Civiltà del Lavoro, n. 1/2023

17 Civiltà del Lavoro gennaio • febbraio 2023 PRIMO PIANO re nella gestione della vita ordinaria di docenti e alunni. Ad essere penalizzati saranno i territori già deboli, perché si andrà a premiare la spesa storica e quindi situazioni più consolidate e protette. Per un’autonomia vera, invece, la scuola dovrebbe poter rispondere direttamente alla necessità di diritti e bisogni emergenti dei ragazzi e delle loro famiglie, con patti educativi di territorio e la creazione di reti di scuole a cui partecipano anche comuni e terzo settore. Apprendimento e nuove competenze del mondo del lavoro sembrano ancora oggi scollegati. Cosa fare per far dialogare questi due mondi? Lo scollamento esiste ma non dappertutto e non dovunque allo stesso modo. Sono sottovalutati i “nuovi mestieri”, legati all’utilizzo delle nuove tecnologie che spesso i ragazzi imparano da soli. A testimonianza che la vita è più grande della scuola che spesso non registra tutto ciò che serve per un inserimento nel mondo lavorativo. Io però mi chiederei: cosa serve al mondo del lavoro? Cioè? Serve il sapere scolastico tradizionalmente inteso, fondato su concetti libreschi non vagliati nella pratica, oppure il combinato teoria-pratica tipica dell’apprendere in situazione e, con in più, quelle che l’Oms chiama “Life skills” e cioè qualità come la capacità di cooperare, di portare a termine il lavoro iniziato in tempi certi, l’affidabilità operativa, il sapere innovare, l’empatia? Su questo le aziende cominciano a considerare aspetti che superano le necessità operative iperstandardizzate. È però importante anche capire che c’è un’età della vita, soprattutto tra i 16 e i 22/24 anni, in cui bisogna assaggiare un po’ di tutto per comprendere quali siamo le proprie inclinazioni. Ci sono competenze trasversali che vanno allenate, curate, consolidate. Anche per rispondere a quella domanda di flessibilità e adattabilità proveniente da imprese e mercato in un tempo nel quale nessuno sa quali saranno i lavori tra dieci anni. E le risorse del Pnrr per la dispersione scolastica? Qual è la situazione attuale? È prevalsa, in chi l’anno scorso nel ministero all’Istruzione ha dato indirizzo alla misura Pnrr, una linea vecchia e rigida: si è, infatti, deciso di dare 500 milioni di euro alle scuole in aree di forte dispersione senza metterle nelle condizioni di creare alleanze fattive con i territori, in particolare con le agenzie del terzo settore e con i comuni, che avrebbero generato migliori risultati. Si è attuato il solito meccanismo dell’erogazione di finanziamenti a pioggia senza partire da patti territoriali con chi può raggiungere davvero i ragazzi, come si fa negli oltre 400 partenariati pubblico-privato attivati grazie al Fondo contro la povertà educativa. In più con un’eccessiva semplificazione dei criteri per la definizione degli istituti che ha reso gli standard utilizzati per la selezione non sempre rappresentativi delle realtà. Un pressapochismo che rischia di far fallire un impianto e di sprecare parte di queste ingentissime risorse. Foto nialowwa © 123RF.com

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