Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2023

28 FOCUS Civiltà del Lavoro | agosto • settembre • ottobre 2023 Con “Industria 4.0” le nostre imprese hanno realizzato un ciclo positivo di investimenti. Adesso devono affrontare gli impegni su digitalizzazione e sostenibilità ambientale. Si parla di Transizione 5.0, dove convogliare una parte dei fondi del Pnrr. Sarà sufficiente? E che cosa si dovrebbe fare di più? Nonostante si parli già da qualche tempo di Industria 5.0, in realtà il completamento della parte di trasformazione digitale indicata con il termine “Industria 4.0” è ancora lontano in molte realtà aziendali. Le imprese che stanno evidenziando successi derivanti dalle loro strategie e investimenti in “Industria 4.0” sono quelle che hanno iniziato la transizione digitale almeno 10-15 anni fa, investendo su una solida base tecnologica e informativa, accompagnata da una relazione con i clienti basata su fiducia e trasparenza nello scambio di informazioni. Oggi queste imprese sono in grado di sfruttare le principali potenzialità insite nel paradigma di “Industria 4.0” – quali ad esempio l’interconnettività digitale per lo scambio di dati in tempo reale lungo le filiere – per crescere ben sopra la media dei settori di appartenenza; questo è avvenuto perché hanno saputo sviluppare in modo stabile e continuativo nuove competenze e strategie di successo coerenti. Il concetto di Industria 5.0 si presenta ancora più complesso e lungo da realizzare, in quanto l’evoluzione da esso richiesta implica una maggiore enfasi sui temi “controversi” (nel senso sopra descritto) della sostenibilità ambientale e sociale. La narrativa prevalente è quella delle certificazioni, che per loro natura sono insufficienti e possono solo aiutare a gestire meglio la situazione esistente, ma non a guidare l’evoluzione richiesta. Rispetto al passato sono richieste attività di innovazione basate sulla riprogettazione di operations, prodotti e task organizzativi, con forte attenzione sullo specifico contesto produttivo, sulle modalità tecniche di produzione e sulle modalità di misurazione degli effetti ambientali e sociali generati. Mentre gli investimenti iniziali di “Industria 4.0” hanno contribuito a migliorare l’efficienza e la produttività attraverso la creazione di “fabbriche intelligenti”, Industria 5.0 richiede una visione più ampia, che includa anche la responsabilità ambientale e sociale delle imprese e il ripensamento della relazione uomo-macchina, con una visione tesa a massimizzare la sinergia fra competenze umane e capacità delle macchine nella creazione di valore sostenibile. I fondi del Pnrr potranno essere utili per avviare questa transizione, ma ulteriori azioni sono necessarie quali, ad esempio, politiche e normative per favorire investimenti in ricerca e sviluppo (svolti con una logica di sistema coinvolgendo centri di ricerca, università ed imprese) e programmi di formazione e riqualificazione professionale su larga scala. A suo giudizio esiste un problema dimensionale per le imprese italiane? In Italia il problema della dimensione delle imprese è da sempre oggetto di discussione. Una delle conseguenze dei trend Mentre gli investimenti iniziali di “Industria 4.0” hanno contribuito a migliorare l’efficienza e la produttività attraverso la creazione di “fabbriche intelligenti”, Industria 5.0 richiede una visione più ampia, che includa anche la responsabilità ambientale e sociale Foto Elnur © 123RF.com

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