Civiltà del Lavoro, n. 3/2022

13 Civiltà del Lavoro giugno • luglio • agosto 2022 PRIMO PIANO Ha sottolineato più volte il ruolo giocato dal piano Indu- stria 4.0. Il Pnrr potrebbe avere una funzione analoga? Una delle componenti del Pnrr è la prosecuzione del pia- no e la digitalizzazione. Ma dentro c’è anche la riforma della Pubblica amministrazione. Avere una burocrazia che riesce ad aiutare le imprese nel loro lavoro può essere un bene: abbiamo aumentato la competitività del siste- ma privato, se riusciamo ad aumentare anche quella del pubblico non potremo che trarne vantaggio. Recentemente lei ha affermato che la crescita italiana stupirà anche nel 2022, con risultati migliori rispetto ad altri paesi europei. Quali fattori la fanno guardare al futuro con fiducia? Il contesto attuale vede l’Italia più resiliente per alcuni semplici motivi. La manifattura è basata su un imprese medie e medio-grandi, nicchie e filiere corte, un model- lo che ci ha permesso di sentire meno la mancanza di componenti che attanaglia invece altre industrie, a par- tire da quella tedesca. L’export continua ad andare bene, pur avendo subito la chiusura del mercato russo e il rallentamento della Ci- na alle prese con il Covid-19. Si stima che l’export sia au- mentato in volumi di oltre il 4% nei primi quattro mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’edilizia viaggia a ritmi da ricostruzione post bellica. Cer- to, si sarebbe avuto lo stesso ciclo positivo con meno di- spendio di risorse. Erano sufficienti gli incentivi già in vi- gore invece del bonus del 110 per cento, che in alcuni casi so di avviare un ciclo di investimenti in nuovi macchinari e tecnologie che ha consentito alla nostra manifattura di diventare più competitiva. C’è poi un altro fatto: il nostro modello di specializza- zione produttiva è andato sempre più diversificandosi. A differenza di altri paesi come il Giappone o la Corea del Sud, noi non abbiamo un export concentrato su grandi produzioni di massa quali la telefonia cellulare, le auto- mobili o gli elettrodomestici. Al contrario siamo presenti in tantissime nicchie, nelle quali eccelliamo. Parliamo di settori che spaziano dalla rubinetteria e valvolame, do- ve siamo leader nel segmento di alta qualità, al settore degli yacht, dall’agroalimentare ai vini e spumante, dove realizziamo un surplus commerciale pari a 6 miliardi di euro all’anno e siamo secondi al mondo dopo la Francia. Complessivamente vantiamo più di 1.500 prodotti su cir- ca 5.300 in cui siamo nei primi cinque posti al mondo per surplus commerciale con l’estero. Questa elevata diversi- ficazione rappresenta un’assicurazione contro il rischio. Inoltre, le imprese italiane, stimolate dal piano Industria 4.0, hanno aumentato la propria produttività conquistan- do tassi di crescita maggiori che negli altri paesi del G7. Questo è avvenuto a partire dal 2015 in poi. C’è stato quindi un cambio di passo? Esattamente. Noi siamo sempre stati forti nell’industria, ma i primi 15 anni degli anni Duemila ci avevano visto sof- frire a causa della globalizzazione, che ci ha colto di sor- presa con la Cina a portarci via quote di mercato nelle produzioni a basso valore aggiunto. Abbiamo impiegato tempo per riprenderci. Poi c’è stata la grande crisi dei mutui subprime, dalla qua- le l’Italia è stata incolpevolmente travolta con il crollo del commercio mondiale. Come se non bastasse, subi- to dopo è arrivata la crisi dei debiti sovrani con il conta- gio greco. A mio avviso un coinvolgimento senza ragio- ne perché l’Italia non è la Grecia, e non lo era nemmeno allora. Abbiamo dovuto quindi attuare la famosa auste- rità per dimostrare di saper venire fuori da una crisi di credibilità. Tutto questo ha penalizzato il mercato in- terno mettendo in difficoltà la manifattura perché, pur esportando molto, una quota rilevante è comunque le- gata alla domanda domestica, che per altri due o tre an- ni è stata completamente piatta. Al termine di queste tre crisi consecutive, grazie al pia- no Industria 4.0, all’uscita delle imprese più marginali dal mercato e al contemporaneo rafforzamento del “quarto capitalismo”, il nostro sistema manifatturiero è tornato ad essere dinamico e, nonostante il Covid-19, l’export lo scorso anno ha superato i 516 miliardi di euro. Marco Fortis

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