Civiltà del Lavoro, n. 2/2025

38 FOCUS Civiltà del Lavoro | aprile • maggio 2025 niti abbiamo una strada, separati ci facciamo del male, punto e basta”. il Cavaliere del Lavoro Enrico Zobele non gira intorno al problema. L’Europa, così com’è, non va. È lenta, frammentata, in ritardo su quasi tutto: dalla difesa comune alla politica industriale, dalla diplomazia al mercato dell’innovazione. Eppure, resta l’unica opzione possibile per chi non vuole essere spettatore del nuovo (dis)ordine globale. Si è aperto lo scorso 3 aprile presso il Collegio Universitario dei Cavalieri del Lavoro “Lamaro Pozzani”, a Roma, il ciclo di incontri “L’Europa che vogliamo”, in vista del Convegno Nazionale della Federazione in programma a Venezia il 7 giugno. Una riflessione aperta, che ha messo a confronto, insieme a Zobele, Gianni Bonvicini, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), e Ferdinando Nelli Feroci, ex ambasciatore e già presidente dello stesso Istituto. Al centro del dibattito: l’inerzia delle istituzioni europee, le sfide di una politica estera senza strumenti e il confronto con un’America sempre più distante. UN’INTEGRAZIONE MAI COMPIUTA Zobele, presidente del Gruppo Triveneto dei Cavalieri del Lavoro, organizzatore del Convegno Nazionale, ha indicato con chiarezza le debolezze del Vecchio Continente. L’Europa ha ancora troppe carenze strutturali per riuscire a rispondere nei tempi dettati dall’attuale contesto tecnologico e geopolitico. La mancanza di un’unione finanziaria, l’assenza di una vera politica comune di difesa e la lentezza decisionale sono sintomi evidenti di un’integrazione mai compiuta. Ma ciò che preoccupa di più, ha detto, è il disallineamento tra ambizioni e risultati. Se da un lato si moltiplicano le regole – anche le più discutibili, come quelle sui tappi delle bottigliette – dall’altro si ignorano le necessità dell’impresa, che chiede politiche industriali chiare, investimenti in tecnologia e una transizione ecologica che non diventi un boomerang per la competitività europea. “Non possiamo farci del male da soli – ha detto – lasciando che altri, come la Cina, occupino gli spazi che noi lasciamo vuoti per eccesso di burocrazia o lentezze ideologiche”. Il Convegno di Venezia, ha aggiunto, dovrà essere un momento di confronto reale. “Siete il futuro – ha detto rivolgendosi agli allievi del Lamaro Pozzani – e abbiamo bisogno del futuro”. “PERCHÉ L’EUROPA NON DECIDE?” Gianni Bonvicini ha ricostruito il percorso dell’integrazione europea con l’occhio dell’analista che da decenni ne osserva le evoluzioni e le contraddizioni. “Perché l’Europa non decide?”, l’interrogativo che aleggia oggi intorno a ogni discorso sull’Europa è quello con cui lo studioso ha cominciato il suo intervento. “C’è urgenza di vedere un’Europa che riesca a uscire da quello che Nino Andreatta definiva un sistema istituzionale barocco. La premessa originaria di queste difficoltà è da individuare nella grande occasione persa nei primi anni ’50, quando ci fu l’opportunità di diventare una federazione. “U L’EUROPA CHE VOGLIAMO – INCONTRI AL COLLEGIO “LAMARO POZZANI” Se da un lato si moltiplicano le regole – anche le più discutibili, come quelle sui tappi delle bottigliette – dall’altro si ignorano le necessità dell’impresa, che chiede politiche industriali chiare, investimenti in tecnologia e una transizione ecologica che non diventi un boomerang EUROPA IN STALLO Occorrono nuove ambizioni

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