Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2023

26 FOCUS Civiltà del Lavoro | agosto • settembre • ottobre 2023 Anche all’interno dei settori la situazione è complessa… Esatto. A contribuire ai segnali contrastanti cui sono soggette le imprese vi sono le crescenti differenze nelle dinamiche dei settori economici, determinate in molti casi dal rapido cambio dei paradigmi tecnologici, con effetti differenziati in termini di volumi, prezzi, condizioni competitive, caratteristiche dei prodotti (si parla di “servitizzazione dei prodotti”), e competenze: l’automotive, con il passaggio dal motore endotermico al motore elettrico, è un chiaro esempio di questa dinamica. A ciò si aggiunga il fatto che i confini fra settori industriali sono sempre più sfumati e permeabili (questo modifica le condizioni di competizione e i reali concorrenti) e che all’interno di uno stesso settore si possono manifestare contemporaneamente ambiti con cicli con andamenti opposti. La progressiva riduzione della durata dei cicli di vita dei prodotti richiede alle imprese continui investimenti per ampliare il proprio bacino di competenze e tecnologie, necessario per poter rimanere agganciate ai mercati internazionali. Ne deriva una crescente complessità delle operations e della gestione della relazione con il cliente (sempre più basata su fiducia e trasparenza e non solo su dinamiche di prezzo), determinando una crescente necessità di azioni di marketing per raggiungere nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti, che tende ad aumentare i rischi strategici e finanziari. Come incidono in questo quadro la sfida ambientale e quella digitale? La direzione e velocità della cosiddetta “transizione ecologica”, oggi guidata dall’evoluzione normativa di crescente complessità e dalle richieste di alcuni segmenti di mercato è una delle sfide maggiori per le imprese. Tutto ciò impone la necessità di integrare le diverse dimensioni della sostenibilità nei loro modelli di business. Se da un lato la transizione ecologica comporta costi e rischi aggiuntivi, dall’altro potrebbe rappresentare una nuova di fonte di creazione di valore, capace di portare ad un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. L’incertezza nel bilancio fra investimenti di breve e possibili ritorni di lungo periodo è l’elemento di forte criticità da gestire e la vera sfida in questo ambito. Anche la profondità e rapidità della trasformazione digitale sono ulteriori elementi critici sottovalutati da molte imprese italiane. La trasformazione digitale è appena agli inizi, è attesa una sua accelerazione a livello di filiere internazionali, ma parecchie imprese faticano a capirne portata e modalità e sono ancora convinte di poter aspettare e/o dilazionare gli investimenti in tal senso su persone, organizzazione e capitale fisico. La sua complessità e portata sono sottovalutate e ricondotte ad elementi di efficienza portate dalla “digitalizzazione” di alcune attività; viene quindi trascurata la parte di “trasformazione” dei meccanismi di creazione di valore, di competenze e di processi di lavoro, e l’importanza di comprendere quali siano le nuove dinamiche di interazione uomo/macchina. Anche il passaggio a processi decisionali più rapidi e strutturati – in cui approcci data driven si combinano con l’esperienza pregressa – è appena iniziato e caratterizza al momento solo i settori maggiormente concentrati e soggetti a competizione internazionale (es. automotive). La carenza di competenze e personale in ambito digitale/ Foto funtap © 123RF.com

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