Civiltà del Lavoro, n. 1/2022

38 Civiltà del Lavoro gennaio • febbraio 2022 FOCUS Foto stockbroker © 123RF.com gatrend e sapersi muovere in queste direzioni con pia- ni adeguati. Il Pnrr è senz’altro il più importante di essi: 200 miliardi di euro vanno a toccare le infrastrutture, il capitale umano, la ricerca, tutti fattori che incidono sul nostro vantaggio competitivo. In fin dei conti si vende innovazione e si vendono prodotti. Quali sono gli strumenti che l’ICE mette in campo per “vendere innovazione” made in Italy? In Ice abbiamo voluto accompagnare la reazione delle imprese con un’azione di supporto mettendo in campo diciannove nuove azioni, diciannove cose che tre anni fa non facevamo: undici riguardano il digitale, che è un abilitatore dei processi a tutto campo, sei vanno nella di- rezione della formazione e delle start up e altre sei mi- rano a facilitare sul territorio la fruibilità dei servizi per le Pmi. Sulla formazione penso, per esempio, a Smart Export, l’Accademia digitale per l’internazionalizzazio- ne delle piccole e medie imprese, realizzata da MAECI e ICE in collaborazione con la Conferenza dei Rettori, che offre alle imprese e ai professionisti italiani l’opportuni- tà di partecipare, a titolo gratuito, a corsi di alta forma- zione. Si tratta di un canale importante di dialogo fra il mondo accademico e quello imprenditoriale, per il raf- forzamento delle competenze strategiche, manageriali e digitali delle aziende italiane. Quali sono i settori che stanno facendo registrare ri- sultati più soddisfacenti? La ripresa è orizzontale a tutti i settori. La differenza tra settori e comparti la sta facendo l’impatto che la pande- mia ha avuto in modo asiconcrono sul commercio mon- diale nel 2020. L’agroalimentare, per esempio, ha potuto crescere anche nel 2020 e poi nel 2021, e quindi è ben al di sopra dei livelli del 2019. Altri settori, invece, come la moda, che per la loro esposizione all’outdoor e alla socialità hanno avuto una frenata molto forte nel 2020 (-18,5% rispetto al 2019), non hanno recuperato del tut- to i livelli pre- Covid, nonostante la ripresa dell’export sia stata molto sostenuta anche in questo comparto (+17,3% la var. % 2021/2020). La competitività passa oggi soprattutto anche attra- verso la capacità di facilitare il trasferimento tecno- logico. Si tratta, spesso, di un punto dolente per il si- stema italiano, soprattutto per le realtà più piccole. Premesso che svolgo questo incarico di “civil servant” dopo esperienze manageriali nel settore tecnologico, fa- rei due osservazioni: la prima riguarda il posizionamento e la seconda riguarda la strategia. Per quanto riguarda il posizionamento, credo che l’Italia abbia fatto enormi passi avanti nel facilitare il trasferimento tecnologico, ossia la capacità di collaborazione tra università e cen- tri di ricerca, che prevalentemente sono pubblici, e im- prese che prevalentemente sono private. Quello che è stato fatto con Industria 4.0, i Centri di competenza e il credito d’imposta alla R&S è un grandissimo esempio di questa capacità di portare a sistema le competenze per accelerare il trasferimento tecnologico. E sul piano della promozione? Sul piano della promozione, fin da quando ho questa re- sponsabilità, ho impostato la comunicazione del made in Italy in modo da andare oltre le tre “F” (Food, Fashion, Furniture) che comunque restano centrali nell’impiego delle risorse promozionali. Il made in Italy offre una for- te componente tecnologica. L’Italia può, in questo sen- so, presentarsi come driver per lo sviluppo smart e so- stenibile di molti paesi. Può fare un esempio? Certo, di recente una delegazione degli Emirati Arabi Uni- ti guidata dal Ministro dell’Economia Abdulla bin Touq Al Marri ha confermato il ruolo che l’Italia può avere co- me driver di innovazione. La visita del ministro emira- tino aveva l’obiettivo di conoscere il modello dei nostri distretti industriali. E’ stata l’occasione per presentare il fattore di successo dei cluster, la capacità di fare sistema fra grandi e piccole e medie imprese, nonché fra impre- se private e università pubbliche nel trasferimento tec- nologico della ricerca. Ne è nato un tour in cui abbiamo mostrato sei cluster, 15 settori industriali, 40 imprese e cinque università, da cui è emersa una chiara capacità di combinare tradizione, creatività, settori più tradiziona-

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