Civiltà del Lavoro, n. 6/2020

Civiltà del Lavoro dicembre 2020 43 Far ritornare la Villa ad essere quel fulcro di iniziative cultu- rali che era ai tempi di Giulio Romano è molto stimolante sia per la mia famiglia che per chi ha modo di essere coin- volto in queste attività che, con regolarità, la Villa organizza. Credo che l’impresa possa fare molto per l’arte, può contri- buire in modo significativo a farla “vivere”. Il nostro Paese è in molti suoi aspetti un immenso museo. Per poter man- tenere questo patrimonio il supporto del privato è fonda- mentale: le aziende però dovrebbero essere messe nelle condizioni di poter sostenere il mantenimento di un luogo storico e di grande valore come questo. A volte invece è scoraggiante vedere come le iniziative private, anziché es- sere incentivate, vengano ostacolate o addirittura penaliz- zate dal pubblico. Ricorda il momento in cui ha saputo di essere stata no- minata Cavaliere del Lavoro e cosa rappresenta per lei questa onorificenza? Il momento in cui ho saputo di essere stata nominata Ca- valiere del Lavoro rimarrà impresso nella mia memoria con quel misto di incredulità e orgoglio da cui mi sono sentita travolta. Ho subito pensato a cosa dovevo l’onore di quel riconoscimento. Molte persone saranno state sicuramente più meritevoli di me. La risposta che mi sono data è che il presidente Sergio Mattarella avesse voluto indicare il valore aggiunto dello sguardo imprenditoriale femminile che rappre- senta tanta parte del successo del made in Italy nel mondo. Per me essere Cavaliere del Lavoro vuol dire assumere un impegno ulteriore sia nell’azienda che nel settore in cui opero. Vuol dire lavorare con rettitudine e con il massimo rispetto verso i collaboratori, ai quali dobbiamo dare te- stimonianza e riconoscenza di essere parte integrante del successo raggiunto. Dobbiamo sentire che il riconoscimento ricevuto ci pone come esempio sia per altri colleghi imprenditori, sia per le nuove generazioni, che da quello che noi possiamo rap- presentare possano trarre stimolo e incoraggiamento per le loro carriere. Inoltre, nella fase emergenziale che stiamo vivendo, piena di timori e di complessità, i Cavalieri del Lavoro devono sen- tire la responsabilità di essere, con la loro attività interpre- ti fondamentali della rinascita. I fondi stanziati all’Italia dagli organismi europei per far fronte alla crisi sono cospicui. A detta di molti osserva- tori vi sono le premesse per reinventare il sistema Pae- se. Quali, secondo lei, le priorità da cui partire? Da un punto di vista generale, ritengo che un paese possa definirsi civile se rispetta dei capisaldi fondamentali: ovvia- mente avere un sistema economico che funziona, ma an- che essere anche un paese nel quale la scuola, la sanità, il sistema sociale che garantisce le fasce più deboli e gli an- ziani, vengano considerati di assoluta priorità. Credo che una buona parte delle risorse dovranno aiutarci a perseguire quegli obiettivi che in questi ultimi anni sono stati sicuramente penalizzati. Raggiungerli, attraverso gli aiuti che ci verranno dati dall’Europa, ci permetterà di diventare un paese davvero migliore. Dobbiamo puntare all’eccellen- za. Gli italiani lo meritano per come hanno saputo fronteg- giare questo difficile momento. Nello specifico, il settore in cui opero dovrebbe istituire un “tavolo di filiera” in cui formazione, sviluppo, coordinamen- to, divengano obiettivi prioritari e siano in grado di far con- vergere le diverse realtà che lo compongono, con il suppor- to delle istituzioni preposte. Bisognerebbe poi lavorare come “Sistema Paese”. In primis si dovrebbe legare il sistema agroalimentare al turismo. L’I- talia, per tornare a marciare speditamente, dovrebbe met- tere in piedi un progetto di lungo respiro che massimizzi la portata degli investimenti pubblici e privati, piuttosto che depotenziarla disperdendo energie e denari in mille rivoli. Il vino italiano, fatto di tante, a volte troppe, specificità, de- ve puntare su un asset che invece è chiarissimo, compre- so e ammirato in tutto il mondo, racchiuso in un unicum: quello dell’“Italian Style”. Questo concetto raggruppa in sé tante attività che rappresentano una parte formidabile del Pil italiano, fatto di vino, di cibo, di agricoltura, di moda, di paesaggi, di arte e cultura, di design, valori che si deve dav- vero e definitivamente riuscire a far dialogare insieme.

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