Civiltà del Lavoro, n. 3/2015 - page 9

CIVILTÀ DEL LAVORO
III - 2015
PERICOLO
SCAMPATO
PER L’
EUROPA
NELLE SETTIMANE
scorse il mondo ha traballato
e l’Europa è stata a un passo dalla dissoluzione. Poi, in ra-
pida successione, l’orizzonte internazionale si è rasserena-
to: accordo tra Ue e Grecia sulle riforme e sul nuovo Pia-
no di aiuti; storica intesa tra Occidente e Iran sul nucleare;
allentamento delle tensioni sulla Borsa di Shanghai con
un Pil cinese in ripresa del 7%. Le forze centripete della
tenacia e del dialogo hanno alla fine prevalso sulle forze
centrifughe della disgregazione e del conflitto. Il dogma
dell’irreversibilità dell’euro non è stato infranto e le te-
si dei falchi tedeschi e nordeuropei favorevoli a un’uscita
temporanea della Grecia dalla moneta unica (peraltro im-
possibile dal punto di vista giuridico) sono state rigettate.
L’Italia ha tirato un profondo sospiro di sollievo: lo spre-
ad, che era risalito nei giorni più agitati fino a lambire i
200 punti, è tornato in prossimità dei 100, i tassi d’inte-
resse sul debito pubblico sono di nuovo ai minimi storici
e la promessa di flessibilità dei vincoli europei dovrebbe
essere mantenuta. Questo significa che la prossima Leg-
ge di Stabilità potrà godere di margini più elastici, sia per
rifinanziare le agevolazioni alle nuove assunzioni, sia per
ridurre ancora un pò la pressione fiscale, sia per aumen-
tare gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali e
immateriali. L’abolizione delle sanzioni all’Iran a seguito
dell’intesa sul nucleare, riapre prospettive interessanti per
le nostre imprese, che sono tra le più presenti sul merca-
to iraniano: la Sace ha calcolato che per il nostro sistema
produttivo l’aumento delle esportazioni verso l’Iran nei
prossimi due-tre anni potrebbe arrivare a circa 3 miliardi.
Il riavvicinamento Usa-Russia registrato sull’Iran e sanci-
to da una cordiale telefonata tra Obama e Putin potrebbe
infine accelerare anche una stabilizzazione della questio-
ne Ucraina che potrebbe portare da qui a qualche mese
a un alleggerimento delle sanzioni verso la Russia, che ci
sono costate sinora 25-30 miliardi in minori esportazioni.
Il pericolo scampato nella prima metà di luglio dovrebbe
farci comprendere che non ci sono facili alternative al du-
ro lavoro del risanamento e delle riforme.
Il Governo greco aveva pensato di poter imboccare col
referendum del 5 luglio una scorciatoia e mettere con le
spalle al muro i partner europei. Ma alla fine Tsipras ha
capito che il rischio di uscita dall’euro era reale e che l’u-
scita dall’euro sarebbe stata per il suo popolo più disa-
strosa di un nuovo accordo con l’Unione europea che im-
porrà ai greci i sacrifici che avevano cercato di evitare, ma
in cambio darà loro altri 82-83 miliardi di nuovi prestiti,
35 miliardi di fondi per la crescita e la prospettiva di una
ristrutturazione del debito. E bisognerebbe chiedersi se
non sia il caso di alzare l’asticella e far fare a tutta l’Unio-
ne europea un sostanziale passo avanti. In passato alcuni
politici ed economisti avevano proposto per esempio di
“europeizzare” il 60% di tutti i debiti pubblici europei, la
percentuale considerata sostenibile dagli accordi di Ma-
astricht, con l’emissione di eurobond che godrebbero sui
mercati mondiali di tassi d’interesse molto bassi. Ai singoli
paesi resterebbe l’impegno di ridurre il debito residuo (per
l’Italia circa il 70% del Pil) ma col vantaggio di ottenere
una sostanziale riduzione degli interessi passivi. I paesi ri-
goristi del Nord Europa potrebbero accettare la creazione
di un debito europeo? Se le autorità europee avessero un
maggior potere d’intervento sulle riforme dei singoli pa-
esi forse potrebbero accettarlo. E comunque varrebbe la
pena discuterne. Il nostro Paese, in queste drammatiche
settimane, ha avuto insieme alla Francia un ruolo di dia-
logo e mediazione sia nel caso greco, sia nelle trattative
sull’Iran dove Federica Mogherini ha svolto un prezioso
ruolo di coordinamento. Ma adesso dobbiamo procedere
speditamente sulla strada delle riforme, dal fisco alla Pa,
dalla giustizia alla ricerca. Il contributo più importante che
possiamo dare alla stabilizzazione europea è completare
il risanamento e tornare a crescere in modo strutturale,
valorizzando il ruolo delle nostre imprese, come è stato
evidenziato nel convegno nazionale di Milano della Fede-
razione Cavalieri del Lavoro. Un’impresa sana, forte, con-
sapevole della propria responsabilità sociale, una “buona
impresa”, è la migliore garanzia di un futuro di benessere
e solidarietà per il nostro Paese: è questo il significato più
profondo che tutti noi abbiamo tratto dall’udienza conces-
sa alla Federazione da Papa Francesco in Vaticano e di cui
parliamo ampiamente nelle pagine di questo numero.
EDITORIALE
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