Civiltà del Lavoro, n. 6/2018

INCHIESTA CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2018 43 stimenti, che hanno sortito in Italia risultati minori rispet- to a quelli di altri Paesi. Una politica sulle infrastrutture e sulla gestione dei trasporti, ispirata dall’analisi dei flus- si di mobilità, avrebbe invece indotto ad investire meno sui rami secchi delle ferrovie, divenuti obsoleti, e più sul- la rete viaria. Nel 2010 il traffico totale interno di merci è stato, infat- ti, movimentato (misurato in tonnellate-kilometro) per il 63,28% su strada e per il 13,11% su ferrovia e oleodot- to. Sempre per lo stesso anno il traffico totale interno di passeggeri è avvenuto (misurato in passeggeri-kilometro) per il 91,87% su strada, per il 5,94% su ferrovia (ministe- ro delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2011). Il trasporto stradale è dunque il settore di gran lunga più importante per la mobilità delle persone e delle merci. Dalla sua ef- ficienza e affidabilità dipendono le sorti e la competitivi- tà del sistema economico (R. Danielis, 2012). È appena il caso di evidenziare la funzione complemen- tare delle due reti, ferroviaria e stradale: la prima copre i grandi corridoi europei (cui l’Italia deve essere saldamen- te integrata) ed il pendolarismo che si attesta nelle grandi città; la seconda persegue l’obiettivo della copertura ca- pillare del territorio affinchè tutti gli insediamenti urbani possano compiutamente integrarsi. Ulteriormente è assai rilevante osservare che le scelte sugli investimenti, in un decennio critico per la finanza pubbli- ca, potrebbero avere peccato di eccessiva frammentazio- ne, in relazione alla volontà di privilegiare la costruzio- ne di nuove opere, di maggiore risonanza mediatica, a discapito della manutenzione e del completamento di quelle esistenti. Privilegiando l’Alta Velocità, di innegabi- le effetto mediatico, frequentata da un’élite abbiente, e trascurando le linee dei pendolari, fruite da grandi masse con modeste possibilità economiche, si è altresì disatte- so l’obiettivo di una redistribuzione sociale delle risorse. Le argomentazioni a favore dell’Alta Velocità sono mol- teplici poichè è indubbio che abbia modernizzato il Paese ed avvicinato tra loro grandi città italiane. Le argomenta- zioni contrarie evidenziano l’alto prezzo pagato dal Paese per la realizzazione ed il mantenimento dell’opera, con risorse sottratte ad altri progetti. Nelle città e nei sobbor- ghi, dove si concentra la maggiore mobilità, è, ad esem- pio, maggiore anche il gap tra domanda ed offerta. Dalla congestione del traffico scaturiscono i maggiori costi am- bientali, nella considerazione che a 20 chilometri all’ora un veicolo stradale consuma per chilometro circa il dop- pio che a 60. Carenze tutte ancora da risolvere. Esaminando un altro aspetto emerge come l’alternanza di ideologie politiche nei vari governi, alterando la pia- nificazione e creando rallentamenti ed incertezze, possa rappresentare un vulnus in termini di costi, sprechi e va- rianti, mentre il tempo da recuperare imporrebbe più be- toniere sulle strade che timbri sulle carte. Sui programmi futuri quindi peseranno: la disattenzione di lunghi anni sui servizi per i pendolari e sulla logistica per le merci, che ha inciso pesantemente e negativamente sullo sviluppo economico generale; la pianificazione del- la mobilità con un eccesso di “nodi” ed inter-modalità in- giustificate, che ha rallentato i servizi pubblici e li ha resi meno competitivi; l’insufficienza di arterie di penetrazio- ne nelle città, di metropolitane sotterranee, di parcheg- gi destinati a liberare le strade dalle auto in sosta, che ha paralizzato la circolazione nei centri urbani. In sintesi, le risorse per produrre migliori risultati dovreb- bero essere ripartite più razionalmente fra strade e ferro- vie, fra manutenzioni e nuovi investimenti, ed in sintonia con l’analisi costi-benefici. Secondo Keynes, in tempi di crisi, per rilanciare la domanda interna, basta impiegare i disoccupati a scavar buche e riempirle. Nel caso delle re- ti stradali italiane si dovrebbe apportare una variante al celebre detto, perché, citando il professore Ponti, “le bu- che ci sono già”! • Alessandro Scelfo è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 1999. Ha saputo trasformare l’azienda paterna nel maggior Gruppo privato di autolinee in Sicilia e il quarto in Italia. 350 gli autobus che trasportano ogni anno 12 milioni di passeggeri.

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