Civiltà del Lavoro, n. 3/2020

47 Civiltà del Lavoro giugno • luglio 2020 La Cina ha chiuso un contratto miliardario per l’acqui- sto dagli Stati Uniti di semi di soia. I due acquirenti sono la Cogco e la Sinograin. Questo acquisto dovrebbe dare grande impulso al mercato di queste navi. Purtroppo que- sto business è sospeso per via delle sanzioni americane nei confronti della Cina, per la grossa questione di Hong Kong. Adesso mi dica qualcosa sulle navi portacontainer. Il coronavirus è stato dannosissimo anche per questo tipo di navi. La situazione negativa, dovuta al lockdown mondiale, rimarrà ancora per qualche mese. Al 1° gennaio 2020, l’am- montare dei container in tutto il mondo segnava una cifra di 22,95 milioni di teu (container da 20 piedi). In un anno (dal 1° gennaio 2019) la flotta mondiale era cresciuta di un 4%. Tra demolizione di navi di una certa età e immissioni di nuo- ve costruzioni (il cui numero è stato rallentato), l’aumen- to della flotta per il 2021 è fortunatamente un po’ più limi- tato e così i noli potrebbero respirare. Inutile dire che vi sono decine e decine di navi in tutto il mondo in disarmo. Abbiamo lasciato per ultimo l’argomento di cui parlano tutti: le navi passeggeri. L’8 giugno la nave Artania ha raggiunto il suo home port, Bre- merhaven, dopo quattro mesi di pellegrinaggio dall’Australia alla Germania, toccando numerosi porti solo per sbarcare passeggeri, quando venivano accettati, e parte dell’equipag- gio in sovrannumero, in seguito al calo del numero dei pas- seggeri. Questa sorte è toccata a tutte le navi da crociera. Ci si può immaginare quanto abbiano perso: ricavi spariti, costi equipaggio e bunker immutati e, in più, spese portuali extra. La Aida Cruises, Costa, Msc e i greci della Celestyal hanno co- municato che è loro intenzione riprendere il traffico a fine luglio. La P&O ad ottobre e la Norwegian Cruise Line a feb- braio 2021. Per sopravvivere al forzato disarmo e ai costi di cui sopra, questi armatori si sono ulteriormente indebitati, a tassi piuttosto alti rispetto al mercato. Comunque, anche se le navi sono tuttora in disarmo, la ferrea determinazione de- gli armatori è quella di continuare al più presto la loro tradi- zionale attività. Il settore che è riuscito a sopravvivere meglio è quello dei traghetti: riforniscono isole e arcipelaghi e così hanno beneficiato molto spesso degli aiuti statali (e questo è avvenuto in tutto il mondo). In sintesi, può dirci qualcosa sul mondo portuale? In tutta questa situazione, era immaginabile che i porti su- bissero grosse perdite: il loro calo di attività è previsto per il 2020 dal 20 al 40%. Purtroppo siamo tutti consci che la situazione attuale a livello nazionale e mondiale è molto seria. Come pensa che se ne possa uscire? La crisi ci sta attanagliando, ma io non smetto di essere un inguaribile ottimista. Ho iniziato la mia attività nello shipping nel ‘60 e per sette anni non ho visto altro che navi in disarmo, armatori che fallivano e recessione ovunque. Poi c’è stata la Guerra dei sei giorni tra Egitto e Israele e il mercato dei noli è ripartito alla grande, così abbiamo visto nuove ordinazio- ni di navi. Non bisogna mai disperare se incappiamo in una crisi. Anzi: dobbiamo approfittare dell’occasione e investire, se possibile, o creare qualche cosa di nuovo. Io ho iniziato a lavorare a ventitré anni, senza una lira, e a trentacinque ero già armatore. Poi si sono succedute anche altre crisi. E con una certa accortezza ne ho tratto vantaggio. Però stavolta c’è una seria pandemia. È vero, ma bisogna pensare che anche la pandemia passerà, prima o poi. I nostri avi sono incappati nella peste, nel colera, nella spagnola: eppure il mondo non si è fermato. Quindi possiamo trasmettere sentimenti di ottimismo ai nostri universitari del Collegio Lamaro Pozzani? Naturalmente possiamo. E dobbiamo, ripeto dobbiamo, tra- smetterli. Nella situazione attuale abbiamo anche la speran- za che questo micidiale virus sarà annientato da un vaccino. Quando accadrà, lo sviluppo economico inizierà la sua stra- da, con rinnovate energie. Abbiamo menzionato i nostri universitari. Che consigli può dare loro, con i suoi tanti anni di esperienza lavorativa? Ai giovani raccomando sempre una cosa banale. Devono es- sere loro ad individuare il mestiere o la professione che vo- gliono scegliere, prepararsi durante gli studi per approfondi- re le conoscenze dell’attività che andranno ad intraprendere. Il mestiere scelto deve piacere: al lavoro bisogna avvicinar- si con entusiasmo. Il lavoro è sempre fatica, ma se piace, di- venta un divertimento. Il successo si raggiunge quando altri cercano noi perché ci stimano per quello che sappiamo fa- re e desiderano essere consigliati. E naturalmente tutti i me- stieri e le professioni hanno pari dignità. L’intervista è stata rilasciata il 18 giugno 2020 Ho iniziato negli anni ‘60 e per sette anni non ho visto altro che navi in disarmo, armatori che fallivano e recessione ovunque. Anche allora ero ottimista PRIMO PIANO

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