Civiltà del Lavoro, n. 2/2018

CIVILTÀ DEL LAVORO II- 2018 45 INCHIESTA bilità in questi casi. Ma c’è di più: se un tempo ogni mac- chinario era concepito per uno specifico uso, adesso i clienti chiedono linee che possano essere riconfigurate con facili- tà e senza spreco di risorse per processare intere famiglie di prodotti. Di queste linee vogliono poter monitorare le performance e lo stato di salute in tempo reale e in detta- glio, per programmare la manutenzione in maniera mirata e prima dell’insorgere di guasti che potrebbero provocare cali drastici della produzione. In uno scenario così composito e in un mercato concorren- ziale come quello dell’auto, non saremmo riusciti a rima- nere al fianco dei nostri clienti se non avessimo puntato sull’innovazione, attraverso l’investimento nella ricerca e soprattutto nelle persone. Ritengo che queste riflessioni si possano allargare all’inte- ro Paese, che della ricerca e del capitale umano può fa- re il volano della sua competitività a livello internazionale. Qui deve entrare in campo una visione sistemica, una rete di collaborazioni tra università, centri di ricerca e imprese per analizzare i bisogni del mercato, studiare soluzioni in- novative e tradurle in prodotti di successo, generando va- lore lungo tutta la filiera. Nel nostro piccolo sperimentiamo noi stessi i vantaggi di questo approccio, perché da 20 anni il nostro dipartimento di ricerca e sviluppo collabora con altre aziende, istituzio- ni ed enti scientifici, tra i quali l’Università e il Politecnico di Bari, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’Istituto Superiore Sant’Anna di Pisa. Questi rapporti e la partecipa- zione a progetti di ricerca regionali, nazionali ed europei hanno permesso uno scambio proficuo di conoscenze e lo sviluppo di dispositivi high tech, inducendoci persino a una diversificazione del business in ambito medicale. I protagonisti di questo progresso naturalmente sono le persone, per cui una strategia di crescita centrata sull’in- novazione non può che partire da loro, dalla formazione dei giovani studenti prima e dall’aggiornamento professio- nale continuo dopo. Penso che questo aspetto debba go- dere di grande attenzione nel dibattito pubblico sulle ul- time frontiere tecnologiche, perché da esso dipenderà la capacità dell’Italia di guidare il cambiamento anziché es- serne sopraffatta. Come in passato, anche oggi si levano voci avverse al- la tecnologia. Nella veste moderna del robot, la si accusa di sottrarre posti di lavoro e si avanza addirittura l’ipotesi di tassarla, come se fosse una creatura ribelle dell’uomo. Ne è invece un prezioso alleato: l’omaccione che vedevo faticare in fabbrica da ragazzo è stato liberato dalle mac- chine moderne, che, svolgendo i compiti più gravosi e pe- ricolosi al posto suo, gli hanno permesso di dedicarsi ad at- tività a maggiore valore aggiunto. L’operaio sulla catena di montaggio lavora fianco a fianco col cobot, un robot collaborativo di ultima generazione che, come un leone addomesticato, esegue per lui operazioni difficili e delicate. Insomma, in tantissimi ambiti, dall’indu- stria all’agricoltura, dagli uffici alle case, l’automazione ci è venuta in aiuto, liberando spazio ed energia per impieghi più fruttuosi e gratificanti. Per ideare, governare e sfruttare le nuove tecnologie nel tempo, è fondamentale formare il capitale umano. Per rag- giungere questo obiettivo, da un lato occorre avvicinare le sfere dell’istruzione e del lavoro perché la prima plasmi profili professionali adeguati alla seconda; in quest’ottica noi, ad esempio, coltiviamo rapporti stabili con le universi- tà, oltre che con l’Istituto tecnico superiore per la mecca- tronica della nostra città. Dall’altro lato, bisogna insistere sull’aggiornamento dei la- voratori, affinché possano allinearsi allo sviluppo del sape- re e della tecnica. Infine, è indispensabile attuare delle politiche che non di- sperdano questo patrimonio di conoscenze e capacità, anzi che lo arricchiscano. Si tratta di assicurare delle condizioni e delle prospettive lavorative che attraggano le menti mi- gliori del nostro Paese e non solo. La sfida che dobbiamo affrontare è complessa, come è complessa la nostra epoca, e ha a che fare non tanto con l’adozione di questa o quell’altra invenzione, quanto piutto- sto con la promozione di una vera e propria cultura dell’in- novazione, che passa attraverso la valorizzazione del capi- tale umano. Qui si gioca il nostro futuro e sono certo che, ancora una volta, sapremo confermare la fama del genio italiano nel mondo. • Angelo Michele Vinci è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2011. Ha fondato e guida Masmec, azienda leader nella meccatronica. Opera con 190 dipendenti, tutti con un background tecnico scientifico. Le sue macchine per collaudi e i suoi sistemi automatici sono installati in Europa, Stati Uniti e Cina. Ha diversificato l’attività nel biomedicale sviluppando sistemi di navigazione d’avanguardia e workstation biotech.

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