Civiltà del Lavoro, n. 6/2019

29 Civiltà del Lavoro dicembre 2019 PRIMO PIANO vita. Imprese, istituzioni, forze dinamiche della società possono riconoscere questo bene comune al di là di idee e interessi legittimamente diversi. Il nostro incontro ha anche un altro segno forte: talento e merito valgono assai di più se diventano vettori di uno sviluppo e un benessere più ampi. Si tratta di una connessione che merita di essere rafforza- ta. Il merito non riesce a esprimersi compiutamente in una società con diseguaglianze insuperabili e con steccati in- terni. Il merito e l’eccellenza diventano “volani di crescita civile e di sviluppo economico” – come ha detto poc’anzi il presidente Antonio D’Amato – quando emergono da una autentica libertà di movimento, da una comunità aperta al suo interno, con istituzioni vigili e capaci di rimuovere i muri dell’esclusione, della diseguaglianza di opportunità e di diritti, dell’illegalità. Un altro messaggio è contenuto nell’appuntamento di og- gi. L’innovazione non è semplicemente efficienza produtti- va ed economica. Certo, è anche questo. E il più delle volte è condizione di tenuta, in un mondo e in un mercato di- venuti globali. Ma l’innovazione oggi più che mai richiama immediatamente anche l’idea della qualità. Qualità della vi- ta dentro e fuori i luoghi di lavoro, qualità dell’occupazione, qualità dei prodotti. Nella catena del valore l’innovazione è chiamata a sviluppare prioritariamente la qualità. Il mercato stesso è di fronte alla sfida di saper rispondere a questa esi- genza: qualità nell’epoca dei consumi di massa e dell’allarga- mento di essi a popolazioni sempre più vaste e numerose. Innovazione e qualità sono i principali vettori dello svilup- po sostenibile, che oggi è la sola modalità con cui possia- mo immaginare la possibilità di sviluppo. È una nuova frontiera sulla quale far convergere risorse, intelligenza, passione, ricerca. Abbiamo di fronte difficol- tà – e dobbiamo scontare errori e ritardi – ma anche enor- mi potenzialità. Noi Italia. E noi Europa. Dobbiamo esserne consapevoli. La nuova Commissione presieduta dalla presidente Ursu- la von der Leyen si è posta l’ambizioso obiettivo di far del nostro il primo continente neutrale dal punto di vista cli- matico entro il 2050, riducendo di almeno il 50% le emis- sioni nocive entro il 2030. Si tratta di un traguardo che collega gli obiettivi prima enu- merati: sostenibilità, ricerca e formazione, innovazione, cre- scita di occupazione. L’innovazione nella creazione dell’ener- gia, l’industrializzazione, ora la digitalizzazione e il sistema delle telecomunicazioni, hanno radicalmente cambiato, nel ‘900, le nostre società. L’Europa può essere, ancora, l’a- vanguardia del cambiamento. Nella produzione, nell’equili- brio dei consumi, nella tutela ambientale, nel modello so- ciale e di welfare. Ci si può porre alla testa di una trasformazione tale da creare nuova ricchezza e poterla distribuire in modo più equo del passato.

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