47 FOCUS Civiltà del Lavoro | aprile • maggio 2025 al 40%, e che recentemente è stato recepito dall’Europa con la direttiva “Women on boards”, approvata dopo dieci anni di accese discussioni. Al di là dei numeri, la legge sulle quote ha avuto l’innegabile merito di risvegliare non solo il dibattito sulle pari opportunità e di introdurre il tema delle quote – e quindi di un meccanismo che forzi un sistema inceppato che non riconosce i talenti femminili – in tutti i settori: dalla politica alle professioni, le quote si sono affermate come uno strumento fondamentale per accelerare un cambiamento necessario. Altre e importanti iniziative legislative sono seguite, sia a livello nazionale sia comunitario. Penso alle ultime in ordine di tempo, dalla direttiva sulla trasparenza retributiva che entrerà in vigore nel 2026, alla norma che rende il femminicidio reato penale autonomo in quanto “atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna”. Accanto alle leggi, negli anni si sono moltiplicate le azioni positive, gli incentivi, i bonus diretti alle donne e alle aziende – si pensi al successo della certificazione per la parità di genere, quasi 7mila aziende certificate a fronte di un obiettivo iniziale di 800 aziende entro il 2026 – con lo scopo di sanare un disequilibrio che nei fatti resta marcato. Insomma, c’è ancora molto da fare, ma la strada intrapresa è quella giusta. Quali nuovi obiettivi ritiene raggiungibili nel prossimo futuro? L’obiettivo prioritario è ridurre il gap – attualmente di 18 punti – tra occupazione maschile e femminile, che oltretutto avrebbe il risultato di un aumento di 12 punti di Pil. E per far questo bisogna intervenire su welfare, infrastrutture sociali, orari e tempi scolastici, gap salariale. Oggi, una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio, e una su due dopo il secondo. Il 49% di quelle che restano al lavoro è costretta a ripiegare in un impiego part time, gli uomini sono il 26%. Aggiungiamo il divario retributivo che arriva al 20% e arriviamo a pensioni femminili più basse del 37% come segnala l’Inps. Lavoro e maternità non devono più essere alternative, ma serenamente conciliabili. L’inverno demografico si sta trasformando in “inferno” e se non saremo capaci di invertire il trend sarà l’intero sistema Paese a collassare. E poi confido che si facciano passi avanti anche sul fronte della leadership femminile. L’azione della Fondazione Bellisario e sua personale è stata molto importante per tenere alta la bandiera della parità. Quali obbiettivi avete raggiunto e su quali state attualmente lavorando? La legge sulle quote è certamente il traguardo di cui sono più fiera, ma in questi 37 anni la Fondazione Marisa Bellisario ha avuto il merito di accendere i riflettori sulle pari opportunità in ogni ambito. Siamo un network che raccoglie le migliori energie femminili del Paese, un laboratorio di idee e proposte che abbiamo sempre messo a disposizione delle istituzioni. Per esempio, ben 24 anni fa abbiamo lanciato il format “Donna Economia & Potere”, il nostro evento annuale che raccoglie oltre 400 tra imprenditrici, manager, esperte: immagini che cosa significasse accostare i termini Donne e Potere, allora. Lo stesso abbiamo fatto dedicando un premio alle neo- laureate in ingegneria già 37 anni fa, quando di Stem nessuno parlava e cinque anni fa abbiamo istituito un contest dedicato alle startup femminili. I nostri traguardi sono quelli raggiunti dalle donne italiane negli ultimi decenni perché abbiamo contribuito a ognuno di essi, con impegno e determinazione. E la più grande soddisfazione è stata celebrare i nostri “primi” 35 anni di vita alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È bassa anche la partecipazione femminile alle facoltà tecnico-scientifiche, in un mondo sempre più digitalizzato: questa non rischia di diventare una nuova forma di discriminazione? E come ovviarvi? La bassa percentuale di ragazze laureate in materie Stem, appena il 16,8%, e di professioniste che lavorano nel digitale rischia non solo di perpetrare, ma di allargare la forbice e l’esclusione delle donne dal mercato del lavoro e dalle professioni a più alto valore aggiunto. Basti pensare che chi si laurea in discipline Stem raggiunge un tasso di occupazione che arriva quasi al 90% e la transizione Chi si laurea in discipline Stem raggiunge un tasso di occupazione che arriva quasi al 90% e la transizione ecologica e digitale daranno un’ulteriore spinta in questa direzione. Senza contare che la scienza è una forma di potere e oggi è saldamente in mano maschile
RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=