Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

25 Civiltà del Lavoro maggio 2019 Per creare crescita, quindi per incrementare il pil biso- gna fare delle scelte di politica economica. Abbiamo fatto una scelta di politica neokeynesiana. Che sostanzialmente, fino a questo momento, si tradu- cono in due grandi provvedimenti: il reddito di cittadi- nanza e “quota cento”. Tutti e due fortemente identita- ri dal punto di vista dei due partiti contraenti il patto di governo. Molti economisti, però, segnalano il fatto che non si tratta di politiche espansive. Pur essendo neces- sarie e finalizzate a contrastare un tasso elevatissimo di disuguaglianza sociale e una povertà molto preoccupan- te, non sono sufficienti a creare crescita. Non sono sufficienti, difatti c’è una terza gamba, ovvero tut- to quello che riguarda il mondo degli investimenti su cui volevo ragionare un attimo. Faccio solo un accenno al reddito di cittadinanza. Rispetto alla versione originaria, per come è stato modulato il red- dito di cittadinanza, tenete conto che in questo momento c’è un meccanismo tale per cui entro la fine del mese questi soldi che vengono dati al beneficiario devono essere spesi, altrimenti sono automaticamente azzerati. Questo è un meccanismo, che un economista classico de- finirebbe un trasferimento, un meccanismo simile alle pen- sioni: una parte va ai consumi, l’altra parte viene risparmiata, trasforma un trasferimento da parte dello Stato, nel mo- mento in cui c’è, in un puro aumento della domanda interna. Ciò è stato fatto apposta per massimizzare il più possibile l’impatto positivo che potrebbe avere il reddito di cittadi- nanza rispetto alla crescita economica. Per quanto riguarda gli investimenti, servono soldi, senz’al- tro ci sono risorse finanziarie che vengono messe a di- sposizione. Ad esempio, in questo momento per la nuova programmazione pluriennale per gli investimenti il mio mi- nistero non ha ancora la cifra definita, stiamo negoziando. Però rispetto all’anno scorso, noi abbiamo qualcosa come il 50% in più. Stiamo parlando di soldi che vanno spesi in 10-12 anni, si tratta di una programmazione pluriennale. Il nostro è un ministero piccolino, avevamo circa un miliar- do, stiamo andando verso il miliardo e mezzo con questa nuova dotazione. Una parte dei fondi che sono stati inseriti in finanziaria sono esattamente per questa ragione: spesa. Però, nel momen- to in cui dobbiamo spendere in investimenti, il problema che vedo – almeno questa è la mia esperienza personale – è che ad oggi al ministero ho più di due miliardi di investi- menti già pronti. Li abbiamo sul conto corrente, potremmo spenderli domani, ma non lo stiamo facendo. Posso chiederle perché? Mettiamola così. Io voglio spendere, non è sicuramente un problema di volontà politica. Vedo due problemi principali, il primo riguarda le norme. Ho lavorato parecchio per l’U- nione europea, dove per alcuni anni si cercava di spende- re il più possibile, poi dopo alcuni anni si vedeva che c’era qualche problema (forse anche di corruzione) e allora si andava dall’altra parte e si diventava molto rigidi; poi si ca- piva che non si riusciva a spendere nulla e si ritornava più o meno dalla parte opposta. Questo meccanismo lo chia- mavano il pendolo. Dico questo perché fin da sempre la Commissione euro- pea si percepisce come una macchina di spesa, ma alla fine una parte importante dell’attività è spendere i soldi che ven- gono raccolti con le imposte dai cittadini e dalle imprese. In questo momento noi abbiamo delle norme e dei com- portamenti nell’applicazione delle stesse che, a mio avviso, sono dei deterrenti o degli ostacoli alla spesa. Faccio un esempio che viene dal mio campo. Prendiamo i permessi da chiedere alle Sovrintendenze. Se devo fare un investimento, una ristrutturazione, un restauro o altro, il problema non è se sono troppo rigido o troppo libera- le. Faccio un esempio: la ruota panoramica di Pompei, una cosa come questa non si può vedere, non è che stiamo a negoziare. Non abbiamo un atteggiamento lasco nei con- fronti della tutela, ma il fatto che sul territorio nazionale al- la stessa identica domanda venga risposto in modo diverso a seconda di dove ci si trova, questo rappresenta un disin- centivo alla spesa. Se voglio fare un investimento e non sono sicuro del con- testo normativo, del comportamento della Pubblica am- ministrazione e dei tempi, vado semplicemente ad investi- re da un’altra parte. Su questo dobbiamo lavorare, va bene che non è il mio cam- po, ma dobbiamo dare delle linee guida e lavorare insieme ai sovrintendenti in modo che la dispersione delle possi- bili risposte ad una stessa domanda si restringa. Non sarà mai una scienza perfetta perché ogni situazione è unica, ma sul fatto che almeno io possa attendermi un certo C’è bisogno di investimenti e io voglio farli, non è un problema di volontà politica. Vedo due problemi principali: la burocrazia e la competenza PRIMO PIANO

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