Civiltà del Lavoro, n. 2/2018

CIVILTÀ DEL LAVORO II- 2018 29 INCHIESTA II libro individua alcune macro-categorie di nuove profes- sionalità che sapranno garantire un’applicazione di successo dell’intelligenza artificiale: i trainer sono chiamati a istruire i sistemi intelligenti, i translator ad aiutare le sinergie fra linguaggio naturale e linguaggio degli algoritmi, gli explai- ner a ridurre il gap tra sviluppi tecnologici e applicazioni concrete a livello di business chiarendo il funzionamento di sistemi complessi ai professionisti non tecnici, i sustai- ner deputati al corretto funzionamento dei sistemi intelli- genti in quanto strumenti creati al servizio dell’uomo, per semplificare il nostro lavoro e la nostra vita. Ma a fare la differenza, sottolinea Dario, la fanno sempre le persone. “Oggi si parla tanto di smart city, ma la prima e ineguagliata città intelligente era la Firenze del Rinasci- mento. Nel 1506 passeggiavano da queste parti Michelan- gelo, Leonardo e Raffaello. Forse un po’ meglio di quelli che oggi passeggiano nella Silicon Valley. E non lo dico io, ma l’Harvard Business Review. Ragazzi, sono cittadini smart a rendere tale la città e non solo il contrario” scandisce a una platea di studenti il docente. CRESCITA A DUE CIFRE PER LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Robotica e automazione hanno messo il turbo alla produ- zione industriale. La McKinsey, che ne monitora l’evoluzione, nell’edizione datata 18 aprile 2018 del suo “Notes from the AI frontier” prevede che le applicazioni di intelligenza artificiale saran- no in grado di creare entro pochi anni un valore aggiunto fra i 3,5 e i 5,8 trilioni di dollari su scala globale. I settori con il maggior potenziale di creazione di valore sono il marketing, le vendite e le catene operative logisti- che e manifatturiere. La McKinsey ha raggiunto tale stima analizzando 400 casi in 19 settori industriali. Quasi seimi- la miliardi di dollari, nell’ipotesi migliore, di nuove attivi- tà, di fatturato industriale, di miglioramenti di produttività. Il più alto tasso di crescita nell’utilizzo dei robot nell’indu- stria si registra, manco a dirlo, in Asia, con la Cina come il principale mercato mondiale. Secondo l’International Federation of Robotics, che rappre- senta oltre 20 paesi con 50 membri provenienti dalle asso- ciazioni nazionali e internazionali dell’industria e della ricer- ca nel campo della robotica, entro il 2018 i robot installati aumenteranno del 21 per cento in Asia e in Australia, del 16 nelle Americhe e dell’8% in Europa. A fare la differenza nello scenario 4.0 saranno in particolare le capacità dei robot di rispondere adeguatamente a cicli pro- duttivi più veloci e la richiesta sempre maggiore di produr- re con grande flessibilità a una domanda “personalizzata”. L’Italia non sta a guardare. Dopo la Germania, che è quinta nel mondo ed è il Paese che più ha acquistato robot nel continente, arriva l’Italia, che nel 2016 ha assorbito una percentuale del 6,5% del totale dei robot industriali venduti globalmente. L’onda c’è, ma serve saperla domare per non restarne tra- volti. “La quarta rivoluzione industriale – sottolinea Dario – porterà sicuramente una crescita significativa, ma solo per le economie che sapranno giocarvi ruoli da protagonista, non per chi la subirà”. Quali saranno i settori che dovranno fare più i conti con i nuo- vi robot? Di sicuro il manifatturiero e non solo per la qualità di processi e prodotti, ma anche per nuove applicazioni » “MOLTI HANNO PAURA DEL FUTURO MA LA REALTÀ CI DICE CHE IL VERO PERICOLO È IL DIVARIO ROBOTICO, LA DISTANZA SOCIALE ED ECONOMICA CHE POTREBBE VENIRE A CREARSI TRA CHI I ROBOT CE LI HA E CHI NON NE HA” Paolo Dario

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