Civiltà del Lavoro, n. 2/2025

35 FOCUS Civiltà del Lavoro | aprile • maggio 2025 PIOVESANA: “Ue non sia comparsa nello schiacchiere globale” Nel suo articolato intervento, Il Cavaliere del Lavoro Maria Cristina Piovesana, presidente Alf Uno, ha riconosciuto la straordinaria attualità della riflessione. In apertura, ha sottolineato che l’Europa auspicata è prima di tutto un’Europa libera, indipendente, pacifica e competitiva. Valori che l’Unione ha saputo difendere per settant’anni, ma che oggi si trovano messi in discussione da un contesto geopolitico radicalmente mutato. Piovesana ha individuato un punto di svolta: l’Europa è di fronte a un bivio storico. Può fare un deciso salto in avanti oppure rischia di perdere quanto faticosamente costruito. L’imprenditrice ha distinto un’Europa politica e un’Europa mercato, sottolineando le debolezze della prima e l’incompiutezza della seconda. Partendo dal concetto di Stato, Piovesana ha osservato che mancano tre elementi chiave: un popolo europeo condiviso, un territorio chiaramente definito, e una sovranità compiuta. “Se è vero che esiste un passaporto europeo, nella percezione collettiva ciascuno si sente ancora prima di tutto cittadino del proprio Paese. E sul piano territoriale, l’allargamento verso Est e l’uscita della Gran Bretagna rendono fluidi i confini dell’Unione”. Quanto alla sovranità, l’Europa dispone di una moneta comune, ma non ha un esercito europeo, una sicurezza condivisa, né una difesa dei confini integrata. “Mancano dunque i presupposti per definirla un vero soggetto politico sovrano”. Anche sul piano economico l’Europa resta un progetto incompiuto. Piovesana ha riconosciuto i grandi risultati raggiunti: libera circolazione delle persone e delle merci, moneta unica in larga parte del continente, confine doganale comune. Ma i quadri regolatori restano fortemente disomogenei, a cominciare dal fisco, passando per lavoro, finanza e, per l’Italia, il tema cruciale della giustizia. Inoltre, malgrado l’inglese sia lingua franca, i cittadini europei continuano a parlare 27 lingue e a pensare secondo visioni nazionali, spesso figlie delle rispettive culture linguistiche. Guardando al cammino europeo, Piovesana ha sottolineato come ci si trovi oggi distanti tanto dall’ideale federale di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene, quanto dal modello più pragmatico di Jean Monnet, basato su una sovrastruttura efficiente e integrata. Ancor più ci si è allontanati dall’ispirazione dei padri fondatori – De Gasperi, Schuman, Adenauer – che sognavano un’Europa politica e coesa. “Mi fa piacere quello che ho sentito prima da parte del Presidente Sella, che il 74% degli europei crede e vuole un rafforzamento dell'Europa, ma nella realtà, quando poi andiamo alle votazioni all'interno dei singoli Paesi, vediamo invece che c'è un rigurgito o quantomeno un voler spesso ritornare a nazionalismi e identità nazionali che, di fatto, rappresentano una retrocessione rispetto all'idea di un'Europa unita. È evidente che se tutto questo non viene superato, saremo condannati ad essere semplicemente una comparsa nello scacchiere internazionale”. Se l’Europa non affronta con decisione le proprie incompletezze politiche, economiche e giuridiche, rischia di restare una comparsa nel nuovo ordine mondiale. Per invertire la rotta, occorre rilanciare con forza il progetto di un’Europa unita. Piovesana ha proposto due strade concrete. La prima: riprendere il percorso interrotto della Costituzione europea, bloccato dal fallimento referendario del 2005. I trattati oggi in vigore, osserva, sono meri strumenti di cornice: serve una vera architettura costituzionale per dare piena legittimità e coerenza al progetto europeo. La seconda: un nuovo piano europeo sull’energia, ricalcando l’esperienza fondante della Ceca del 1951, che unificò il mercato del carbone e dell’acciaio. Un piano energetico condiviso garantirebbe indipendenza strategica, riduzione dei costi per cittadini e imprese, e maggiore autonomia rispetto ai grandi attori globali. In chiusura, Piovesana si è appellata al senso di responsabilità collettiva. L’Europa, dice, ci ha consegnato quattro grandi valori: libertà, indipendenza, pace e competitività. Sta ora a noi non solo conservarli, ma trasformarli in un sogno europeo compiuto da trasmettere alle nuove generazioni. Un sogno che può realizzarsi solo accelerando il cammino verso una vera Europa politica, economica e giuridica unitaria, capace di parlare con una voce sola nel mondo”. C’è un rigurgito nazionalista che, di fatto, rappresenta una retrocessione rispetto all’idea di un’Europa unita. Se tutto questo non viene superato, saremo condannati ad essere semplicemente una comparsa

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