Civiltà del Lavoro, n. 6/2022

Incognite e certezze del 2023 9 lle prospettive del 2023 si potrebbe applicare la famosa definizione di Churchill sulla politica russa: “Un rebus avvolto dal mistero all’interno di un enigma”. Anche perché molte incertezze sul nuovo anno dipendono proprio dalla Russia: dall’andamento dell’invasione in Ucraina e dalle forniture di gas. La guerra ucraina potrebbe avviarsi a una tregua entro sei mesi, come ha pronosticato Zelensky, oppure ulteriormente aggravarsi con l’escalation nucleare se gli ucraini dovessero avvicinarsi a riconquistare la Crimea, che il Cremlino considera intoccabile. Le forniture di gas russo dovrebbero ulteriormente ridursi: dagli 80 miliardi di metri cubi del 2022 (contro i 140 del 2021) potremmo scendere quest’anno a meno di 20 miliardi in Europa, il che complicherebbe il riempimento degli stoccaggi per il prossimo inverno. La carenza di forniture potrebbe far rialzare i prezzi, che oggi sono calati ai livelli precedenti alla guerra anche per la decisione europea di varare il “price cap dinamico”, e dare nuova spinta all’inflazione contro cui la Bce sta alzando i tassi, con rischi di frenata dell’economia e di peggioramento della competitività rispetto agli Stati Uniti, dove l’energia costa meno. La presidente della Bce Christine Lagarde si attende una recessione “breve e poco profonda”, ma Confindustria teme una prolungata stagnazione. In questo quadro europeo, la situazione italiana è se possibile ancora più incerta, perché alle incognite geo-economiche se ne aggiunge una politica. Il governo, che ha varato una legge di bilancio prudente, in linea con le raccomandazioni Ue, proseguirà su questa via (la “staffetta con Draghi” evocata dalla premier Meloni nella conferenza stampa di fine anno), oppure cercherà di forzare per attuare le promesse elettorali su flat tax, pensioni e “pace fiscale”, anche a costo di fare nuovo debito (come la stessa Meloni non ha escluso), complicando i rapporti con Bruxelles? L’avversione del governo al Mes, la richiesta di ridiscutere il Pnrr, nonché le dure critiche alla Bce per l’aumento dei tassi, sono segnali che indicano preoccupazione. E sull’energia non è ancora del tutto risolto il problema del rigassificatore di Piombino, essenziale per il prossimo inverno, contro cui il Comune, guidato da un sindaco di Fdi, ha fatto ricorso al Tar, mentre Germania e Olanda hanno già installato quattro nuovi rigassificatori. È una sicurezza, in tanta incertezza, la solidità del sistema produttivo. Il 2022 si è chiuso con un insperato aumento del Pil del 3,8-3,9%, il che ci ha fatto più che recuperare in due anni il crollo del 9% per il Covid-19. Il 2023 dovrebbe registrare una crescita “frenata” allo 0,4-0,6% (con possibile calo del Pil limitato a due trimestri) e nel 2024 la crescita dovrebbe tornare all’1,4-1,8%. L’export veleggia verso il record dei 600 miliardi, i turisti stranieri sono tornati in massa e il tasso di occupazione ha raggiunto il record del 60,5%, mentre è in crescita la fiducia di imprese e famiglie, che hanno ricominciato a risparmiare nonostante il caro-bollette. Le aziende hanno dato prova di solidità e flessibilità: hanno aumentato l’efficienza e ridotto i consumi energetici, pur con la produzione in aumento. Queste performance indicano che il sistema produttivo ha avviato negli ultimi anni, anche grazie a Industria 4.0, un processo di innovazione che ci sta facendo fare un salto di competitività. Bisogna proseguire su questa via, riducendo la spesa pubblica, che quest’anno raggiungerà il picco di 1.184 miliardi, e mettendo a frutto gli investimenti del Pnrr, che sono la vera “polizza di assicurazione” per la crescita futura. I Cavalieri del Lavoro continueranno a offrire il loro contributo di proposte come nel convegno nazionale del 24 settembre sulle tecnologie per la transizione energetica. La sfida, ha detto il Presidente Mattarella nel discorso di fine anno, “è guardare il presente con gli occhi di domani, progettare il futuro con coraggio”. (P.M.) A Civiltà del Lavoro novembre • dicembre 2022 EDITORIALE

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