Civiltà del Lavoro, n. 3/2022

15 Civiltà del Lavoro giugno • luglio • agosto 2022 Foto scanrail © 123RF.com PRIMO PIANO ha favorito anche delle truffe. Ma ormai il gioco è fatto. E poi c’è un altro fenomeno importante: assistiamo a una ripresa del turismo piuttosto impetuosa, con americani e asiatici che sono tornati a visitare il nostro Paese. Le stesse vendite al dettaglio, stando ai dati Istat di maggio, stanno crescendo. È vero che c’è l’inflazione, ma se il go- verno riesce a intervenire prima che questa eserciti una decurtazione del potere di acquisto delle famiglie, non c’è alcuna ragione per la quale il sistema debba impallarsi. Anche se lo scenario è avverso per la guerra, penso che l’Italia sorprenderà tutti quest’anno perché mostrerà una resistenza maggiore di altri paesi. La riduzione delle forniture di gas all’Italia da parte della Russia potrebbe creare problemi alla tenuta del sistema manifatturiero? È chiaro che l’interruzione delle forniture causa problemi alle industrie, soprattutto a quelle energivore, ma com- parativamente ad altri paesi – anche nello scenario più avverso – l’Italia ha la possibilità di soffrire di meno ri- spetto a paesi che presentano situazioni più complica- te. Questo mi rende fiducioso. Dopo il Covid-19 siamo ripartiti come razzi perché non è più la stessa industria o la stessa economia del 2011. Come vede attrezzate le imprese italiane? Sono ancora piene di ordini e hanno scaricato a valle gli aumenti dei prezzi. Al di là delle dichiarazioni allarmisti- che, credo sia importante andare a visitare le fabbriche. Ho partecipato a decine di assemblee di settore e le pos- so dire che in questo momento le macchine per imbal- laggi e materie plastiche sono ai massimi storici, idem per la ceramica, il segmento degli yacht di lusso ha ordi- ni per tre anni e potrei continuare. Per il momento sia- mo messi bene. Certo, a causa del rincaro di energia e materie prime i margini si stanno riducendo, ma i nostri imprenditori riescono ancora a produrre e consegnare. A differenza, per esempio, della Germania. Proprio la Germania ha registrato per la prima vol- ta dal 1991 un deficit della bilancia commerciale. È un campanello d’allarme anche per l’Italia? È chiaro che una Germania debole alla lunga non ci fa- vorisce perché esportiamo sul mercato tedesco molti prodotti. Oggi, però, abbiamo una resistenza nettamen- te superiore rispetto a 15 anni fa. Le imprese sono più moderne, sono tecnologicamen- te attrezzate, sono aggressive sui mercati e portano via quote ai competitor, compresi quelli asiatici. In uno sce- nario in cui la Cina rallenta e non consegna, questo ci fa- cilita. L’Italia, per esempio, sta esportando molto verso gli Stati Uniti e la parità euro-dollaro aiuta. Per questi motivi credo che quando usciranno i dati sul Pil sarà una sorpresa, anche se la caduta del governo Draghi per opera di una classe politica egoista ed incompetente ora rischia di pregiudicare i buoni risultati della nostra economia e di riportare sull’Italia una ondata di discre- dito che potrebbe pesare molto sul nostro debito.

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