Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

49 Civiltà del Lavoro maggio 2019 costo totale per l’Italia potrebbe scendere da 4,7 miliardi a 3,07 miliardi, con un risparmio netto di 1,7 miliardi. Come sottolineato da molti osservatori e più volte messo in evidenza anche su queste pagine, si fanno sempre più evi- denti i costi del non fare rispetto a quelli del fare. Il documento tanto citato da chi pure sostiene le ragioni del no alla Tav Torino-Lione, e cioè l’analisi costi benefici voluta dall’attuale ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, sti- ma i costi di un’ipotetica rinuncia all’opera in una forchetta da 1,7 a 3,9 miliardi. Stando così le cose la battuta del presi- dente francese Macron secondo cui la Tav è un “problema italo-italien” non appare poi tanto peregrina. DIRE SÌ ALLA CINA VUOL DIRE SÌ ALLA TAV. Ad arric- chire il quadro di valutazione dell’affaire Tav è intervenuto nelle ultime settimane anche un fattore di natura geopoli- tica. Primo fra i paesi fondatori dell’Unione europea, l’Italia ha siglato il 23 marzo uno storico Memorandum of Under- standing con la Cina entrando ufficialmente nella Belt and Road Initiative (Bri) voluta dal presidente Xi Jinping. Cosa c’entrano gli accordi della nuova Via della Seta con la Tav? C’entrano eccome. La Bri è l’ambizioso piano voluto dalla Cina per riequilibrare e dare un’impronta asiatica alla globalizzazione di matrice statunitense. Detto in altri termi- ni, la Cina non vuole più dipendere da paesi terzi nella de- finizione delle proprie rotte commerciali e ha cominciato a chiudere accordi per la progettazione di infrastrutture di scambio (ponti, porti, strade, insomma: reti terresti e marit- time) con un gran numero di paesi lungo l’asse Est-Ovest: Sudest asiatico, Asia centrale, Africa, Europa. La Cina ha firmato finora 103 accordi di cooperazione con 88 paesi e organizzazioni internazionali. Per avere un ordi- ne di grandezza del volume di risorse messe in campo, basti dire che secondo le stime dell’Ufficio Nazionale di Statisti- ca di Pechino almeno sono 1.700 i miliardi di dollari inve- stiti nel complesso degli interventi programmati. Lo scopo è chiaro: avvicinare il mercato cinese e quelli occidentali. La Tav, come è noto, non è una linea ferroviaria a sé stante ma rientra nel corridoio Mediterraneo, uno dei nove corri- doi della Trans European Network-Transport (rete Ten-T), definita dal Regolamento europeo del 2013. Di questi, quat- tro interessano l’Italia, tra cui appunto quello Mediterraneo chiamato a collegare i porti della penisola iberica con l’Un- gheria e il confine ucraino, passando per il sud della Fran- cia e l’Italia settentrionale. Di pari importanza strategica è anche il Corridoio Reno-Al- pi, che collega i porti di Anversa, Rotterdam e Amsterdam e il porto italiano di Genova, attraversando la valle del Reno, Basilea e Milano. Concepiti in un contesto a globalizzazio- ne a matrice occidentale, la spinta asiatica innervata dalla Bri rende oggi questi corridoi ancora più necessari sia per l’economia europea sia, di conseguenza, per quella italiana. Apparirebbe per così dire contraddittorio lavorare al raf- forzamento di infrastrutture per lo scambio tra Italia e Ci- na e al tempo stesso lasciare monca una delle direttrici più importanti della rete ferroviaria trans-europea. Conti alla mano, lo dimostra un interessante simulazione commissionata da chi degli scambi con la Cina se ne intende come il Cavaliere del Lavoro Augusto Cosulich, da trent’an- ni rappresentante in Italia della compagnia di Stato cinese Cosco. Cosulich ha chiesto di comparare il costo del trasfe- rimento di un container da Hong Kong all’Europa, destina- zione Stoccarda, prendendo come riferimenti Rotterdam e Genova. Ne è venuto fuori che se, da un lato, il costo del nolo marittimo per trasportare via mare il container è equi- valente, sulla tratta terrestre le cose invece cambiano no- tevolmente. Da Rotterdam a Stoccarda il container arriva per via ferroviaria in Germania in poche ore a un costo di circa 400 euro. Se invece parte da Genova, per la mancan- za di un collegamento diretto e la carenza infrastrutturale (il Terzo Valico è ancora fermo al palo) i costi di trasporto lievitano a 600 euro. Lo stesso accade se la destinazione del container è in Svizzera. Per raggiungere Basilea, Rotter- dam risulta più conveniente di Genova di circa 150 euro a container. Cifre che moltiplicate per milioni di container re- stituiscono il gap che l’Italia paga in termini di competitivi- tà nella sfida alla conquista dei traffici asiatici. Risulta com- plicato dire sì alla Cina e no alla Tav. INCHIESTA

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