Civiltà del Lavoro, n. 3/2018

“L’UNIONE EUROPEA deve diventare un produt- tore di sicurezza a livello globale: per farlo, deve rafforzare la sua cooperazione con la Nato e con tutte le altre orga- nizzazioni internazionali” ha detto il ministro della Dife- sa Elisabetta Trenta a conclusione del vertice europeo del 26 giugno. Sta in queste coordinate la difficile equazione della difesa comune europea, che nei prossimi due anni dovrà fare significativi passi avanti, dopo i rafforzamenti recenti: nel 2017 sono stati varati la Cooperazione strut- turata permanente (Pesco) e il Fondo europeo per la di- fesa, finalizzato a incrementare l’efficienza nelle forniture militari continentali, favorire la collaborazione militare tra i paesi Ue e ridurre le duplicazioni in materia di sistemi d’ar- ma. Fino al 2020 il fondo ha una dotazione di 90 milioni di euro per attività di ricerca e sviluppo e di 500 milioni di euro per progetti specifici. Il salto di qualità arriverà col nuovo bilancio pluriennale dell’Unione 2021-2028: 500 milioni di euro saranno desti- nati annualmente a ricerca e sviluppo, mentre un miliardo finanzierà i progetti per la produzione. Inoltre, vi è la possi- bilità di mobilitare ulteriori risorse per un totale di circa cin- que miliardi l’anno da dedicare a forniture militari congiunte. Questi gli aspetti quantitativi ed economici che indicano la centralità della difesa comune per il rilancio dell’Unione europea, fortemente voluta dall’asse franco-tedesco e so- prattutto dalla Francia che, con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, resterà l’unica potenza nucleare Ue e l’unico » DOSSIER INCHIESTA PRIMO PIANO

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