Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2018

CIVILTÀ DEL LAVORO IV • V - 2018 43 INCHIESTA boratori superattrezzati e spazi per il gioco e il divertimen- to dei più piccoli, l’Opificio è un luogo magico per studenti, insegnati e famiglie. E ora, per festeggiare i trent’anni del- la Fondazione, l’Opificio diventa incubatore di startup con l’inaugurazione di “G Factor”, cioè un luogo sia fisico che metaforico per investire su giovani imprese. Sarà ospitato in un nuovo padiglione della area dove già sorge l’Opificio, realizzata dall’archistar Mario Cucinella. Si parte dal settore life science, cioè quella vasta materia che va dalla bioinge- gneria al farmaco al biotech con una call che mette infat- ti in palio un milione di euro da suddividere tra dieci team che realizzino progetti nel settore, particolarmente strate- gico oltre che caro al fondatore. “Ma la Fondazione – spie- ga il direttore della Fondazione Antonio Danieli – non met- te pezze a mancanze residuali del pubblico e non svolge attività sussidiaria, ragiona in termini di sviluppo strategi- co di lungo periodo. Noi puntiamo a progetti sostenibili”. Costruito nel 2013 in un’area industriale dismessa, il Mast è un luogo aperto alla comunità, e assieme all’auditorium, innovation e photo Gallery c’è un’academy, ristorante, caf- fetteria, wellness centre e nido scuola per i dipendenti di Coesia, holding multinazionale presieduta da Isabella Se- ragnoli che controlla 18 aziende leader nella produzione di macchine automatiche, materiali di imballaggio e in- granaggi di precisione, oltre 6.500 collaboratori e fatturato previsto per il 2017 di 1.600 milioni. La stessa architettura dell’edificio, progettato dallo studio Labics di Roma, espri- me la visione della sua fondatrice: due rampe pedonali che si estendono dal centro del complesso all'accesso principa- le, simboleggiano la relazione tra lo stabilimento industria- le di G.D (Coesia) e la città, creando un ponte metaforico tra l'impresa, l'area cittadina immediatamente circostante e il parco adiacente. PACKAGING, 4.0 ALLO STATO PURO Coesia è leader mondiale del packaging, un’altra filiera che fa di questo territorio un’eccellenza globale e annovera no- mi come l’altra bolognese Ima di Alberto Vacchi o ancora la Marchesini Group di Maurizio Marchesini, entrambi Cavalieri del Lavoro. E basta fare un giro negli stabilimenti di queste realtà per capire perché si parla di aziende leader. Nell’ala dedicata alla produzione 3D della Marchesini Group a Pia- noro non c’è un foglio di carta. Una manciata di giovani tec- nici monitora i “forni” in cui si stampano pezzi di plastica, gomma e metallo e i due enormi impianti che pochi metri più in là tagliano al laser e piegano lastre d’acciaio come fossero panetti di burro. La stampante, esattamente come quelle a getto di inchiostro, segue il disegno in 3D inviato direttamente dagli uffici di progettazione alla macchina, sen- za alcun intervento umano nel mezzo. L’impianto lavora in autonomia 24 ore su 24, trasformando il software in pezzi meccanici, attraverso un laser che pazientemente fonde a strati la polvere d’acciaio inox. Uno dopo l’altro, i vari strati si consolidano e danno forma all’oggetto. Tanto in metal- lo quanto in plastica e gomma, nelle altre stampanti Stra- tasys installate nella sala che lavorano fili sottili di plastica. “Dobbiamo sforzarci di seguire costantemente l’evoluzio- ne delle nuove tecnologie, questa sarà la fabbrica-labora- torio dove formare i tecnici del domani”, spiega Marchesi- ni, presidente dell’omonimo gruppo fondato dal padre nel 1974 partendo da un garage. Oggi con 1.300 dipendenti e 300 milioni di fatturato (85% export e 12 società este- re) Marchesini Group è nella top five mondiale di settore. Grazie al “metodo additivo” pezzi unici dalle forme più ir- regolari e cave si materializzano come nella realtà virtuale, ma si toccano, quelli in inox hanno una densità del 99% e una resistenza tale da poter essere installati negli impianti prototipali di packaging al posto delle parti finora realizza- te con la tecnica di asportazione del truciolo. “I pezzi esco- no finiti dalle stampanti 3D – dice – e vanno direttamen- te sulle macchine. Non faremo re-engineering su pezzi di vecchia progettazione, si parte con una nuova pagina del- la storia manifatturiera. I progettisti di domani lavoreran- no solo in additivo, dall’ideazione e progettazione del pez- zo alla sua fabbricazione. E questa sarà la loro palestra”. • Cristian Fuschetto Un momento della visita alla Fondazione Mast

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