Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2020

23 Civiltà del Lavoro ottobre • novembre 2020 so in conflitto con gli altri poteri: l’area metropolitana, la Provincia, la Regione, lo Stato, l’Unione europea. Ma la Co- stituzione ci propone un terzo e più importante concetto di città: appunto la città come “formazione sociale” in cui si sviluppano le relazioni umane, la solidarietà, la partecipa- zione, i diritti e i doveri, la “città giusta”. Dobbiamo recuperare questo aspetto della città come comunità che favorisce la crescita personale di ciascuno. La tecnologia può favorire questa evoluzione: spesso si parla di smart city? Qui rischiamo un altro paradosso. È vero che la tecnolo- gia può favorire lo sviluppo delle città e dei suoi servizi per migliorare la vita di tutti noi. Ma un eccesso di tecnologia rischia di soffocare le relazioni umane per favorire le qua- li è nata la città. Lo stiamo vivendo in quest’epoca di pandemia in cui per evi- tare il contagio si contrasta il contatto (tranne quello coat- to fra detenuti nelle carceri sovraffollate e perciò invivibili). La tecnologia ci ha messo in grado di continuare a lavora- re da casa, ma il distanziamento sociale imposto dal virus ha diradato i rapporti umani, fino alla tristezza delle mor- ti in solitudine dei nostri anziani negli ospedali e nelle Rsa. Nella prossima primavera si voterà nelle principali cit- tà italiane (Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli) e i partiti sono alle prese con la scelta delle candidature dei sindaci e con la stesura dei programmi. Che consi- glio darebbe loro? Di proposte e di consigli ne girano fin troppi. L’unico sug- gerimento è quello di rimettere – al posto del profitto e dell’efficienza fine a sé stessi – la persona e le sue relazioni sociali al centro dei programmi per le città che andranno al voto, rifuggendo da eccessive semplificazioni. Le città sono organismi complessi e per gestirle non basta- no un manuale di diritto amministrativo e una generica di- sponibilità politica, ma occorre una preparazione. Ci sono infiniti aspetti da tenere insieme, dai diritti di cittadinanza alla disponibilità dei servizi, dalla rigenerazione urbana all’i- dentità dei diversi territori. La stessa professione dell’architettura è un’attività comples- sa, che non può limitarsi al ruolo di mettere pietra su pie- tra: il ruolo dell’architetto è semmai quello di tradurre con la pietra il linguaggio, le idee e i sogni degli uomini, come ricordava Calvino nel suo libro “Le città invisibili”. Il governo si sta interrogando sul riordino dei poteri lo- cali. Anche in questo caso, che suggerimenti darebbe? Suggerirei di ripensare il disegno dei poteri locali dalle fon- damenta con calma e razionalità e non procedere caso per caso, a tentoni, frettolosamente, come purtroppo si è fat- to in passato creando più problemi di quelli che si voleva- no risolvere. Ricordo l’affrettata riforma del Titolo V della Costituzione sui poteri regionali dell’inizio del secolo: ha causato infini- ti contenziosi tra Stato e Regioni che ho vissuto personal- mente alla Corte Costituzionale. Faccio solo un esempio: la riforma prevede che la tutela dei beni artistici spetti allo Stato e la loro valorizzazione alle Regioni. Spesso, quando si doveva restaurare un’opera d’arte, nasceva il conflitto: il re- stauro era tutela, e dunque spettava allo Stato, o valorizza- zione e dunque spettava alla Regione? Così come la mezza riforma delle Province ha dato vita a una pletora irrazionale di enti intermedi. E il nostro mezzo federalismo fiscale non ha risolto il problema di quale e quanta autonomia tribu- taria attribuire alle Regioni e ai Comuni. Come vede, i pro- blemi non mancano e la pandemia ha dimostrato la conflit- tualità che ne deriva fra centro e autonomie. Il governo ha varato il bonus al 110% per la ristruttura- zione energetica e sismica degli edifici e l’anno prossimo arriveranno i fondi del Next Generation Ue. Pensa che parte di questi fondi possano essere utilizzati per le ri- generazioni urbane e il “rammendo delle periferie” per cui si batte il senatore architetto Renzo Piano? Non sono in grado, e non è mio compito, di valutare se i fondi europei possano essere utilizzati per le riqualificazio- ni urbane. Posso solo osservare che anche in questo ca- so occorre evitare il rischio di ridurre la rigenerazione ur- bana a una mera operazione urbanistico-finanziaria come in certi casi è accaduto; in passato c’è stata una colpevole Il tema della convivenza urbana è al centro del libro di Giovanni Maria Flick,“Elogio della città? Dal luogo delle paure alla comunità della gioia” (Edizioni Paoline 2019) PRIMO PIANO

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