Civiltà del Lavoro, n. 6/2017

CIVILTÀ DEL LAVORO VI- 2017 55 INCHIESTA organizzata. Sono fiducioso che il made in Italy sarà sem- pre più ambito e apprezzato dai nostri amici americani, di cui almeno 18 milioni sono di origini italiane. Le istitu- zioni, tra cui in prima fila è la nostra ambasciata, lavora- no per risolvere eventuali problemi di accesso al merca- to, su cui occorre certamente essere vigili. Al momento non registriamo problemi nuovi rispetto al passato. Teniamo sempre presente, comunque, che la nostra forza negoziale in ambito commerciale è data dal fatto che siamo membri dell’Ue, la seconda più grande economia al mondo. Sta andando bene anche l’attrazione degli investimen- ti stranieri dall’estero? E che si può fare di più per at- trarre i capitali stranieri? L’Italia è diventata una destinazione di crescente interes- se per gli investitori ed è oggi al 13° posto per il World Investment Report dell’Unctad, con uno stock di 29 mi- liardi di dollari di investimenti diretti dall’estero nel 2016, rispetto ai 19 miliardi del 2015. Sono dati positivi, anche se non siamo ancora tornati ai livelli pre-crisi. Adesso dobbiamo impegnarci in due direzioni. Da un la- to, consolidare l’immagine positiva del Paese e offrire un quadro chiaro ai potenziali investitori delle riforme messe in campo dai governi di questa legislatura per creare un ambiente più favorevole per le imprese e quindi anche per gli investitori stranieri. In questo è importante anche il concorso degli enti locali, ai quali talora sfugge l’inte- resse nazionale. Dall’altro lato, dobbiamo rendere pienamente operativo ed efficace il supporto istituzionale agli investitori este- ri, in modo che questi possano trovare nella nostra rete di ambasciate, consolati e desk dell’Ice risposte concre- te ai loro bisogni e un collegamento effettivo con chi in Italia può aiutarli nell’investimento, come Ice, Invitalia e strutture regionali. L’Unione europea è un facilitatore o un freno per le nostre esportazioni? Grazie al mercato unico, l’Unione europea è il primo mer- cato di sbocco per le nostre esportazioni, di cui acquista il 56%. L’Eurozona assorbe da sola il 40% del nostro ex- port complessivo. Moneta unica e mercato unico, per un Paese esportatore come il nostro, sono di grande utilità, specialmente per le Pmi, che hanno meno risorse da in- vestire nell’esplorazione di mercati con regolamentazio- ni diverse dal nostro. Per gli stessi motivi abbiamo interesse agli accordi di libe- ro scambio come quello esistente tra l’Ue e la Corea del Sud, o il tanto contestato Ceta con il Canada, che tutela le nostre principali indicazioni geografiche in misura supe- riore a ogni altro accordo internazionale precedente, con un ordinamento basato sui marchi come quello canadese. Alcune forze politiche sostengono che l’Italia stareb- be meglio fuori dall’euro, perché potrebbe svalutare la moneta e fare più deficit pubblico senza i vinco- li europei: a suo giudizio questa politica euroscetti- ca, se attuata, che effetti avrebbe sul nostro export? Per finanziare un deficit più elevato, ovviamente senza al- zare le tasse, occorrerebbe convincere gli investitori, ita- liani ed esteri, a prestarci ancora più denaro acquistando più debito pubblico. Se poi uscissimo dall’euro, dovremmo addirittura convincerli a comprare anche i titoli di Stato as- sorbiti oggi dalla Banca centrale europea. Questi investito- ri, temendo di essere ripagati in una nuova “lira” sempre più svalutata, chiederebbero interessi molto elevati per il rischio di prestarci altro denaro. Si innescherebbe una spirale negativa debito-interessi, che renderebbe irreali- stica ogni prospettiva di ripagare il nostro debito pubblico, con conseguenze molto negative sulle famiglie che de- tengono titoli e sulla stabilità del nostro sistema bancario. In questo quadro, l’aumento delle nostre esportazioni do- vuto a una valuta svalutata in una prima fase di questo processo servirebbe a ben poco. Il maggior costo delle importazioni, a partire dalle materie prime, spingerebbe nuovamente in alto i prezzi. Anche per questo stiamo promuovendo con Emma Bonino la lista “+Europa”, un progetto fortemente europeista che si presenterà alle prossime elezioni per offrire agli italiani un messaggio semplice: vogliamo un’Italia più europea, cioè più libera, responsabile e competitiva, in un’Europa più unita e forte. Contro i sovranisti che sognano il ritor- no all’Europa delle piccole patrie e che vorrebbero dop- pie monete o il ritorno alla lira. • Paolo Mazzanti

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