purtroppo, l’esperienza dei meccanismi istituzionali dell’Ue rende scettici sulla possibilità di varare un progetto di difesa che superi le resistenze di tutti i 27 paesi dell’Unione, i quali esercitano su molti temi importanti il paralizzante potere di veto. 1 Spesa totale aggregata convertita in euro. N L’INTERVENTO di Francesco R. Averna DIFESA COMUNE Accelerare sulla strada dei volenterosi
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