Civiltà del Lavoro, n. 6/2023

133 Civiltà del Lavoro | novembre • dicembre 2023 MOSTRE NON SOLO LA GRANDE ONDA Ma non è tutto. Oltre all’iconica opera, fa ingresso a Palazzo Maffei anche un altro lavoro di Hokusai e un nucleo rappresentativo di 5 xilografie originali di artisti coevi sempre provenienti dall’allora città di Edo - Utagawa Hiroshige e Utagawa Kunisada. Grazie a queste nuove acquisizioni le 29 sale espositive della Casa Museo di Piazza delle Erbe acquistano ancora maggior valore, rendendo la visita di Palazzo Maffei una continua sorpresa, ma soprattutto un punto di riferimento per la grande arte di tutti i tempi. “IL CORONAMENTRO DI UN SOGNO” “Ho acquistato negli anni Ottanta alcune xilografie di artisti giapponesi in stile ukiyo – spiega il Cavaliere del Lavoro Carlon - e sapendo dell’influenza che la ‘Grande Onda’ di Hokusai aveva esercitato su Van Gogh e su molti impressionisti, ma anche su Debussy ispirato da quest’opera per la sinfonia La Mer, ho iniziato a visitare diverse mostre che la esponevano, prima incuriosito e poi sempre più attratto da questa immagine, dal suo significato simbolico e spirituale. Così ho lungamente cercato di acquistarla e solo un anno fa ho finalmente raggiunto questo obiettivo: un desiderio che non riuscivo a realizzare da moltissimo tempo”. Era il 2020, quando Luigi Carlon ha coronato il suo sogno di aprire al pubblico la “casa” per condividere con il mondo la sua collezione privata di opere d’arte, mettendo in campo un intervento dalla doppia valenza: da un lato il restauro completo di uno dei più scenografici e noti palazzi seicenteschi della città - Palazzo Maffei; dall’altro una raccolta d’arte di grande interesse, frutto di oltre cinquant’anni di passione collezionistica dell’imprenditore veronese, resa ora fruibile al pubblico. Ora mi sembra che le opere così esposte risplendano di più e vivano di nuova luce, perchè tanti sono gli occhi che le guardano e gli animi che si nutrono della voce dell’arte Sala “Intermezzo d’autore”. Sulla parete: al centro un’opera di Gino de Dominicis del 1996 e ai lati due opere settecentesche di Pietro Antonio Rotari - Foto di Luca Rotondo

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