Civiltà del Lavoro, n. 6/2020

52 Civiltà del Lavoro dicembre 2020 L’abilità manuale incontra l’esperienza COSÌ NASCE IL LUSSO FERRUCCIO FERRAGAMO Firenze – Alta moda er l’Italia la moda è la seconda voce nel- la bilancia dei pagamenti e dà lavoro fra attività dirette e indotto a quasi due mi- lioni di persone. Come giudica le inizia- tive del governo a tutela del settore? È vero, subito dopo la meccanica la moda è la seconda voce più importante del Pil italiano. La bellezza, il gusto, la capa- cità inventiva, i mestieri di alto artigianato fanno parte del- la nostra cultura, del nostro saper fare e del nostro Dna da sempre. Siamo ricchi di bellezze naturali, architettoniche e storiche uniche al mondo; abbiamo un patrimonio cultura- le fra i più ampi al mondo. Se tutto questo venisse gestito in maniera sostenibile, potremmo diventare il paese-icona a cui tutti aspirano. D’altra parte, l’Italia è anche un paese piccolo, in cui il tes- suto industriale è costituito da tantissime piccole e medie imprese, che da sole non hanno risorse sufficienti per po- tersi far largo e affermarsi sui mercati globali. Il governo, per parte sua, dovrebbe adottare una strategia concreta di sostegno al made in Italy, per assicurare posti di lavoro ed esportazioni. Credo sia fondamentale che a livello istituzionale venga ri- conosciuto il valore dell’industria della moda come princi- pale esportatore del nostro Paese e come secondo settore produttivo, fatto non solo dalle grandi aziende, ma anche da piccole manifatture, molto importanti per la tenuta del settore, perché producono la maggior parte dell’alto di gamma mondiale. Proprio in questo particolare momento, inoltre, il governo dovrebbe sostenere maggiormente i processi di cambia- mento che erano già in atto e che questa emergenza sta velocizzando, come la digitalizzazione e una maggiore at- tenzione verso le tematiche legate alla sostenibilità. Senza dimenticare che è essenziale che almeno una parte delle risorse pubbliche che saranno messe in gioco sia utilizzata per “costruire il futuro”. Per troppo tempo, nel nostro Pae- se ci siamo interessati più del presente che del futuro, a dif- ferenza di quello che hanno fatto nel secondo dopoguerra i nostri padri, cui dobbiamo gran parte degli investimenti infrastrutturali su cui ancora oggi contiamo. Ora il dovere di tutti è pensare al futuro, e pensare al futuro significa anche un impegno più tangibile nei confronti del- le nuove generazioni, con maggiori investimenti a partire dalla formazione, ma anche con percorsi preferenziali per i giovani che vogliono fare impresa, così come ci dovrebbe essere maggiore flessibilità nelle assunzioni. Credo che sia fondamentale che il governo semini per il futuro. P

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