Civiltà del Lavoro, n. 2/2018

DOSSIER CIVILTÀ DEL LAVORO II- 2018 53 benefici da economie di agglomerazione inevitabilmente si riflettono nelle strategie e nelle strutture delle impre- se. Il tessuto industriale del Mezzogiorno appare estrema- mente frammentato e le imprese della nostra indagine sono più integrate verticalmente delle medie imprese che operano nelle regioni centro-settentrionali. Quasi sempre non per scelta ma per la difficoltà di attingere al territo- rio, a distrette e filiere presenti nell’area. Agiscono come degli one-man band, senza beneficiare dell’agglomera- zione territoriale, di quel processo di industrializzazione diffuso che consente alle imprese distrettuali di godere di un vantaggio competitivo nell’accesso a risorse critiche. Soprattutto, non hanno potuto contare su una presenza stabile della grande impresa, sempre più rarefatta al Sud, che svolge – dove opera – una funzione fondamentale, tanto nella domanda di innovazione quanto nel trasferi- mento di pratiche manageriali. Molte delle imprese medie del Mezzogiorno, in misura ancor più drastica di quelle del Centro-Nord, come mo- stra l’indagine sui bilanci, hanno affrontato la crisi com- primendo i margini e iniettando dosi massicce di capitale proprio. Ricorrendo, quando hanno potuto, a riserve accu- mulate in passato, attingendo al patrimonio familiare, ti- rando al limite l’efficienza dei processi produttivi. Dalle storie che abbiamo raccolto, affiora – anche nelle im- prese in maggiori difficoltà – la passione e l’impegno de- gli imprenditori, la volontà di resistere, l’ottimismo verso il futuro. Solo poche aziende vantano marchi noti; nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a una trama nascosta, eppure preziosa, del patrimonio industriale ita- liano, tracce di un made in Italy che riesce a competere nei mercati internazionali, di famiglie proprietarie ancora disposte a rischiare, di nuove generazioni dotate di com- petenze manageriali e di uno sguardo aperto sul mondo. LA SELEZIONE NATURALE La crisi ha accelerato un feroce processo di selezione na- turale. E le variazioni positive degli ultimi anni registra- te da alcuni osservatori economici costituiscono in larga misura un’illusione ottica: i valori medi in aumento sono l’esito di due processi non così irrilevanti. Il primo è di ordine algebrico: la numerosità delle impre- se è significativamente diminuita a causa della crisi degli ultimi anni e dall’universo di indagine sono scomparse le aziende marginali, costrette ad abbandonare il mercato o scivolate sotto la soglia di ingresso. Ma è il secondo processo a mostrare gli elementi di mag- gior interesse – perché invece ha una natura strategica, associata alla condotta competitiva delle aziende e merita senza dubbio futuri approfondimenti – ed è l’allargamen- to del divario fra le imprese migliori e le imprese peggio- ri all’interno del medesimo settore. Mettendo a confron- to il miglior e il peggior 10% del campione in termini di redditività nel 2007 e nel 2016 si registra una maggiore divaricazione di performance. Le migliori tendono a rafforzare le proprie posizioni, le peggiori a scivolare sempre più in basso, con una diffe- renza in termini di Roi che si dilata. Il gap è più ampio so- prattutto nella fascia a minor performance. Diventa allora interessante segmentare il nostro univer- so di indagine per provare a comprendere meglio l’evo- luzione degli ultimi anni, gli effetti e le reazioni alla crisi. Due matrici di sintesi forniscono elementi utili per l’inter- pretazione dei processi strategici. La prima matrice è sta- ta costruita adoperando come indicatori il valore medio della variazione annua rilevata da ciascuna azienda fra il 2007 e il 2016 in termini di ( i ) Roi (come indice di profit- tabilità) e di ( ii ) rapporto di indebitamento (come indice di solidità, calcolato come rapporto tra il totale dell’attivo e i mezzi propri). Un valore superiore a 0 per il Roi indica una variazione media positiva nel periodo osservato (par- te superiore della matrice), mentre un valore inferiore a 0 (parte destra della matrice) segnala una variazione in miglioramento del rapporto di indebitamento. Come conseguenza naturale della crisi, le imprese che hanno registrato una riduzione nel valore del Roi sono in numero superiore a quelle che sono riuscite a incremen- tare la profittabilità del capitale investito (497 contro 210 imprese), ma in forte diminuzione rispetto al primo quin- quennio (2007-2012, quando a registrare un calo del Roi »

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=