Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro numero 3 - giugno • luglio 2025 I CAVALIERI DEL LAVORO IN QUESTO NUMERO: Lucia Aleotti, Francesco R. Averna, Alessandro Bastagli, Guido Grassi Damiani, Giovanni Fileni, Andrea Illy, Matteo Lunelli, Licia Mattioli, Massimo Perotti, Maurizio Sella, Enrico Zobele Periodico della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro anno LXX - bimestrale STATI UNITI D’EUROPA Le conclusioni del Convegno Nazionale dei Cavalieri del Lavoro INDUSTRIA DEL LUSSO Filiere in trasformazione ARTE, COLLEZIONE MENARINI Tra bellezza e ricerca I PROFILI DEI NEO CAVALIERI DEL LAVORO 2025 Nominati il 2 giugno
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Anno LXX - n. 3 Civiltà del Lavoro Periodico della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Direttore Cavaliere del Lavoro Maurizio Sella Comitato Editoriale Presidente: Cavaliere del Lavoro Francesco Rosario Averna Cavalieri del Lavoro: Alessandro Bastagli, Daniela Gennaro Guadalupi, Paolo Gentilini, Maria Luigia Lacatena, Clara Maddalena, Sebastiano Messina, Guido Ottolenghi, Debora Paglieri, Emmanuele Romanengo, Olga Urbani Hanno collaborato a questo numero i Cavalieri del Lavoro: Lucia Aleotti, Francesco R. Averna, Alessandro Bastagli, Guido Grassi Damiani, Giovanni Fileni, Andrea Illy, Matteo Lunelli, Licia Mattioli, Massimo Perotti, Maurizio Sella, Enrico Zobele Direttore responsabile ai fini della legge della stampa Paolo Mazzanti Direttore editoriale Franco Caramazza Coordinamento per le attività istituzionali Carlo Quintino Sella Coordinamento editoriale Cristian Fuschetto Coordinamento redazionale Paola Centi Redazione Flaminia Berrettini, Clara Danieli, Cristian Fuschetto, Brunella Giugliano, Giovanni Papa, Silvia Tartamella Progetto grafico Marco Neugebauer e Roberto Randi (thesymbol.it) Impaginazione Emmegi Group Srl Via F. Confalonieri 36 - 20124 Milano Concessionaria Pubblicità Confindustria Servizi SpA Viale Pasteur, 6 – 00144 Roma Tel. 06 5903263 [email protected] Stampa Boccia Industria Grafica SpA Via Tiberio Claudio Felice, 7 – 84131 Salerno Foto 123RF, AGF, Stefano Guidoni, Imagoeconomica, Shutterstock Foto di copertina: Shutterstock AI Generator Gli inserzionisti di questo numero Audi, Banca Intesa Sanpaolo, Banca Passadore, Banca Popolare Sondrio, Bennet, Birra Forst, Bric’s, Brunello Cucinelli, Carvico, Casalgrande Padana, Colacem, De Matteis Agroalimentare, Enel, Fainplast, Fontana Luigi, Ing. Ferrari, Mirato, Pastificio De Cecco, Samer & Co. Shipping, Terna, Unione Fiduciaria, Zucchetti Autorizzazione Tribunale di Roma n. 4845 del 28-9-1955 Autorizzazione per il web Tribunale di Roma n. 294/2013 Finito di stampare il 28 luglio 2025 [email protected] Federazione Nazionale Cavalieri del Lavoro numero 3 - giugno • luglio 2025 I CAVALIERI DEL LAVORO IN QUESTO NUMERO: Lucia Aleotti, Francesco R. Averna, Alessandro Bastagli, Guido Grassi Damiani, Giovanni Fileni, Andrea Illy, Matteo Lunelli, Licia Mattioli, Massimo Perotti, Maurizio Sella, Enrico Zobele Periodico della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro anno LXX - bimestrale STATI UNITI D’EUROPA Le conclusioni del Convegno Nazionale dei Cavalieri del Lavoro INDUSTRIA DEL LUSSO Filiere in trasformazione ARTE, COLLEZIONE MENARINI Tra bellezza e ricerca I PROFILI DEI NEO CAVALIERI DEL LAVORO 2025 Nominati il 2 giugno 9 EDITORIALI Come affrontare le bufere geopolitiche. L’Europa tra dazi e bilancio 13 L'INTERVENTO Difesa comune. Accelerare sulla strada dei volenterosi di Francesco R. Averna CONVEGNO NAZIONALE 2025 18 Un nuovo inizio I contributi del Convegno 22 Verso gli Stati Uniti d’Europa di Maurizio SELLA 25 Il messaggio del Presidente della Repubblica Mattarella: Unione fattore di stabilità e pace 26 Diamo compiutezza al progetto comune di Enrico ZOBELE 28 1A TAVOLA ROTONDA Multilateralismo ed eurobond per la competitività europea Sono intervenuti Marco Buti, Veronica De Romanis, Antonio Patuelli, Ugo Salerno e Paola Subacchi
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34 2A TAVOLA ROTONDA Uscire dalla trappola della “media tecnologia” Sono intervenuti Laura Colnaghi Calissoni, Daniel Gros, Bruno Veronesi, Marco Bonometti e Lucia Aleotti 40 3A TAVOLA ROTONDA Tra sicurezza e crisi dell’industria, l’Europa è al giro di boa Sono intervenuti Rosa Balfour, Michl Ebner, Franco Bernabè, Antonio D'Amato e Nicoletta Pirozzi Contributi a margine del Convegno 46 L’euro dell’educazione di Patrizio BIANCHI 48 Cittadinanza Erasmus Il sogno della Scuola Europea Articolo a cura del Gruppo di lavoro del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” sul ciclo tematico “L’Europa che vogliamo” 49 L'intervento del Presidente dei Lincei Antonelli: Unione sfida esistenziale FOCUS Fashion & luxury Filiere in trasformazione 53 Le sfide per l’industria del lusso di Paolo Mazzanti 56 Strategie d’alta gamma Intervista a Matteo LUNELLI 58 Non solo passerelle. Fotografia di un cambiamento Intervista a Luca SBURLATI di Silvia Tartamella 62 (Ri)conquistare mercati con l’identità culturale A colloquio con Matteo DE ANGELIS 64 Etica e bellezza per un lusso autentico di Alessandro BASTAGLI 66 Il valore del made in Italy in un mondo che cambia di Guido GRASSI DAMIANI 68 Visione consapevole, impegno responsabile di Licia MATTIOLI 70 Fedeli al territorio, aperti al mondo di Massimo PEROTTI LE NOMINE DEL 2 GIUGNO 73 I NUOVI VENTICINQUE CAVALIERI DEL LAVORO Nominati dal Presidente della Repubblica FONDAZIONI / ARTE / MOSTRE 100 Fondazione Marco Fileni Risorse per il talento dei giovani 105 I valori di Ernesto Illy a cento anni dalla nascita 109 Collezione d’Arte Menarini, viaggio fra scienza e cultura di Brunella Giuliano
9 ncassare 2.800 miliardi di dollari in 10 anni: è questo l’obiettivo dei dazi di Trump rivelato dal segretario al Tesoro Scott Bessent. Una cifra enorme, che dovrebbe servire a finanziare la legge di bilancio appena approvata dal Congresso, il “Big Beautiful Bill”, che riduce le tasse alle imprese e ai redditi medio alti e rischia di aggravare di tremila miliardi in 10 anni il deficit pubblico americano che è già oltre il 6%. Insomma, i dazi servono a Trump non tanto per riequilibrare la bilancia commerciale, che considerando i servizi che acquistiamo dagli Usa è già quasi in pareggio, ma per incassare dollari sonanti facendo credere agli americani che a pagare saranno gli altri paesi, “scrocconi” e “parassiti”, che per decenni si sono arricchiti alle spalle degli Usa. È una narrazione del tutto falsa, perché alla fine i dazi li pagheranno soprattutto gli americani che subiranno prezzi più alti per i loro consumi (infatti l’inflazione è già in crescita), difficoltà di approvvigionamento di materie e componenti per la loro industria (dalle terre rare ai microchip), e stanno già patendo la sfiducia dei mercati finanziari nei confronti del dollaro in calo e dei loro titoli di Stato. Ma per ora questa narrazione consente a Trump di sbandierare forti aumenti di incassi dai dazi, per decine di miliardi. Il Budget Lab dell’Università di Yale ha calcolato che quando il Presidente è entrato in carica l’aliquota media dei dazi americani era del 2,4% mentre a giugno ha toccato il 15,6%. A meno di forti contestazioni da parte dell’industria americana e della sua base elettorale Maga (Make America Great Again), è dunque probabile che Trump procederà nell’imposizione dei suoi dazi minacciando per di più di aumentarli se i Paesi colpiti reagiranno con contro-dazi. Al di là degli auspici e della prudenza della maggioranza dei paesi colpiti, lo spettro della guerra commerciale è dunque reale, anche per i paesi alleati (o ex alleati) come il Giappone, la Corea del Sud e noi europei, che esportiamo in Usa merci per 530 miliardi (e noi italiani per 64 miliardi). Proprio per evitare una guerra commerciale con dazi e contro-dazi che si avvitino in una spirale senza fine, alla fine la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha accettato i dazi al 15% proposti da Trump. L’accordo, siglato in Scozia il 28 luglio, è stato da molti considerato negativo perché aumenta del 50% il dazio precedente al 10% (cui va sommata la svalutazione del dollaro del 15% circa) ed è quasi il triplo rispetto al dazio medio del 4,8% che pagavamo prima dell’elezione di Trump. Inoltre, la Ue si è impegnata ad acquistare dagli Usa gas liquido e petrolio per 750 miliardi in tre anni, armi americane e ad investire in Usa 600 miliardi. Si poteva ottenere di più? Una strada poteva essere quella di allargare il tavolo delle trattative ad altre materie sensibili per gli Usa: dall’impegno ad aumentare al 5% le spese per la difesa, all’esenzione dalla “minimum global tax” concessa alle multinazionali americane. È vero che gli Stati europei in sede Nato e Ocse avevano già assunto questi impegni, ma anche nella speranza di ammorbidire le pretese di Trump sui dazi. Si potevano anche ipotizzare aggravi di tasse sulle big tech americane fino ad arrivare a misure estreme, ipotizzate dal governo francese, come il divieto alle imprese Usa di partecipare a gare europee o l’imposizione di un tetto ai trasferimenti finanziari europei verso banche e fondi d’investimento americani. I Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 Come affrontare le bufere geopolitiche L’EUROPA TRA DAZI E BILANCIO EDITORIALE
11 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 Ma alla fine ha prevalso la certezza di un accordo non del tutto soddisfacente all’incertezza prolungata di un conflitto commerciale (e politico) dagli esiti imprevedibili. Occorre semmai ora minimizzare l’impatto dei dazi sul sistema economico europeo, accelerando la ricerca di nuovi sbocchi commerciali verso altre aree del mondo. Per questo va rapidamente ratificato l’accordo di libero scambio col Mercosur, bloccato in Italia, Francia e Polonia da timori che riguardano il mondo agricolo che teme le importazioni dall’America Latina. E, infine, la Ue dovrebbe rafforzare l’impegno per migliorare la competitività europea, ridurre i “lacci e lacciuoli” che imbrigliano l’attività imprenditoriale, investire di più in ricerca e difesa. Sono gli obiettivi del prossimo bilancio settennale 2028-2034 presentato a metà luglio dalla Commissione europea, che prevede l’aumento delle risorse Ue dall’1,1 all’1,26% del Pil europeo, pari a quasi duemila miliardi nei 7 anni, mentre il bilancio federale Usa, va sempre ricordato, è pari al 25% del Pil. La proposta di bilancio europeo, che prevede nuove tasse su sigarette, grandi imprese ed emissioni inquinanti, ha suscitato molti contrasti e deve affrontare ora un lungo iter di approvazione. È probabile che ci saranno molte modifiche. L’importante è non perdere di vista l’essenziale: solo un’Europa più unita e più forte, anche dal punto di vista economico, come auspicato al recente Convegno Nazionale del Cavalieri del Lavoro di Venezia, può affrontare l’attuale burrascoso scenario geopolitico. (P.M.) EDITORIALE
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13 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 el recente Convegno di Venezia uno dei temi di maggiore attualità è stato quello della difesa europea ed è opportuno riprenderlo da queste colonne per sviluppare ulteriori spunti e riflessioni. In effetti, nei primi anni di vita della Comunità europea, su impulso di visionari uomini di Stato del calibro di Adenauer, Spaak e De Gasperi, era stato concepito il progetto della Comunità europea di difesa (Ced). Purtroppo, nel 1954 quel progetto venne affossato dal Parlamento francese, fortemente influenzato dal generale De Gaulle, in base al sogno antistorico di una nuova “grandeur” della Francia. Da allora i paesi europei hanno beneficiato in gran parte delle strutture della Nato, limitandosi a collaborare in una posizione sostanzialmente subalterna con la grande potenza militare degli Stati Uniti, e i tentativi di riprendere il tema di una difesa europea hanno prodotto risultati concreti assai modesti. Negli ultimi anni il quadro geopolitico è decisamente mutato: la guerra di aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, il drammatico riacutizzarsi del conflitto mediorientale dopo la strage terroristica del 7 ottobre 2023 e, per ultimo, l’elezione alla presidenza Usa di Donald Trump, sostenitore di un progressivo disimpegno dal teatro europeo, hanno convinto la Ue a varare molto opportunamente il Programma “Readiness 2030” da 800 miliardi di euro e la Nato a decidere la crescita degli investimenti e il riequilibrio delle spese militari tra gli Stati Uniti e gli altri paesi. Tutto ciò ha riacceso decisamente il dibattito sulla difesa europea, cioè su come realizzare una politica di deterrenza dei paesi dell’Unione in una certa misura autonoma rispetto agli Stati Uniti. Quante risorse1 sono state destinate nel 2024 alla difesa dai maggiori paesi del mondo? La spesa dei 27 paesi dell’Ue è stata di 326 miliardi di euro, cioè l’1,9% del Pil; gli Stati Uniti hanno speso 842 miliardi di euro, pari al 3,5%; la Cina (dato stimato) ha speso 216 miliardi di euro, pari al 1,7%, e la Russia (dato stimato) oltre 220 miliardi di euro, pari al 7% del Pil. Non si può pertanto affermare che l’Unione spenda poco in termini assoluti, pur se lontanissima dalla spesa degli Usa. Il problema maggiore è che queste risorse vengono spese a livello nazionale, quindi con notevoli sprechi, duplicazioni e inefficienze. Basti pensare che nell’Unione sono presenti circa 180 differenti sistemi d’arma (aerei, navi, carri armati, etc.) a fronte di una trentina degli Usa. Ciò genera inevitabilmente maggiori costi, scarsa compatibilità e molto spesso rende più agevole acquistare da paesi terzi, specialmente dagli Usa, limitando l’autonomia strategica dell’Unione. Problemi analoghi si riscontrano nelle forze armate europee riguardo agli standard tecnici, alle procedure operative, ai sistemi logistici e di manutenzione, ai programmi di addestramento e, aspetto più importante di tutti, alle catene di comando. Tutto ciò è ancora realizzato soltanto su base nazionale, quindi con divari notevoli tra i paesi europei, e rende assai problematica qualsiasi azione comune. Infine, occorre precisare che dei 326 miliardi spesi dai 27 paesi Ue solo 102 sono per investimenti e appena 13 per ricerca e sviluppo; ciò limita fortemente la capacità di innovazione e la competitività delle imprese europee del settore. Come affrontare la sfida epocale di creare una difesa europea? Purtroppo, l’esperienza dei meccanismi istituzionali dell’Ue rende scettici sulla possibilità di varare un progetto di difesa che superi le resistenze di tutti i 27 paesi dell’Unione, i quali esercitano su molti temi importanti il paralizzante potere di veto. 1 Spesa totale aggregata convertita in euro. N L’INTERVENTO di Francesco R. Averna DIFESA COMUNE Accelerare sulla strada dei volenterosi
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15 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 L’unica strada che rimane, se si intendono ottenere risultati concreti in tempi relativamente brevi (7/10 anni), è quella che i paesi leader dell’Europa comincino a lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo storico. È la strada che hanno iniziato da alcuni mesi Francia, Germania, Polonia e Regno Unito – Paese che su questo tema strategico ha deciso saggiamente di unirsi ai paesi Ue – e che è stata chiamata “dei volenterosi”. È fortemente auspicabile che questo gruppo possa essere integrato a breve da altri paesi dell’Unione e in particolare dall’Italia. Se nei prossimi anni riuscissero ad ottenere risultati significativi, la forza di attrazione nei confronti degli altri paesi europei sarebbe inarrestabile, come del resto è già avvenuto sul progetto dell’euro. Quali questioni dovrebbero essere affrontate in via prioritaria? • Promuovere ovvero acquisire sistemi comuni di armamento (droni, caccia, difesa antimissilistica, etc.), incentivando la produzione da parte delle aziende europee; • iniziare l’adozione di standard comuni per gli equipaggiamenti, le procedure e la formazione del personale; • scegliere tecnologie comuni riguardo alla cybersicurezza, all’Intelligenza artificiale, all’intelligence antiterroristica, ai sistemi satellitari; • programmare la realizzazione di un comando operativo comune, che in caso di gravi minacce esterne possa intervenire in maniera rapida ed efficace. È ovvio che queste operazioni vadano realizzate in stretto coordinamento con la Nato, poiché qualunque tipologia di difesa europea non potrà mai prescindere dalla alleanza indissolubile con gli Stati Uniti e gli altri paesi occidentali. In conclusione: realizzare un sistema integrato di difesa europeo è un processo assai complesso e difficile. Occorrerà superare antiche diffidenze, orgogli nazionalistici, e impegnarsi su progetti di lungo respiro. Saranno necessarie una forte e duratura volontà politica e una notevole duttilità per farsi reciprocamente concessioni anche impopolari. Tuttavia, è indubbio che se l’Europa riuscisse a realizzare una forte difesa comune conquisterebbe un peso geopolitico incomparabilmente maggiore rispetto all’attuale, spingerebbe decisamente verso il sogno degli Stati Uniti d’Europa e con la sua storia millenaria e la sua straordinaria cultura darebbe un contributo decisivo al progresso e alla pace del mondo. L’INTERVENTO
Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE 16 L’EUROPA CHE VOGLIAMO Le proposte dei Cavalieri del Lavoro CONVEGNO NAZIONALE Platea, Convegno Nazionale dei Cavalieri del Lavoro: “L'Europa che vogliamo”, Venezia, Fondazione Cini, Salone degli arazzi
17 CONVEGNO NAZIONALE Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 Innovazione, governance, capitale umano, difesa comune, rilancio della competitività industriale: attorno a queste sfide si è articolato il Convegno nazionale “L’Europa che vogliamo”, organizzato dal Gruppo Triveneto a Venezia lo scorso 7 giugno. Tre le direttrici emerse: superare l’unanimità, promuovere investimenti comuni per nuove politiche industriali e valorizzare la formazione. A seguire la sintesi dei lavori e le voci dei protagonisti
18 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE Europa, anche se ancora incompiuta, è già un miracolo della storia: 27 nazioni sovrane che scelgono ogni giorno di condividere valori, regole e responsabilità, per fare il bene comune, dando vita a uno straordinario spazio di opportunità e di futuro. L’anno prossimo gli Usa compiranno 250 anni dalla dichiarazione di indipendenza, firmata inizialmente nel 1776 da 13 Stati. Occorre ora fare un secondo miracolo: fare in modo che nel 2026 inizi il primo anno degli Stati Uniti d’Europa!”. Così il Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Maurizio Sella in chiusura del Convegno nazionale della Federazione tenuto sabato 7 giugno 2025 a Venezia. Dal Convegno, cui hanno partecipato circa 160 Cavalieri del Lavoro, espressione dell’eccellenza del mondo imprenditoriale italiano, è emersa la necessità di rilanciare la leadership europea su scala globale puntando su innovazione, capitale umano e forti politiche industriali comunitarie. Mattarella: “L’Unione europea è fattore di stabilità e pace” Centrati sul tema “L’Europa che vogliamo”, i lavori sono stati aperti dal messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha sottolineato come “Il contesto internazionale, i conflitti aperti, l’appannamento delle convenzioni e delle attività internazionali basate su principi di cooperazione, rendono più che mai prezioso il ruolo della Unione europea, fattore di stabilità, progresso e pace”. Superare l’unanimità nel processo decisionale, rafforzare l’emissione di debito comune e avviare una profonda semplificazione normativa a favore della competitività. Zobele: “Serve concretezza e una nuova governance comune” “Concretezza e rilancio della competitività – ha spiegato Enrico Zobele, presidente del Gruppo Triveneto dei Consegna del "testimone" tra i Cavalieri del Lavoro Enrico Zobele, presidente del Gruppo Triveneto, e Cesare Puccioni, presidente del Gruppo Toscano, organizzatore del prossimo Convegno nazionale in programma a Firenze il 21 marzo 2026. Al centro il Presidente Maurizio Sella “L’ UN NUOVO INIZIO Dal Convegno nazionale tenuto il 7 giugno a Venezia, cui hanno partecipato circa 160 Cavalieri del Lavoro, è emersa la necessità di rilanciare la leadership europea su scala globale puntando su innovazione, capitale umano e forti politiche industriali comunitarie
19 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE dere le nostre industrie di base. La parola d’ordine deve essere sburocratizzare. Servono ingenti investimenti anche per la transizione digitale, l’innovazione tecnologica e l’intelligenza artificiale”. I lavori si sono articolati in tre sessioni tematiche, che hanno affrontato i nodi centrali del rilancio del progetto europeo sotto il profilo economico, industriale e istituzionale. Competitività, governance, industria: le tre sessioni La prima sessione del Convegno, organizzato con la partnership scientifica dello Iai – Istituto Affari Internazionali, dedicata al tema “L’Unione europea potenza ecoCavalieri del Lavoro, organizzatore del Convegno – devono essere i cardini del nuovo corso europeo. Nei suoi primi 70 anni l’Europa ha conseguito successi enormi, ora l’obiettivo non può che essere un governo comune, che porti avanti temi e politiche necessari. Occorre pensare a una unione energetica, a una armonia fiscale e a un mercato degli investimenti capace di favorire scelte strategiche e tecnologiche più rilevanti”. Metsola: “Parlamento Ue al fianco delle imprese” “Il Parlamento europeo – ha detto in video messaggio Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo – è al fianco delle imprese nelle sfide della contemporaneità: a partire dalla congiuntura geopolitica, ma pure nella semplificazione e nella realizzazione di politiche industriali che mettano al centro l’innovazione, la sostenibilità e la dignità del lavoro Tajani: “Una politica industriale comune per non perdere le basi produttive” Ad arricchire i lavori anche il messaggio di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. “Serve una vera politica industriale comune – ha sottolineato Antonio Tajani – che favorisca la crescita delle imprese dando risposte ai problemi dei prezzi energetici, delle materie prime, delle competenze, del credito. Non possiamo perUn momento dei lavori del Convegno tenuto presso il Salone degli arazzi, Fondazione Cini, Venezia, lo scorso 7 giugno Il Parlamento europeo – ha detto in video messaggio Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo – è al fianco delle imprese nelle sfide della contemporaneità, a partire dalla congiuntura geopolitica
21 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE nomica globale fra innovazione e investimenti comuni”, ha visto gli interventi dei Cavalieri del Lavoro Antonio Patuelli (presidente ABI), Ugo Salerno (presidente esecutivo Rina) e gli esperti Marco Buti (Istituto Universitario Europeo), Veronica De Romanis (Luiss Guido Carli e Stanford University), Paola Subacchi (Sciences Po). Il dibattito ha messo in luce le sfide poste dalla crescente competizione globale e la necessità di investimenti comuni e strategie industriali condivise, capaci di rendere l’Unione più autonoma, innovativa e resiliente. La seconda sessione, intitolata “Verso una nuova politica industriale europea: le sfide dell’impresa”, si è concentrata sulle trasformazioni del sistema produttivo europeo. Hanno preso la parola i Cavalieri del Lavoro Lucia Aleotti (Pharmafin – Menarini Group Holding), Marco Bonometti (Omr Automotive), Laura Colnaghi Calissoni (Gruppo Carvico), e Bruno Veronesi (AIA) e l’esperto Daniel Gros (Università Bocconi). La terza sessione, “Nuove istituzioni per governare la competitività”, ha infine affrontato il tema della riforma delle istituzioni europee, anche alla luce dell’allargamento dell’Unione e della crescente complessità del contesto geopolitico. Sono intervenuti i Cavalieri del Lavoro Franco Bernabè (Università di Trento e Techvisory), Antonio D’Amato (Seda Group), Michl Ebner (Gruppo Athesia) e gli esperti Nicoletta Pirozzi (Iai) e Rosa Balfour (Carnegie Europe) e. Il dibattito ha evidenziato l’urgenza di superare il principio dell’unanimità nelle decisioni chiave, rafforzare il metodo comunitario e dotare l’UE di strumenti più efficaci per governare la competitività. Il Convegno si è svolto in un luogo altamente simbolico: l’Isola di San Giorgio Maggiore, sede della Fondazione Cini, che il Cavaliere del Lavoro Gianfelice Rocca nei saluti iniziali ha definito “un’isola del lavoro e della cultura”. “Qui – ha ricordato – siamo in un’isola benedettina e San Benedetto è stato nominato il santo europeo perché la riunione degli abati Benedettini è stato il primo Parlamento Europeo. Oltretutto è il santo del lavoro, ora et labora, e quindi non è un caso che nel ‘59 i Cavalieri del Lavoro si siano riuniti qui, in questo posto. Per noi quindi la Fondazione Cini non è solo questione di gestire un’isola meravigliosa, ma di capire un’isola del lavoro e un’isola dell’Europa”. Ed è proprio dal dialogo tra memoria e visione che si è alimentato il senso profondo della giornata, come hanno ricordato i passaggi letti da Luigi Einaudi sul superamento dello Stato sovrano in nome di una vera federazione europea. (C.F.) Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo
22 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE nostri lavori si sono aperti con il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che con la consueta autorevolezza ci ha offerto una guida morale e istituzionale preziosa, sottolineando come “l’appannamento delle convenzioni internazionali basate su principi di cooperazione, rendono più che mai prezioso il ruolo della Unione europea, fattore di stabilità, progresso e pace”. Inizio col dire: per l’Italia non c’è futuro favorevole senza l’Europa! Specie di un’Europa protagonista e non spettatrice della storia, autorevole sul piano politico, efficace dal punto di vista istituzionale e capace di crescere e competere come area economica ampia, integrata e meno frammentata. UNA NUOVA UNITÀ Faccio un paragone. L’Italia prima dell’Unità, nel 1860-1870, con regole e prassi differenti, era una selva di diversità, con tanti piccoli Stati divisi, con diversi dialetti, spesso influenzati da potenze straniere. L’Unità ci ha consentito di avere evoluzioni civili, sociali e istituzionali e di avviare lo sviluppo che ci ha portato a essere tra i grandi Paesi del mondo. Oggi l’Europa si trova di fronte a una sfida analoga, ma su scala mondiale. In uno scenario complesso e in un contesto dominato da concentrazioni sempre più vaste di potere economico, militare e tecnologico; la dimensione è decisiva. L’Unione fa la forza è il caso di dire! E la forza dell’Europa è di essere un punto fermo e un modello democratico unico, che lega il successo economico allo Stato di diritto e al progresso sociale. Ma l’Europa non potrà mai contare davvero per quello che vale se ogni Nazione resta condizionata dalla persistenza dei suoi confini nazionali. Vorrei esprimere in modo ottimistico tre proposte, che potranno apparire a taluno molto ambiziose, perfino irrealizzabili, ma è solo pensando in grande che si potrà dare concretezza all’Europa che vogliamo. SUPERARE L’UNANIMITÀ La prima riguarda il processo decisionale europeo: va definitivamente superata la regola dell’unanimità nelle decisioni importanti del Consiglio, snodo nevralgico delle decisioni politiche europee, perché questa regola attribuisce un grande potere di veto ai singoli Paesi, anche molto piccoli, e rischia di provocare la paralisi politica nel momento in cui ci fossero da prendere decisioni importanti e urgenti. Questa riforma consentirebbe un cambio di passo nelle decisioni dell’Unione europea. Quindi, o si cambiano i trattati per ridurre i tanti ambiti sui quali occorre l’unanimità, ad es. su argomenti-chiave come la politica estera e la difesa, oppure si attivano le cosiddette “clausole passerella” che consentono appunto di ricorrere alla maggioranza rafforzata (55% dei Paesi, 65% della popolazione). I di Maurizio SELLA Maurizio Sella Verso gli STATI UNITI D’EUROPA
23 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE A mio parere se si volesse procedere a rivedere i trattati, si potrebbe anche considerare di sostituire l’unanimità in quasi tutti gli ambiti in cui è prevista con una maggioranza qualificata rafforzata (72% dei paesi, 20 su 27, e 65% della popolazione) che potrebbe preservare la fondamentale democraticità dell’area, migliorando la fluidità del processo permettendo decisioni più rapide. AUMENTARE IL DEBITO COMUNE Il secondo suggerimento è di aumentare il debito comune europeo. È una strada obbligata per l’Europa ed è necessario percorrerla perché dobbiamo affrontare investimenti enormi per avere più indipendenza strategica ed energetica, maggiore produttività e gestire il cambiamento climatico. Debito comune significa superare la diffidenza reciproca tra gli Stati e se questo accade la fiducia interna attirerebbe anche la fiducia degli investitori esterni all’Europa. Se siamo noi europei i primi a non crederci, come possiamo pretendere che lo facciano gli altri? Gli Usa hanno emissioni per quasi 29 Trn $ (1 trilione vale mille miliardi) e sta forse diventando un debito eccessivo. L’Europa non deve arrivare a tanto. Dopo l’esperimento del NextGenEU il debito comune era salito a 300 mld, ora potremmo aggiungere altri 150 mld con il “ReArm EU”, ma sarebbe stato più corretto chiamarle DefendEU, quindi resteremo intorno al mezzo Trn di euro. Il peso dell’economia europea sul Pil mondiale è comparabile con quello Usa ma il debito comune sembra essere appena un sessantesimo! In altre parole, il debito federale, statale e locale in Usa è il 124% del Pil, in Europa la somma dei debiti comparabili è solo l’82% del Pil, su cui il debito comune incide per appena il 2%. Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta nelle sue considerazioni finali la settimana scorsa ha insistito su questo punto, ritenendo “cruciale introdurre un titolo pubblico europeo per eliminare alla radice la frammentazione del mercato dei capitali lungo linee nazionali”. Questa innovazione, come ha detto il governatore, ha un duplice obiettivo: finanziare la componente pubblica degli investimenti e fornire come Europa un riferimento comune, solido e credibile all’intero sistema finanziario. Abbiamo avuto il coraggio di fare l’euro, che è stato un grande successo, ma non ancora quello di accompagnarlo con un’unione fiscale e finanziaria vera: è tempo di superare questa contraddizione. SEMPLIFICARE PER CRESCERE La terza proposta è la semplificazione, indispensabile per preservare l’essenziale vitalità dell’imprenditoria europea, garantendo biodiversità economica, capacità di innovazione e prospettive di crescita futura, che rischiano Foto titonz © 123RF.com La forza dell’Europa è di essere un punto fermo e un modello democratico unico, che lega il successo economico allo Stato di diritto e al progresso sociale
24 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE altrimenti di essere soffocate da un insostenibile ed eccessivo gravame di regole. La Commissione europea ha già proposto l’obiettivo di ridurre i costi amministrativi delle imprese del 25% (35% per le imprese al di sotto dei 250 dipendenti) attraverso la semplificazione normativa mediante decreti omnibus. È la strada giusta! È l’inizio! Queste tre proposte vanno lette alla luce di uno scenario globale che ci sta mettendo di fronte a forti discontinuità, complessità e tensioni. Ma anche grandi opportunità. LA LEZIONE DI REAGAN SUI DAZI La rielezione di Trump alla guida degli Usa ha aperto una fase nuova, caratterizzata da un approccio che mira a ottenere massima risonanza, anche ricorrendo all’iperbole, all’esagerazione, come abbiamo visto con i dazi. Nell’ondata di dazi decisa da Trump durante il suo primo mandato – molto più contenuta di quella oggi in discussione – si è visto che gli incrementi si sono scaricati tendenzialmente su imprese e consumatori americani. Per me i dazi sono delle imposte sul consumo di alcuni beni, quelli importati. Vorrebbero ridurre deficit commerciale, deficit di bilancio e debito, ma danno benefici marginali nel breve e sicuri effetti negativi importanti nel lungo termine. Vi cito a tal proposito cosa diceva Ronald Regan nel 1987 per spiegare i dazi sulle importazioni dal Giappone. “Imponiamo dazi sulle importazioni estere, può sembrare un atto patriottico, per proteggere i prodotti e i posti di lavoro americani. E a volte, per un breve periodo, funziona, ma solo per poco. Quello che accade alla fine è che le industrie nazionali iniziano a contare sulla protezione del governo sotto forma di dazi elevati. Smettono di competere, e smettono di innovare nella gestione e nella tecnologia, che sono invece essenziali per avere successo nei mercati globali. E mentre tutto questo accade, succede qualcosa di ancora peggiore: i dazi elevati portano inevitabilmente a ritorsioni da parte degli altri Paesi e all’innesco di dure guerre commerciali. Il risultato è un’escalation di dazi, barriere sempre più alte, e concorrenza sempre più scarsa. Alla fine, a causa dei prezzi artificialmente elevati, che sovvenzionano l’inefficienza e la cattiva gestione, la gente smette di comprare. E allora succede il peggio: i mercati si restringono e crollano; le aziende e le industrie chiudono; e milioni di persone perdono il lavoro”. Sembra passato un secolo! MOMENTO RICCO DI OPPORTUNITÀ Il dollaro si è indebolito e i tassi a lungo termine americani sono due punti percentuali al di sopra di quelli tedeschi. Nel frattempo, è arrivato il downgrade di Moody’s al debito sovrano degli Stati Uniti da tripla A a Aa1. Torniamo all’Europa. Siamo soliti dire che l’Ue dà il meglio di sé nei momenti peggiori. Del resto, uno dei padri fondatori, Jean Monnet, aveva detto che “l’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per queste crisi”. Quello che stiamo vivendo è un momento delicato ma anche ricco di opportunità, proprio per il vuoto lasciato dagli Usa. Ma bisogna agire adesso, altrimenti potrebbe essere tardi, e ne può andare del nostro benessere, della nostra indipendenza e di ciò che lasceremo alle generazioni future. AFFRONTIAMO UNA “SFIDA ESISTENZIALE” Lo ha detto con autorevolezza il Presidente Mattarella con il suo “nessun dorma” e l’invito a lavorare insieme per un’Europa più competitiva, tecnologicamente avanzata e più sicura. Lo ha detto Mario Draghi col suo acutissimo Rapporto sulla competitività futura dell’Europa, sostenendo che “aumentare la competitività dell’UE è necessario per rilanciare la produttività e sostenere la crescita in questo mondo in continua evoluzione”. E ha aggiunto: “Questa è una sfida esistenziale”. È sotto gli occhi di tutti, del resto, il rammarico e il ripensamento degli inglesi per la Brexit. I paesi europei, del resto, citando ancora una volta il Presidente Mattarella, “si dividono in due categorie: quelli piccoli e quelli che non hanno ancora compreso di esserlo anch’essi”. Tassi bassi, inflazione sotto controllo, una valuta forte: l’euro, una più ampia libertà di circolazione dei cittadini … sono già stati dei benefici enormi per tutti noi, vantaggi di cui godiamo nonostante il disegno europeo non sia ancora completato. Credo perciò che si possa dire senza ombra di dubbio che l’Europa ha rappresentato la più grande riforma istituzionale dei nostri tempi. LEZIONI DALLA GENERAZIONE ERASMUS Uno spunto interessante e una nota di ragionevole speAbbiamo avuto il coraggio di fare l’euro, che è stato un grande successo, ma non ancora quello di accompagnarlo con un’unione fiscale e finanziaria vera: è tempo di superare questa contraddizione
25 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE ranza sull’Europa che vogliamo ce lo offrono i nostri giovani. Penso agli allievi del Collegio Universitario di Merito Lamaro Pozzani, impegnati nella elaborazione di un “paper” a valle del ciclo di seminari sull’Europa. L’Ue – scrivono – prima ancora che struttura istituzionale o mercato, è un’esperienza vissuta, quotidiana, comunitaria. L’Erasmus – affermano – è stato un potente motore di integrazione, ma oggi non basta più. È da questi giovani che ci giunge un messaggio di responsabilità: costruire l’Europa che vogliamo significa anche educare insieme, secondo sistemi coerenti e ispirati su valori condivisi, la generazione che dovrà guidarla. Per seguirne l’esempio occorre spingerci verso un imprescindibile e non più procrastinabile cambiamento culturale. Chi di noi nel presentarsi, magari ad un americano, dice I’m European? Questo dovrebbe diventare il nostro motto. Quanti di noi sanno che il 9 maggio si celebra la Giornata dell’Europa? ADESSO UN SECONDO MIRACOLO Ed è per questo che, facendo leva sulle meravigliose intelligenze imprenditoriali qui riunite, credo di poter dire che avete avuto e avete la responsabilità di una partecipazione attiva nel campo dell’economia ma anche la responsabilità di una partecipazione attiva per quel che compete alla nostra responsabilità e al nostro ruolo sociale: spingiamo perché l’Europa agisca ora e sosteniamo il completamento del progetto comune, senza paura dei cambiamenti che dovremo affrontare. Il mondo dei Cavalieri del Lavoro riflette l’eccellenza del mondo produttivo. Grazie a una spiccata capacità di visione, molti di noi sono stati e sono protagonisti di cambiamento non solo nel mondo economico ma anche sociale e culturale. Con tutto ciò abbiamo sostenuto l’Italia nei momenti più difficili, credendo nel valore delle persone, nella responsabilità sociale. Oggi, siamo chiamati a una sfida altrettanto storica: completare la costruzione dell’Europa. Un’Europa delle imprese e dei talenti. L’Europa, anche se ancora incompiuta, è già un miracolo della storia: 27 nazioni sovrane che scelgono ogni giorno di condividere valori, regole e responsabilità, per fare il bene comune, dando vita a uno straordinario spazio di opportunità e di futuro. L’anno prossimo gli Usa compiranno 250 anni dalla dichiarazione di indipendenza, firmata inizialmente nel 1776 da 13 Stati. Occorre ora fare un secondo miracolo: fare in modo che nel 2026 inizi il primo anno degli Stati Uniti d’Europa! W l’Europa. l contesto internazionale, i conflitti aperti, l’appannamento delle convenzioni e delle attività internazionali basate su principi di cooperazione, rendono più che mai prezioso il ruolo della Unione europea, fattore di stabilità, progresso e pace. Il Convegno organizzato dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro appare dunque di particolare attualità, legando il futuro dell’Europa al ruolo delle società civili che la vivificano. “L’Europa che vogliamo” è l’interrogativo al centro del dibattito, con la funzione che l’economia europea può svolgere, a seguito della positiva esperienza del programma Next Generation EU, per investimenti comuni diretti alla innovazione e alla crescita di competitività del continente. Con consapevolezza, l’incontro vuole mettere a fuoco le questioni della governance dell’Unione, gravata dalla frammentazione di interessi nazionali che appesantiscono i processi decisionali delle istituzioni comunitarie delle quali, al contrario, si auspica il rafforzamento di competenze per renderle in grado di far esercitare all’Europa un ruolo nella vicenda internazionale, inclusi temi rilevanti come la politica estera e di difesa. Nell’esprimere apprezzamento per l’iniziativa e per il contributo di riflessione che ne deriverà, rivolgo a tutti i presenti un cordiale saluto. Il messaggio del Presidente della Repubblica MATTARELLA: UNIONE FATTORE DI STABILITÀ E PACE I
26 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE di Enrico ZOBELE DIAMO COMPIUTEZZA al progetto comune uando abbiamo iniziato a riflettere sul tema di questo Convegno, circa un anno e mezzo fa, eravamo certamente convinti della sua rilevanza. Tuttavia, credo che nessuno avrebbe potuto prevedere l’evoluzione politica ed economica che avrebbe investito l’Europa e il mondo intero nei mesi successivi, in particolare negli ultimi sei, segnati da continui e drammatici cambiamenti. L’Europa è una straordinaria idea nata dai nostri padri fondatori negli anni Cinquanta. È un’istituzione che ha generato risultati importanti: politiche comuni in ambito economico, agricolo, commerciale e tariffario, ma anche conquiste storiche come il mercato unico, l’euro, la libertà di circolazione, le frontiere aperte. Iniziative che hanno inciso profondamente sulla nostra vita quotidiana, migliorandola in modo significativo. Questa è l’Europa che vorremmo avere sempre davanti a noi. Eppure, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo assistito a una crescente percezione della sua assenza. In un contesto internazionale sempre più turbolento – con un’America oscillante tra isolazionismo ed espansionismo, una Russia aggressiva, una Cina in espansione nelle nostre economie con pratiche di dumping e strategie mirate all’accesso alle materie prime africane, con i Brics sempre più forti e un’India in rapidissima crescita – l’Europa fatica a farsi sentire. Brilla, purtroppo, per il suo silenzio. Mancano interventi chiari e autorevoli sia sul piano economico sia su quello politico. L’Unione appare divisa, segnata da un crescente individualismo dei singoli Stati o da iniziative frammentate di piccoli gruppi di Paesi “volenterosi”, che difficilmente riescono a produrre un’azione unitaria e coerente. Sappiamo che l’Europa resta un attore incompleto. Nonostante i grandi passi compiuti, permangono ambiti decisivi ancora irrisolti. Pensiamo al Mercato Unico dei Capitali, o all’Unione del risparmio, strumenti fondamentali per raccogliere risorse da destinare a progetti strategiEnrico Zobele Q L’Unione appare segnata da un crescente individualismo dei singoli Stati o da iniziative frammentate di piccoli gruppi di paesi “volenterosi”, che difficilmente riescono a produrre un’azione unitaria
27 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE ci che, troppo spesso, oggi trovano realizzazione fuori dall’Europa, negli Stati Uniti o in Asia. Persistono profonde disarmonie fiscali, non abbiamo un’Unione energetica, mancano vere politiche industriali. L’Unione si distingue invece per un’iper-regolamentazione che, pur ispirata al principio dell’eguaglianza, finisce per ostacolare la competitività. Eppure, siamo chiamati ad affrontare una triplice sfida – tecnologica, digitale ed ecologica – come sottolineato da figure autorevoli come Mario Draghi ed Enrico Letta, oltre che da numerosi osservatori internazionali. Su queste sfide, l’Europa sembra spesso muoversi in modo ideologico e dogmatico, come nel caso della transizione nel settore automotive. Decisioni affrettate e rigide hanno finito per mettere a rischio il vantaggio competitivo dell’industria europea, a tutto vantaggio della concorrenza cinese o, al massimo, americana. Dobbiamo adottare politiche forti, capaci di restituire all’Europa una posizione paritaria nel confronto globale. Oggi siamo un vaso di coccio, sotto pressione da tutte le direzioni. L’Europa è ancora un progetto incompiuto. Manca – pur essendo prevista dai trattati – una politica comune di difesa. L’ultima proposta in tal senso, presentata con lo slogan infelice “Riarmiamo l’Europa”, ha finito per svilire un tema cruciale. Allo stesso modo, non esiste una vera politica estera comune: prevalgono ancora oggi posizioni divergenti, se non apertamente contrapposte, tra gli Stati membri. Il nodo principale resta la governance. L’Unione è ancora imprigionata nel meccanismo dell’unanimità e del diritto di veto, due macigni che rallentano, se non bloccano, il processo decisionale e impediscono l’affermazione di una leadership politica comune. Le soluzioni non sono semplici. Una delle poche percorribili potrebbe essere quella di un’integrazione differenziata, di un’Unione a più velocità, o per cerchi concentrici, come già avvenuto per l’euro e per l’area Schengen. Serve uno sforzo collettivo. Tutti devono fare la propria parte. L’Europa che vogliamo è un’Europa efficiente, trasparente e democratica. Un’Europa, per riprendere le parole di Alcide De Gasperi, “visibile, solida e viva”. Le soluzioni all’unanimità non sono semplici. Una delle poche percorribili potrebbe essere quella di un’integrazione differenziata, di un’Unione a più velocità ltra via d’uscita non v’è, fuor di quella di mettere accanto agli stati attuali un altro stato. Il quale abbia compiti suoi propri ed abbia un popolo “suo”. Invece di una società di stati sovrani, dobbiamo mirare all’ideale di una vera federazione di popoli, costituita come gli Stati Uniti d’America o la Confederazione elvetica. Gli organi supremi, parlamento e governo, della confederazione non possono essere scelti dai singoli stati sovrani ma debbono essere eletti dai cittadini della confederazione. Esercito unico e confine doganale unico sono le caratteristiche fondamentali del sistema. Gli stati restano sovrani per tutte le materie che non siano delegate espressamente alla federazione; ma questa sola dispone delle forze armate, ed entro i suoi confini vi è una cittadinanza unica ed il commercio è pienamente libero. Nel corso del Convegno È stato letto il seguente testo di Luigi Einaudi, tratto da “Il mito dello Stato sovrano”, pubblicato sulla rivista Risorgimento liberale, 3 dicembre 1945 IL MITO DELLO STATO SOVRANO A
28 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE PRIMA TAVOLA ROTONDA MULTILATERALISMO ED EUROBOND per la competitività europea lla prima tavola rotonda del Convegno dal titolo “L’Ue potenza economica globale fra innovazione e investimenti comuni” hanno partecipato Marco Buti, titolare della cattedra Tommaso Padoa Schioppa dell’Istituto Universitario Europeo; Veronica De Romanis, docente di Economia europea alla Luiss Guido Carli e alla Stanford University; Antonio Patuelli, presidente dell’Abi e Cavaliere del Lavoro; Ugo Salerno, presidente esecutivo di Rina e Cavaliere del Lavoro; Paola Subacchi, titolare della cattedra di Debito sovrano e finanza a Sciences Po. A Relatori della prima sessione. Da sinistra: Marco Buti, Veronica De Romanis, Tonia Cartolano, Antonio Patuelli, Ugo Salerno e Paola Subacchi L’Ue mira a competere globalmente con Usa e Cina puntando su innovazione digitale, ricerca e competitività. Quali le riforme prioritarie da attuare?
29 Civiltà del Lavoro | giugno • luglio 2025 CONVEGNO NAZIONALE somma zero non esistono. O si entra in una dinamica positiva in cui guadagniamo tutti da relazioni internazionali costruttive o entreremo in una spirale di giochi a somma negativa. Quindi dobbiamo ricostruire il multilateralismo dal basso. L’Europa ha cominciato a farlo: Mercosur, Svizzera, Messico, abbiamo adesso un calendario per l’India. L’85% del commercio è senza gli Stati Uniti, quindi, se gli Stati Uniti si tirano fuori, bisogna organizzare l’85% che resta e l’Europa è l’unica che può farlo. Ultimo scenario: dobbiamo renderci conto che abbiamo un business model europeo che non è sostenibile nel medio-lungo termine. Ci stiamo allontanando dalla frontiera tecnologica, abbiamo una crescita che dipende troppo dalla domanda esterna e non possiamo sottrarre domanda all’economia mondiale ogni anno attraverso surplus persistenti della nostra bilancia delle partite correnti. Cambiare il business model significa, in primo luogo, Europa della difesa. Non capisco le esitazioni che abbiamo a procedere chiaramente nella direzione indicata: mercato unico, Unione dei mercati e dei capitali, quindi risparmio e investimenti, Agenda Draghi e Letta. E poi il 16 luglio la Commissione presenterà le proposte per il nuovo bilancio pluriennale e questo sarà il momento della verità. Vogliamo restare con un bilancio dell’1% del Pil, che corrisponde sostanzialmente al bilancio della Danimarca, oppure guardiamo la realtà in faccia e diciamo che, in termini di flessibilità, taglia e composizione, il bilancio europeo attuale non è adeguato? DE ROMANIS: “Gli Eurobond richiedono responsabilità” Vorrei partire dal titolo, “L’Europa che vogliamo”. Comincerei a dire “L’Europa che raccontiamo”, anzi “L’Europa che ci raccontiamo” perché il vero problema è un racconto, a mio avviso, completamente sganciato dalla realtà. L’Europa è sempre colpevole. Quando succede qualcosa, è l’Europa che ci impone o è l’’Europa che ci chiede. Ma l’Europa non è un’entità astratta esogena, che scende dal cielo, ma è la somma delle scelte nostre e di chi noi abbiamo mandato in Europa. Quindi è fondamentale scegliere bene. Siamo in una fase di grande complessità e noi, invece, facciamo un racconto molto semplicistico: l’Europa sì, ma non così, che non vuol dire nulla. Io invece sono ottimista: penso che l’Europa abbia fatto tantissimi passi avanti, il primo gennaio 2026, la Bulgaria entrerà nell’aBUTI: “Ricostruire il multilateralismo” Per chi ha studiato statistica, l’Europa fa errori di tipo due e gli Stati Uniti fanno errori di tipo uno. Che cosa significa? Significa che gli Usa fanno, e lo vediamo in questi giorni, cose che non dovrebbero fare, mentre l’Europa non fa cose che dovrebbe fare. Significa che abbiamo davanti una prateria di opportunità in questo momento, ma difficilmente riusciamo a sfruttarle come potremmo. Se chiudiamo la porta e stiamo fino alla fine della mattina come faremo? Penso che troveremo alla fine un accordo generale su che cosa fare. Le prime cose sono quelle da non fare. Ho vissuto a Bruxelles per oltre tre decenni, quindi so che in Europa tendiamo a costruire le nostre strategie sulla base di scenari favorevoli. Questa è una cosa che non si deve fare adesso. Magari Trump perde le elezioni di medio termine o magari tra quattro anni c’è un altro presidente più amichevole nei nostri confronti. Non sono questi gli scenari su cui basare la nostra strategia. La seconda cosa è non fare concessioni sulla sostanza sulla base di concessioni sulla procedura. Tre dimensioni sulle cose da fare. La prima è la risposta a Trump. Su questo bisogna essere molto chiari. La presidente Ursula von der Leyen ha detto che negoziamo in buona fede, però bisogna essere pronti anche all’evenienza di un fallimento delle trattative. La seconda dimensione è che nel nostro Dna abbiamo il multilateralismo, l’apertura. Siamo un continente che naturalmente conta su giochi a somma positiva, mentre Trump ha un’idea di giochi a somma zero. Una cosa che ho imparato in questi anni è che giochi a Nel nostro Dna abbiamo il multilateralismo, l’apertura. Siamo un continente che naturalmente conta su giochi a somma positiva, mentre Trump ha un’idea di giochi a somma zero
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