Civiltà del Lavoro, n. 6/2019

9 Civiltà del Lavoro dicembre 2019 uperati, tra mille polemiche, gli ostacoli della manovra, del Mes e del salvataggio di Banca Popolare Bari, governo e opposizione cercano di riorganizzarsi per i prossimi mesi. Come sarà il 2020? Sarà l’anno del consolidamento della maggioranza giallo- rossa per cercare di puntare a fine legislatura nel 2023 o quanto meno all’elezione del nuovo presidente della Repubblica nel gennaio 2022? Oppure, senza l’assillo del disinnesco dell’Iva, nella maggioranza prevarranno le spinte centrifughe e si andrà alla crisi e a nuove elezioni? E che farà l’opposizione? Cercherà di dare la spallata definitiva al governo, magari arruolan- do nuovi senatori grillini, dopo i tre già passati alla corte di Salvini a dicembre? Oppure prevarrà la te- si del numero due della Lega Giancarlo Giorgetti secondo cui è importante conquistare il potere, ma è anche importante “non governare sulle macerie del Paese” e dunque conviene varare un Comitato di salute pubblica (come Salvini ha battezzato quella che sarebbe a tutti gli effetti una Grande coali- zione) e concordare con Pd e M5S alcune riforme: nuova legge elettorale, misure per crescita, infra- strutture, semplificazione, sanità? In questo caso ci vorrebbe un nuovo governo, che non potrebbe essere un Conte ter, e Giorgetti ha lasciato scivolare il nome di Mario Draghi, il nostro disoccupato di lusso, che potrebbe governare per due anni e poi nel 2022 ascendere al Quirinale. E a quel punto, con le riforme varate, tutti alle urne e vinca il migliore. Queste sono dunque le tre opzioni di inizio 2020: governo giallorosso Conte bis fino a fine legislatura; elezioni subito o Grande coalizione con gover- no Draghi fino a inizio 2022. E’ prevedibile che fino alle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria del 26 gennaio non accadrà nulla. Se Salvini sfonderà nelle due regioni, probabilmente cercherà di impor- re le elezioni politiche subito. Se invece, sull’onda delle sardine che ha già riempito oltre 120 piazze in Italia e nel mondo con un programma antisalviniano, il centrosinistra recupererà elettori e vincerà in Emilia Romagna e in Calabria, allora il governo Conte si rafforzerà e Salvini cercherà di convincere Pd e M5S a fare la Grande coalizione, sacrificando il presidente del consiglio “avvocato del popolo” per mandare a Palazzo Chigi Mario Draghi.Su tutto aleggia poi la questione del taglio dei parlamentari e della legge elettorale, che potrebbe impedire un rapido scioglimento delle Camere. Come si sa, il Par- lamento ha approvato una legge di revisione costituzionale per ridurre i parlamentari da 945 a 600 (400 deputati e 200 senatori). Entro il 12 gennaio un terzo di deputati o senatori, 5 consigli regionali o 500 mila elettori possono chiedere il referendum confermativo. E pare (salvo verifica giuridica) che 64 senatori, pari a un quinto del Senato, abbiano firmato per ottenere il referendum, che si dovrà te- nere entro metà aprile. Dopo di che, se gli elettori confermeranno il taglio, ci vorranno almeno due mesi per aggiornare la legge elettorale ai nuovi numeri di Camera e Senato. Entro gennaio la Corte costituzionale dovrà poi decidere se ammettere il referendum chiesto dalla Lega sulla legge elettora- le per cancellare la parte proporzionale e votare solo con collegi uninominali, come in Gran Bretagna. Se il referendum sarà ammesso, si dovrà celebrare in primavera a meno che non ci siano elezioni an- ticipate, nel qual caso slitterebbe di un anno. Per cercare di mettere ordine in questo “ingorgo istitu- zionale” i partiti stanno cercando di varare una nuova legge elettorale conciliando esigenze molto di- verse: la Lega vorrebbe una legge tendenzialmente maggioritaria per consentire agli elettori di indicare il governo e il premier; il Pd vorrebbe una legge proporzionale con piccoli collegi e forte sbarramen- to (modello spagnolo), il M5S è più orientato al proporzionale mentre Renzi dice di volere il maggio- ritario, ma in realtà punterebbe a un proporzionale con bassa soglia di sbarramento. La speranza dei cittadini e delle imprese è che da tutto questo guazzabuglio esca un sistema politico più stabile, che consenta ai governi di non vivere sempre alla giornata. Ma temiamo sia una speranza impossibile. EDITORIALE Le incognite politiche del NUOVO ANNO S

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