Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2023

LE TENSIONI GEOPOLITICHE E IL RUOLO DELLE IMPRESE UN ANCORAGGIO nella bufera 7 ol Medio Oriente in fiamme dopo il brutale attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre e la guerra in Ucraina dopo l’aggressione russa che dura ormai da 22 mesi, i fattori di instabilità sono in forte aumento nel mondo. È un’instabilità geopolitica, gravida di orrori e lutti, col rischio che la guerra di Gaza si estenda e coinvolga anche Libano, Siria, Iran e altri Paesi arabi. Ma è anche un’instabilità economica, perché le tensioni geopolitiche possono rapidamente coinvolgere il petrolio, il gas e gli approvvigionamenti energetici, ridando fiato all’inflazione contro cui stiamo faticosamente combattendo. E l’inflazione, va ricordato, è la più iniqua delle tasse perché colpisce soprattutto i più deboli. Sulle tensioni geopolitiche il nostro Paese ha tenuto un atteggiamento ragionevole e prudente: conferma del sostegno all’Ucraina, condanna dei terroristi di Hamas, impegno per evitare l’estensione del conflitto, richiesta a Israele di applicare un criterio di “proporzionalità” alla sua inevitabile reazione, aiuti ai civili palestinesi di Gaza. Sotto il profilo economico, il governo Meloni sta cercando di mantenere la prudenza già mostrata nella legge di bilancio dello scorso anno. Ma più passa il tempo, più è difficile trascurare le promesse elettorali dei partiti di maggioranza su tasse e pensioni che, se rispettate, farebbero aumentare il debito. E questo rischia di esporci alla sfiducia dei mercati, mentre dal primo gennaio finirà la sospensione del Patto di stabilità europeo. E il nuovo Patto che si sta discutendo a Bruxelles prevederà comunque un percorso di riduzione del debito pubblico. In questo quadro occorre concentrarsi sull’attuazione del Pnrr, che con i 191,5 miliardi di euro provenienti dall’Unione europea e i 30 del piano complementare nazionale rappresenta l’unica vera opportunità di investimenti e crescita per i prossimi tre anni. Il sistema produttivo italiano, impegnato nella “doppia transizione” ambientale e digitale (di cui parliamo in questo numero di Civiltà del Lavoro) ha dato prova di grande capacità di adattamento e reazione alle crisi del Covid-19 e del gas. Il sistema produttivo deve proseguire in questo impegno quotidiano, investendo, riorganizzando le filiere, adattando il proprio export ai nuovi equilibri geopolitici. Come ha detto il Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia di consegna delle insegne ai nuovi 25 Cavalieri del Lavoro il 18 ottobre scorso al Quirinale, le imprese “con il lavoro, le competenze, le tecnologie che valorizzano” concorrono a indicare il senso di marcia del Paese. Perché “muovono interessi e ne creano di nuovi; aprono frontiere, mettono in movimento persone, incidono su luoghi e territori”. Il sistema produttivo e le imprese dei Cavalieri del Lavoro che ne rappresentano l’eccellenza sono il vero grande patrimonio del Paese, una certezza nell’instabilità, un ancoraggio sicuro nella bufera che da più parti ci circonda. Lo dimostrano i dati dell’exploit dell’export, che evidenziano l’alto livello di competitività della manifattura italiana sui mercati internazionali. (P.M.) C Civiltà del Lavoro | agosto • settembre • ottobre 2023 EDITORIALE

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