Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 16 L’ EURO VENT’ANNI DOPO GLI ITALIANI LO VOGLIONO A colloquio con Lorenzo Bini Smaghi ACCUSATO di essere l’origine di tutti i problemi del Paese, l’euro sembra invece godere di buona salute pres- so la nostra opinione pubblica. Dei vent’anni della moneta unica e di come sarà la Bce del dopo Draghi, in scadenza a fine ottobre, abbiamo parlato con l’economista Lorenzo Bini Smaghi, già membro del Comitato esecutivo Bce. Presidente Bini Smaghi, lei è stato nel Comitato esecu- tivo della Bce dal 2005 al 2011 e ha vissuto la seconda fase di avvio dell’euro e gli anni iniziali della crisi econo- mico-finanziaria. Oggi l’euro, che ha compiuto vent’anni di vita, è sul banco degli imputati perché molti gli adde- bitano di aver aggravato e non alleviato la crisi. È così? Qualcuno cerca di imputare all’euro la responsabilità di ciò che non funziona, in Italia e in Europa, ma non mi sembra che ci caschino in molti. L’ultimo sondaggio Ipsos mostra che in Italia meno del 25% dell’opinione pubblica vorreb- be tornare alla lira, mentre il 75% si vuole tenere l’euro, segno che questa moneta viene considerata fonte di sta- bilità monetaria. La crisi non è stata aggravata dall’euro, ma piuttosto dall’in- capacità di chi governava il Paese di adottare misure ade- guate per riformare l’economia italiana e risanarne le fi- nanze pubbliche in modo sostenibile. La dimostrazione è che in altri paesi la crisi è stata meno acuta e la ripresa più rapida, come è stato il caso anche della Spagna, del Por- togallo o dell’Irlanda, che hanno dovuto chiedere aiuto al- le istituzioni europee. Per quel che riguarda l’Italia, si sottolineano i vincoli dell’euro (mancanza di sovranità monetaria, impossi- bilità di ricorrere a svalutazioni, disciplina monetaria e così via), ma si trascurano i benefici della moneta uni- ca. È possibile un giudizio più equilibrato? Penso che gli italiani, soprattutto quelli che hanno cono- sciuto i periodi di alta inflazione degli anni 1970-1980, che erodeva il risparmio, soprattutto delle fasce più fragili del- la popolazione, si rendono conto dei vantaggi dell’euro. L’euro non ha penalizzato il settore delle esportazioni, che è stato tra i più dinamici, ma ci ha fatto risparmiare svariati miliardi di pagamenti d’interesse sul debito. Il problema è che non abbiamo utilizzato questi risparmi per ridurre il peso del debito, ma abbiamo invece aumentato la spesa pubbli- ca. Non siamo stati capaci di trarre tutti i benefici dall’euro, come invece hanno fatto altri paesi, e ora qualcuno cerca di scaricare sull’euro tutte le responsabilità. A dicembre si è conclusa la fase del quantitative ea- sing, che ha consentito alla Bce di acquistare i titoli di Stato dei vari paesi. E proprio in queste settimane si sta registrando in tutta Europa un rallentamento del- la crescita. L’Italia è addirittura tornata in recessione. Che altre armi ha a disposizione la Bce per contrastare il rallentamento della crescita? Il quantitative easing era stato avviato per contrastare il ri- schio di deflazione, ossia di una spirale negativa dei prez- Lorenzo Bini Smaghi

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