Civiltà del Lavoro, n. 3/2019

9 Civiltà del Lavoro luglio 2019 Italia è uscita un po’ acciaccata dalle trattative per la nuova Europa dopo le ele- zioni del 26 maggio. È vero, partivamo fortissimi con tre posizioni di vertice (Ta- jani presidente dell’Europarlamento, Draghi della Bce e Mogherini Alto Rappre- sentante) e non avremmo potuto che peggiorare. Ma il risultato è inferiore alle previsioni, con la beffa finale, per il governo gialloverde, di ritrovarsi alla presiden- za dell’Europarlamento il piddino David Sassoli che ha fatto schiumare di rabbia i leghisti che non l’hanno votato, mentre i grillini hanno optato per la libertà di coscienza (“I parlamentari europei non hanno rispettato il voto degli elettori italiani” hanno sibilato Salvini e Calderoli). Per quel che riguar- da le altre cariche, la maggioranza gialloverde che in campagna elettorale aveva promesso baldan- zosamente di rivoltare dalle fondamenta l’Europa “dell’austerità” a trazione franco-tedesca, ha pa- radossalmente collaborato a rafforzare proprio l’asse franco-tedesco, visto che alle due principali cariche andranno la tedesca Ursula Von der Leyen, fedelissima della Merkel, neo presidente della Commissione europea e la francese Christine Lagarde, presidente Bce da novembre, quando sca- drà il mandato di Mario Draghi. Le altre due caselle sono andate al liberaldemocratico belga Char- les Michel, neo presidente del Consiglio europeo e al socialista Joseph Borrell, nuovo Alto Rappre- sentante. A questo risultato un po’ a sorpresa si è giunti dopo che i paesi sovranisti dell’Est insieme all’Italia avevano bocciato la proposta della Merkel di nominare presidente della Commissione il so- cialista olandese Timmermans, nemico dell’austerità e amico dell’Italia. Così, con il suo “no” a Tim- mermans, il premier Conte ha spianato la strada alla Von der Leyen, aristocratica conservatrice te- desca non certo ostile all’austerità, e al “nemico” Sassoli, presidente dell’Europarlamento. Conte ha poi detto di aver ottenuto per il nostro Paese il commissario alla Concorrenza, che sarà anche vi- cepresidente della Commissione e verrà scelto dalla Lega, e un posto nel board della Bce. Ma que- ste promesse andranno verificate nelle prossime settimane, anche perché il nostro commissario andrà concordato con la Von der Leyen e poi ratificato dal Parlamento europeo. Come premio di consolazione, il 2 luglio scorso, la Commissione europea ha annullato la procedura d’infrazione contro il nostro Paese per deficit eccessivo dovuto al debito eccessivo. Ma questo ci è costato un “assestamento di bilancio” da 7,8 miliardi tra maggiori entrate (più gettito Iva grazie alla fatturazione elettronica ed extra dividendi di Cassa depositi e prestiti e Bankitalia) e minori spese: soprattutto i risparmi per Quota 100 e Reddito di Cittadinanza, che evidentemente erano state so- vrastimate nella Legge di Bilancio e che i vicepremier Di Maio e Salvini avrebbero voluto subito im- pegnare per altri capitoli di spesa. Invece hanno abbozzato facendo finta di niente. Ma tutto questo vale per il 2019. Adesso ci saranno gli esami di ottobre, quando il governo dovrà trovare 40-45 miliardi tra tagli di spese e aumento di imposte se vuole rispettare le regole europee come si è impegnato a fare per evitare la procedura d’infrazione e contemporaneamente non far scattare gli aumenti Iva (23 miliardi), varare una nuova tranche della flat tax (15 miliardi), come pre- tende quotidianamente Salvini, e coprire altre spese minori. Sembra un’impresa quasi impossibile. EDITORIALE L’Italia nella nuova EUROPA L’

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