Civiltà del Lavoro, n. 1/2020

21 Civiltà del Lavoro febbraio 2020 ATTUALITÀ sulle “cose” (Iva, case, patrimoni) si mantengono regimi fiscali più o meno agevolati. Come invertire la tendenza? Ogni proposta di riordino del sistema fiscale deve partire dallo stato del bilancio pubblico. In questa prospettiva cre- do che un riequilibrio dei carichi fiscali a favore delle impre- se e del lavoro passi attraverso un aumento dell’Iva che nel nostro Paese produce un gettito, in rapporto al totale delle entrate tributarie, più basso rispetto agli altri paesi europei. È importante sottolineare che con l’inflazione attuale un incremento dell’Iva non ridurrebbe in maniera significati- va il potere d’acquisto. I meno abbienti potrebbero essere compensati attraverso interventi diretti di sostegno mone- tario demandati ad esempio all’Inps grazie alle informazio- ni disponibili sull’Isee. A mio avviso, anche l’imposizione sugli immobili presenta alcuni margini di aumento, attraverso una riconsiderazio- ne dell’esenzione totale e per tutti i contribuenti della pri- ma casa dall’Imu. Un capitolo specifico riguarda le agevolazioni fiscali che valgono 60-70 miliardi e che tutti i governi dicono di vo- ler ridurre senza riuscirci. A suo giudizio sarebbe giusto ridurle e come? Oggi una riforma fiscale organica non può che partire dal riordino delle tax expenditure che non solo riducono il get- tito, ma rendono anche l’Irpef meno equa, differenziando in maniera significativa il carico fiscale tra i contribuenti. In questo ambito si ritrovano, inoltre, molti incentivi obso- leti e di scarsa efficacia che disperdono risorse e produco- no effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse produttive. Un altro capitolo riguarda il fisco “green” di cui abbia- mo avuto un assaggio con la contestatissima tassa sulla plastica monouso. Come conciliare le esigenze ambien- tali senza deprimere interi settori produttivi? Gli interventi fiscali green sono opportuni se inseriti in un vero programma per la sostenibilità che spinga il Paese a comportamenti più virtuosi. In questa prospettiva il Gover- no non dovrebbe considerare queste entrate come stabili e destinarle, ad esempio, al finanziamento di spese corren- ti. L’obiettivo del Governo dovrebbe essere piuttosto quel- lo di entrate pari a zero perché significherebbe che le sue indicazioni sono state seguite. Contemporaneamente, andrebbe tenuto nel giusto conto se e quanto queste tasse green producono effetti depres- sivi su particolari settori. In questo caso occorrerebbe una certa gradualità, e in alcuni casi, andrebbero previste even- tualmente misure compensative. In passato Assonime propose una blanda patrimoniale per ridurre l’imposizione sulla produzione e magari an- che per ridurre il debito pubblico, che si è rivelato un for- te freno alla crescita. Lei ha proposto una manovra “alla Ciampi”, ricordando la tassa da 62mila miliardi di lire per l’Europa che ci consentì di entrare subito nell’euro e fu poi in parte restituita. Che cosa sarebbe utile fare oggi? Mettere il debito pubblico su un sentiero credibile di ridu- zione, in rapporto al Pil, è oggi per il nostro Paese una que- stione cruciale non solo di per sé, ma anche per la crescita del sistema economico. Oggi l’Italia ha uno spread a oltre 130 punti base mentre altri paesi europei, come Spagna e Portogallo, stanno ben al di sotto. Se l’Italia accettasse di ridurre il disavanzo pubblico di almeno un punto percen- tuale di Pil, magari facendo scattare la clausola di salvaguar- dia dell’Iva e/o attraverso una riduzione di spesa pubblica, potremmo beneficiare subito di una riduzione dello spre- ad (almeno 70 punti) che si tradurrebbe, almeno in parte, in spazio di manovra della spesa pubblica, mentre l’emer- sione di un maggiore avanzo primario potrebbe genera- re veramente una riduzione del peso del debito pubblico. In quest’ottica ho recentemente citato quanto fecero Ro- mano Prodi e l’allora ministro delle Economia Carlo Azeglio Ciampi per far entrare l’Italia nell’euro. Poiché il disavanzo pubblico era allora gravato da una forte e crescente spesa per interessi che il Paese pagava a causa dei rischi di con- tinue svalutazioni della lira, il Governo di allora adottò una tassa “transitoria”, che potesse ridurre il disavanzo pubblico in modo da consentire alla lira di entrare nell’euro e che sa- rebbe stata in parte restituita una volta che, entrati nell’eu- ro, avessimo ridotto la spesa per interessi. La scommessa riuscì e l’Italia entrò nell’euro, mentre il disa- vanzo pubblico si ridusse grazie al calo della spesa per inte- ressi. Oggi si tratta di ripetere quella strategia, magari con una riduzione della spesa e/o un aumento di alcune entrate. È necessario mettere il debito pubblico su un sentiero credibile di riduzione, altrimenti diventa difficile ogni ipotesi di crescita economica. Si potrebbe seguire l’esempio di quanto fecero Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi per far entrare l’Italia nell’euro

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