Civiltà del Lavoro, n. 1/2019

CIVILTÀ DEL LAVORO I - 2019 15 cretezza che ritiene necessario attuare il fattibile e non li- mitarsi ad auspicare un futuro troppo lontano. Schuman, uno dei padri fondatori della costruzione euro- pea, parlava di “solidarietà di fatto”. La mia convinzione è che quando il processo di convergen- za politica verso un sistema federale si inceppa, bisogna passare a forti integrazioni funzionali che possano diven- tare la base concreta del passo successivo. Per questo da tanto tempo ho insistito sugli investimenti infrastrutturali in reti transeuropee, finanziate con emissio- ni di titoli europei garantiti da asset reali. Nel passato decennio si è verificato un calo cumulato di in- vestimenti pubblici in infrastrutture, rispetto alle quote sul Pil del 2007, di circa 153 miliardi per la Ue a 27 Stati e di 263 miliardi per l’Eurozona. Quanto ai minori investimen- ti totali rispetto alle quote pre-crisi, sono di 3,295 miliardi nella Ue27 e di 2,746 miliardi nell’Eurozona. Sono entità enormi, che rendono tutta l’Europa molto de- bole nei confronti degli altri grandi poli economici mondiali. Se l’Europa non promuove un grande piano di investimenti finanziato con eurobond, la sua stagnazione e alla fine la sua frammentazione arriverà. La proposta che feci con Romano Prodi nel 2011 e 2012, con la quale si riprendevano mie precedenti analisi e che sono ora pubblicate in un volume della Cambridge Univer- sity Press, puntano a emissioni di eurounionbond con ga- ranzie reali per mille miliardi e con investimenti per tremila miliardi, con leva finanziaria molto prudente di tre. Nel piano Juncker per gli investimenti, la leva finanziaria è di 15! A proposito di questo piano si valuta, salvo confer- ma, che avrebbe innescato investimenti per 315 miliardi sul triennio 2015-2018. Varie estensioni e potenziamenti sono programmate. È positivo, ma si tratta di importi insufficienti per un con- tinente da 500 milioni di cittadini che deve sostenere nel XXI secolo una sfida tecno-scientifica epocale. Questa è anche una sfida di civiltà perché quella europea è davvero la più avanzata al mondo per l’esercizio della ri- conciliazione, della democrazia e la tutela dei diritti dei cit- tadini. Almeno fino ad ora. • richiesta, gli Stati membri dovranno proporre un altro candidato entro un mese (al Consiglio europeo e a maggioranza qualificata). Fino a qui la procedura formale. Alle scorse elezioni del 2014 i cinque partiti politici europei, prima delle elezioni, avevano designato i loro “candidati capilista”. Con il meccanismo dello “spitzenkandidat”, infatti, il partito europeo che alle elezioni riceve più voti ottiene il diritto di proporre il proprio candidato all’intero Parlamento, a cui spetta la decisione se confermarlo o meno. Con questa procedura si offre in pratica ai cittadini europei l’opportunità di esprimere la propria opinione rispetto ai candidati alla presidenza della Commissione europea e la volta scorsa si arrivò alla nomina a presidente della Commissione di Jean Claude Juncker, all’epoca candidato capolista del Partito popolare europeo. Tuttavia, occorre anche ricordare che potrebbe non esserci corrispondenza fra il candidato indicato dai gruppi parlamentari e quello proposto dal Consiglio europeo. Ad oggi i candidati dei principali partiti europei sono il tedesco Manfred Weber per il Partito popolare europeo, l’olandese Frans Timmermans per il Partito dei socialisti europei, la tedesca Ska Keller e l’olandese Bas Eickhout per il partito europeo dei Verdi. Per il partito dei Conservatori il candidato è il ceco Jan Zahradil. Non ha ancora scelto il proprio candidato, infine, l’Alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa, Alde, il cui attuale capo politico è Guy Verhofstadt. •

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