Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

67 Civiltà del Lavoro maggio 2019 sati cento anni, ma il divario tra il Sud e il Nord del Paese è rimasto enorme. Sturzo fu sempre convinto che per lo svi- luppo delle regioni meridionali fosse necessario sollecitare le migliori risorse imprenditoriali, professionali e tecniche, anziché puntare sull’assistenzialismo. Nel 1947 scriveva: “Le regioni meridionali non possono ri- sorgere senza tre condizioni: lo spirito d’iniziativa da parte dei suoi stessi cittadini, piani seriamente studiati dal pun- to di vista tecnico e finanziario, e costante collaborazione degli enti locali con il governo centrale”. E poco dopo ag- giungeva: “nel sud tutti sono in cerca di posti statali e pa- rastatali, ma l’orientamento scolastico deve tendere per la grande maggioranza della popolazione verso le professio- ni produttive, e dobbiamo impiegare la mano d’opera per una maggiore produttività”. Invece qual è l’unica misura a vantaggio del Mezzogiorno nella finanziaria del governo per il 2019? Proprio un classico sistema assistenziale, che dà un sussidio a fronte di ricerche di lavoro che dovrebbero essere individuate e gestite dai centri per l’impiego, che per la loro inefficienza oggi pro- curano appena il 3% dei posti di lavoro. Un provvedimento che Sturzo avrebbe condannato senza appello e che favo- rirà il lavoro nero e ogni sorta di abusi. “L’autonomia degli enti locali”. Luigi Sturzo è sempre stato un convinto assertore dell’autonomia degli enti locali per- ché riteneva che essa fosse un requisito fondamentale del- la libertà stessa e che una comunità aveva il diritto e allo stesso tempo il dovere di governarsi da sola. Nei 15 anni della sua Pro-sindacatura di Caltagirone egli riu- scì davvero a trasformare il territorio calatino, sostenen- do lo sviluppo dell’attività dei contadini, fondando la Cassa rurale San Giacomo, mettendo l’istruzione al primo posto delle spese del comune, creando la prima scuola professio- nale per i ceramisti. In coerenza con queste convinzioni, rientrato in Italia dopo l’esilio, si era dichiarato favorevole all’autonomia regionale in Sicilia. Tuttavia ben presto cominciò a richiamare i politi- ci siciliani a utilizzare l’autonomia in maniera più corretta e produttiva: “Circondatevi di tecnici, di esperti in ogni cam- po. Curate l’agricoltura, la scuola, il credito, la cooperazio- ne, il turismo, i lavori pubblici, la pesca”. Ma nell’appello ai siciliani, scritto nel 1959 poco prima di morire, emerge tutta la sua delusione: “Si favoriscono le categorie impiegatizie e si creano enti inutili, parassitari e costosi. I politici regionali si attribuiscono compensi pari a quelli dei deputati e dei senatori di Roma e vengono meno alla dovuta regolarità dell’amministrazione.” E insisteva: “L’industrializzazione non sia fatta con le catte- drali nel deserto, ma seguendo le esigenze prioritarie della Sicilia: turismo, agricoltura specializzata, pesca, porti, ferro- vie” . Purtroppo queste parole di don Sturzo rimasero ina- scoltate, anzi nei decenni successivi la cattiva amministra- zione in Sicilia si è aggravata sempre di più, a scapito di una seria politica di sostegno al sistema produttivo, coi risultati che abbiamo sotto gli occhi. “La riforma della burocrazia” . Già cento anni fa Sturzo e i popolari ritenevano necessaria una riforma dell’ammini- strazione pubblica che desse più potere agli enti locali, più snellezza operativa, più sostegno alle imprese e alle famiglie. Ciò è ancor più vero oggi, nell’era dell’elettronica e dell’in- formatica, invece tutti noi ci scontriamo di continuo con procedure farraginose e lungaggini interminabili rispetto alle esigenze dei cittadini. Nella Pubblica amministrazione non esistono criteri di se- lezione di merito, mancano i sistemi di controllo della pro- duttività e tuttora si opera più per il rispetto formale del- la procedura che per trovare la soluzione del problema. Spero di aver dimostrato come il contenuto dell’“Appello ai liberi e forti” di cento anni fa sia tuttora perfettamente at- tuale, anzi possa diventare addirittura il programma di un’a- zione politica e amministrativa per i prossimi anni. Tuttavia non illudiamoci: anche il miglior programma, se non è fondato sull’etica di chi lo realizza, non ottiene nes- sun risultato. Su questo dobbiamo tutti impegnarci, tenendo sempre presente il grande monito di Luigi Sturzo: “Servire e non Servirsi”. Profilo FRANCESCO R. AVERNA è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2002. Ha guidato e sviluppato dal 1983 al 2014 l’azienda di famiglia, la Fratelli Averna spa, fondata dal bisnonno Salvatore nel 1868. Attualmente è presidente del Gruppo Siciliano dei Cavalieri del Lavoro INTERVENTO

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