Civiltà del Lavoro, n. 6/2021

Civiltà del Lavoro dicembre 2021 LUCI E OMBRE sulle multinazionali 9 offerta del fondo americano Kkr di rilevare TIM per una dozzina di miliardi, al di là di conside- razioni legate alla sicurezza nazionale, indica la ritrovata attrattività del nostro Paese per gli in- vestitori internazionali, già segnalata dalla società Fitch, che ha migliorato da BBB- a BBB il ra- ting del nostro Paese. Dall’altra parte, la supermulta di 1,128 miliardi comminata dall’Antitrust ad Amazon, con l’accusa di aver discriminato negli ultimi cinque anni le Pmi che utilizzano la piatta- forma di e-commerce ma non i suoi servizi di logistica, segnala le difficoltà di relazione con le multinazionali. Amazon, che in Italia ha investito 8,7 miliardi e occupa 12.500 dipendenti, contesta le accuse e ha già annuncia- to ricorso contro la multa, la più elevata nei 21 anni di vita dell’Antitrust. La vicenda Amazon si collega per certi aspetti a quella di Whirlpool, Gkn, Caterpillar e delle altre imprese di proprietà di multinazionali o fondi di pri- vate equity internazionali accusati di delocalizzare dall’Italia, magari dopo aver utilizzato agevolazioni pubbli- che, per inseguire la riduzione dei costi, soprattutto del costo del lavoro, anche se le condizioni economico-fi- nanziarie e commerciali delle imprese da chiudere non sono negative. Queste decisioni, a volte improvvise, che lasciano senza lavoro centinaia di dipendenti magari licenziati via mail o sms, rischiano di compromettere l’immagine e la reputazione dell’intero sistema produttivo. Da mesi il go- verno ha in preparazione un disegno di legge sulle delocalizzazioni, che prevede procedure condivise per gesti- re le eventuali crisi e penalizzazioni per le multinazionali che intendano chiudere un’impresa nel nostro Paese senza valide motivazioni economico-finanziarie. Ma le perplessità non mancano, perché un’eccessiva “severi- tà” rischia di essere in contrasto con il principio guida dell’apertura dei mercati e di scoraggiare gli investimen- ti dall’estero, proprio nel momento in cui la relativa stabilità conquistata dal governo Draghi sta facendo tor- nare attrattivo il nostro Paese. Del resto, anche l’ultimo rapporto Istat sulle multinazionali in Italia indica un aumento di presenza e di solidità imprenditoriale, al di là dei singoli casi di delocalizzazione. Nel 2019 – l’indagine Istat ha preso in esame i dati di quell’anno – le multinazionali estere attive nel nostro Pa- ese erano 15.779, con 624 miliardi di fatturato e un milione e mezzo di dipendenti. Rispetto al 2018, il numero di addetti era cresciuto di oltre 64mila unità (+4,4%), il fatturato di quasi 30 miliardi (+5%), il valore aggiunto di 10 miliardi (+7,6%) e la spesa in ricerca e sviluppo di oltre mezzo miliardo (+14,7%). Secondo l’Istat “le multinazionali estere contribuiscono in modo molto significativo ai principali aggregati eco- nomici nazionali dell’industria e dei servizi, con l’8,7% degli addetti (+0,4% rispetto al 2018), il 19,3% del fattu- rato (+0,8 punti), il 16,3% del valore aggiunto (+0,8 punti), il 26% della spesa in ricerca e sviluppo (+2,4%) e ad- dirittura il 32,1% delle esportazioni (+2,7%)”. Le multinazionali italiane, presenti in 173 paesi, erano nel 2019 ben 24.765 (+4,2% sul 2018), con quasi 1,8 milioni di addetti (-1%) e un fatturato di 567 miliardi (+3,7%). Questi dati indicano la profonda integrazione internazionale della nostra economia: le multinazionali estere in Italia sono meno delle aziende a controllo italiano all’estero, impiegano 300mila dipendenti in meno, ma fatturano un’ottan- tina di miliardi in più e danno un forte contributo al nostro sistema economico in termini di ricerca ed export. Occorre dunque agire per ridurre i fenomeni negativi di delocalizzazioni “selvagge” (che sono tutto somma- to ridotti), far pagare le tasse dove vengono generati i profitti (come prevede l’accordo raggiunto al G20 e all’Ocse), salvaguardare i fondamentali interessi nazionali (come nel caso Kkr-TIM, dove il governo dispone del Golden power), ma senza compromettere l’integrazione internazionale della nostra economia, che è un valore da preservare e incrementare. L’ EDITORIALE

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