Civiltà del Lavoro, n. 6/2017

CIVILTÀ DEL LAVORO VI- 2017 64 INCHIESTA Vediamo come potrebbero muoversi politica, istituzioni e il Sistema Italia. La politica condiziona l’immagine del Pae- se: cito un esempio significativo. Spesso, per esportare grandi forniture, la mia impresa, come molte altre, deve fornire garanzie bancarie agli acquirenti. Ebbene, quando l’Italia aveva a capo Primi ministri poco credibili o addi- rittura discussi, le banche italiane dovevano ricorrere ad una banca straniera per far avallare le garanzie prestate. Quando, per contro, anche se purtroppo non è accaduto spesso, disponevamo di un governo forte e rispettato, il nostro sistema bancario diventava improvvisamente cre- dibile e accettato all’estero e non era necessaria alcuna controgaranzia. In questo momento in cui la politica attra- versa nuovamente una fase di grande instabilità, i candi- dati leader dovrebbero riflettere su quali siano veramen- te le priorità del Paese. Un ruolo determinante per la promozione dell’export lo giocano naturalmente le istituzioni: a mio parere sareb- be necessario pensare a un sistema centrale di promo- zione ben strutturato, non più frazionato in iniziative sin- gole, gestite dai Comuni, dalle Regioni, dalle Camere di Commercio, dalle associazioni di categoria, dall’Ice, ma ordinato in una unica efficiente organizzazione. Qualcosa è stato fatto, ma non abbastanza. La Sace sarà mai in grado di occuparsi anche dei picco- li operatori, con la stessa velocità e la stessa efficienza che caratterizzano la francese Coface e le tedesche Kfw ed Euler Hermes? Il sistema pubblico-privato italiano sa- rà mai in grado di sostenere e sviluppare armonicamen- te la più grande industria esportatrice italiana, quella del turismo, promuovendo un’agenzia veramente internazio- nale, una rete alberghiera affidabile, una tutela di qualità del nostro patrimonio ambientale e culturale e una se- ducente immagine del vivere italiano? Abbiamo perso il valore aggiunto di un forte vettore aereo nazionale; non perdiamo gli altri pezzi del “sistema” turismo. Ciò detto, è innegabile che di recente i più prestigiosi gior- nali internazionali abbiano ripreso a guardare con curiosi- tà le novità che riguardano il Paese, segno che in un mo- QUESTO NOSTRO malandato Paese presenta una strana contraddizione: tanto più siamo criticati per il nostro debito, la nostra burocrazia, talvolta purtroppo per la no- stra inaffidabilità, tanto più siamo amati per il nostro sti- le di vita, il nostro design, la nostra cucina, le nostre pic- cole e medie aziende super efficienti: insomma per tutto ciò che si può sintetizzare nel concetto di made in Italy. Il made in Italy è come una carta di credito che ci apre tantissime porte e ci permette di andare per il mondo a testa alta, orgogliosi della nostra storia, della nostra ele- ganza, della nostra creatività. In attesa che il Sistema Italia diventi più efficiente e che la nostra burocrazia si semplifichi, il made in Italy è un viatico, un biglietto da visita; una carta di credito, appun- to, per esportare. Ma quanto la utilizziamo? Quanto dura il nostro credito? Quando potremo ripagare il debito pub- blico, ma soprattutto la fiducia che ci viene concessa gra- zie al nostro meraviglioso dna? Alcune cose sono state fatte; grazie alla congiuntura in- ternazionale l’export è cresciuto e il ministero dello Svi- luppo economico ha cominciato a mettere ordine nella promozione del made in Italy. Ma si può fare molto di più. OCCORRE FARE SISTEMA Paolo Vitelli, Presidente Gruppo Azimut-Benetti Le istituzioni hanno un ruolo nevralgico nel promuovere l’Italia e sostenere le esportazioni

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