Civiltà del Lavoro, n. 3/2020

9 Civiltà del Lavoro giugno • luglio 2020 ome un virtuoso del trapezio, il nostro Paese sarà nei prossimi mesi e anni impe- gnato in un triplo salto mortale. Dovrà (primo salto) continuare a sussidiare cittadi- ni e imprese perché non soccombano alla crisi, per esempio con l’estensione della cassa integrazione e con l’aumento del Fondo di garanzia per i crediti alle imprese, ai quali sarà destinato un nuovo scostamento di bilancio da una ventina di miliardi. Dovrà poi (secondo salto) favorire la ripresa della produzione e dei consumi per tornare al più presto almeno ai livelli di Pil pre Covid, con misure che favoriscano la domanda interna. E contemporanea- mente (terzo salto) dovrà modificare il nostro apparato produttivo e sociale nel senso dell’innova- zione e digitalizzazione, della sostenibilità ambientale e di una maggiore coesione sociale. Un impe- gno da far tremare i polsi. Si dirà che tutto il mondo, e in particolare tutta Europa, è impegnata in uno sforzo analogo. E dun- que “mal comune, mezzo gaudio”. Ma il nostro Paese è gravato da almeno tre grandi zavorre: la no- stra economia è in frenata da almeno vent’anni; il nostro debito pubblico non ci consente le manovre di finanza pubblica che altri possono permettersi; la nostra maggioranza di governo è meno coesa e legittimata di quelle di altri paesi. Molti fanno affidamento sulle misure europee, a cominciare dagli acquisti di titoli pubblici della Bce, che per noi italiani potrebbe arrivare a 300 miliardi. Poi ci sono gli interventi della Bei per le Pmi, i fon- di Sure per la cassa integrazione (fino a 20 miliardi per noi italiani), i fondi Mes per gli investimenti sa- nitari (fino a 37 miliardi) se il Parlamento deciderà di utilizzarli, vincendo le resistenze di M5S, Lega e Fdi, e soprattutto il Recovery Fund che arriverà per noi a 209 miliardi, di cui quasi 82 di grants, cioè di elargizioni a fondo perduto garantite dal bilancio Ue. Ma per non cullarsi in false illusioni occorre tener conto di due elementi: i fondi europei sono co- munque debito, italiano o europeo, che dovremo restituire che si aggiungerà al nostro già enorme debito nazionale. E poi i fondi europei non potranno essere utilizzati per spese correnti, ma saranno erogati a fronte di progetti specifici d’investimento che dovremo presentare a ottobre e che la Com- missione europea vaglierà attentamente e di cui controllerà lo stato d’avanzamento secondo una ta- bella di marcia molto stringente. Altrimenti i soldi si perderanno, come avviene con i fondi strutturali. E noi italiani non abbiamo mai brillato per tempestività ed efficienza nell’utilizzo dei fondi europei. Ecco il grande rischio che grava sul nostro futuro: dopo l’illusione dei fondi europei, la delusione di non riuscire a spenderli e rischiare di perderli. Per sventare questo rischio occorre riformare rapida- mente la macchina pubblica. E questo richiede l’impegno di tutti: governi centrale e territoriali, po- litici di maggioranza e opposizioni, burocrati grandi e piccoli, imprese, sindacati e semplici cittadini. Ne saremo capaci? EDITORIALE Il triplo SALTO MORTALE C

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