Civiltà del Lavoro, n. 3/2019

19 Civiltà del Lavoro luglio 2019 vrebbero dovuto decretare la fine delle élite di Bruxelles e invece le eu- ropee dello scorso maggio hanno restituito un parlamento sì diverso dalla storica composizione domina- ta da popolari e socialisti ma tutt’al- tro che rivoluzionato. Nella maggioranza dei paesi vincono i partiti europeisti (Germania, Spagna, Grecia, Danimarca, Slovenia, Olanda), crescono i partiti liberali (l’Alde supera i cento seggi), non sfondano i partiti nazionalisti (tranne in Italia, in Francia e nell’“uscente” Inghilterra). Non a caso considerata la più importante degli ultimi 40 anni, da quando nel giugno del 1979 l’Europa sperimentò per la prima volta l’elezione a suf- fragio universale delle sue istituzioni più rappresentative, la tornata elettorale di fine maggio assegna, dunque, il ruolo di ago della bilancia degli equilibri di potere nello scacchie- re comunitario ai partiti della famiglia dei Verdi e dell’Al- leanza dei democratici e liberali in Europa, con 69 e 105 seg- gi ciascuno (contro i 52 e i 69 di cinque anni fa). I partiti euroscettici come il Rassemblement National di Ma- rine Le Pen, la Lega e il Movimento 5 Stelle in Italia, il nuovo Brexit Party di Nigel Farage in Regno Unito e Fidesz dell’un- gherese Viktor Orban, pur con delle importanti affermazioni nei rispettivi paesi, non avranno gran peso a Bruxelles. L’al- leanza voluta da Matteo Salvini non va oltre i 73 seggi, mentre i 14 europarlamentari pentastellati rischiano di trovarsi soli, visto che quasi tutti i partiti alleati non sono nemmeno riu- sciti a superare la soglia minima per entrare in Parlamento. Rappresentata dal blocco sovranista, l’Italia si troverà per- tanto in minoranza quando si dovranno scegliere i nuovi posti chiave della nuova architettura del potere europeo: elezione del presidente del Parlamento e del nuovo pre- sidente della Commissione (luglio), scelta dei commissari (confermati dal Parlamento in ottobre), nomina del nuovo inquilino dell’Eurotower al termine del mandato di Mario Draghi, che scadrà il prossimo 31 di ottobre. ITALIA “MALATO” D’EUROPA. In attesa di capire come si muoverà in Europa l’Italia a trazione sovranista, c’è da chiedersi quale sarà l’Italia che oggi si presenta all’Europa. C’è poco da girarci intorno, tutti i principali indicatori so- no preoccupanti: bassa crescita, alta disoccupazione, defi- cit da record, debito in salita e spread quasi raddoppiato rispetto a solo un anno fa. Indicazioni sullo stato di salute del Paese arrivano tuttavia, nette, da due fonti autorevoli: la Commissione Europea e la Banca d’Italia. Sventato in extremis, il warning sulla procedura d’infrazione Quale Italia nella “NUOVA” EUROPA? Cambiati ma non rivoluzionati, gli equilibri del nuovo Parlamento europeo non registrano il trionfo delle forze sovraniste. In Italia, invece, la compagine euroscettica ha il sopravvento Terminata la fase delle analisi politiche resta tuttavia un interrogativo: che Italia si presenta all’Europa? Risposte dalla Commissione europea e dalla Banca d’Italia A di Cristian FUSCHETTO PRIMO PIANO

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