Civiltà del Lavoro, n. 2/2025

33 FOCUS Civiltà del Lavoro | aprile • maggio 2025 cambiamenti, di sorprese, di problemi che vengono comunque al pettine. L'Europa che non c’è, avevamo detto inizialmente, ma effettivamente oggi è difficile dire che l’Europa esista”. Zobele ha sottolineato che non è questo il momento dei “distruttori”. “Dobbiamo realmente unirci se vogliamo uscire da questa situazione. Costruire l'Europa che vogliamo, un'Europa che dimostri di esistere, che dimostri di agire effettivamente, di riuscire a prendere decisioni serie e durature, e che decida anche dove vuole stare nel contesto geopolitico mondiale”. Il presidente del Gruppo Triveneto ha infine ricordato il peso dell’Europa. “Siamo importantissimi, siamo 400 milioni di cittadini, pesiamo per un 15-16% del Pil mondiale, ma solo se siamo uniti, se siamo invece un numero X di Stati che vanno ognuno per conto suo, il nostro peso va inevitabilmente a ridursi e ne paghiamo le conseguenze. BUTI: “I tre indicatori del declino europeo” La relazione introduttiva del workshop è stata affidata a Marco Buti, titolare della Cattedra Tommaso Padoa-Schioppa presso il Centro Robert Schuman dell'Istituto Universitario Europeo, già Direttore Generale dell'area economica dell'Ue e capo di gabinetto del commissario Gentiloni. “La prima cosa su cui dobbiamo mettere l'accento – ha detto Buti – è sul fatto che l'Europa ha un modello di crescita, direi addirittura un business model, che è nel medio termine insostenibile”. Il primo punto critico indicato da Buti sta nell’eccessiva dipendenza dalla domanda estera. “Noi abbiamo, come Europa, un surplus persistente delle partite correnti che, in realtà, non è un segno di competitività, ma un segno di investimenti che purtroppo non trovano sufficienti sbocchi e quindi esportiamo il nostro risparmio che è notevole, soprattutto dall'altra parte dell'Atlantico. Avere una crescita che dipende eccessivamente dalle esportazioni è un elemento di vulnerabilità”. Il secondo punto è il progressivo allontanamento dalla frontiera tecnologica. Su dieci tecnologie dell'avvenire, l'Ue è forte soltanto su due: Clean Tech Manufacturing e nuovi materiali. “Si tratta di settori importanti, ma su tutte le altre siamo in ritardo a cominciare dall’AI”. Il terzo punto è l'inverno demografico. “Se guardiamo gli ultimi 10 anni abbiamo un aumento di 2,2 dell'età mediana. Le conseguenze sono una crescita stagnante, un'erosione della coesione sociale e un rischio di progressiva marginalizzazione geopolitica”. Il rischio è quello che Draghi ha chiamato “una lenta agonia”, che potrebbe anche diventare un'implosione subitanea. La Commissione ha proposto di implementare il Rapporto Draghi attraverso quello che ha chiamato la “Competitiveness Compass”, la “bussola per la competitività”. C'è un grande sforzo di semplificazione ha spiegato Buti facendo riferimento all’ipotesi contenuta nel Rapporto Letta sul mercato unico relativa al cosiddetto 28esimo regime, cioè la possibilità per le imprese, soprattutto Pmi, di adottare un 28esimo regime fiscale che permetta di bypassare le regolamentazioni nazionali. Bisogna poi risolvere il “trilemma” della politica industriale. La domanda è: dove prendere le risorse per rendere competitiva l’industria europea? Se vengono dai bilanci nazionali, è chiaro che questo rischia di frammentare il mercato unico; se la via, quindi, è quella degli aiuti di Stato, allora il rischio è che i Paesi più ricchi corrano di più; se invece non si vuole frammentare il mercato unico, bisogna pensare a una politica industriale centralizzata e una capacità fiscale centralizzata, anche se la Commissione non propone questa strada. “Secondo me invece bisogna attraversare il Rubicone di un rafforzamento del bilancio europeo”. Il professor Buti prosegue la sua relazione con alcuni suggerimenti sul tema cruciale della semplificazione. “Ecco quattro suggerimenti molto pragmatici per cominciare a semplificare. Il primo è tornare alla proposta iniziale della Commissione come base perché, in realtà, la grandissima parte delle complicazioni avvengono durante il negoziato con gli Stati membri e con il Parlamento. Il secondo è rendere obbligatoria una valutazione di impatto anche degli emendamenti inseriti dal Consiglio e dal Parlamento Europeo, soprattutto sull’economia e sulle piccole e medie imprese. Il terzo punto è di passare dalle direttive ai regolamenti che sono direttamente appliÈ preoccupante il progressivo allontanamento dalla frontiera tecnologica. Su dieci tecnologie dell'avvenire, l’Ue è forte soltanto su due: Clean Tech Manufacturing e nuovi materiali

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